E' quanto emerge dal 1° Rapporto Cerved-Fondazione Marisa Bellisario 2020 sulle donne ai vertici delle imprese, realizzato con l’Inps, che analizza l’impatto sulle aziende italiane della legge Golfo-Mosca anche rispetto ad altre dimensioni del gender gap
Se si esamina la presenza femminile negli organi amministrativi e di controllo delle società quotate, risulta più giovane degli omologhi maschi: nei Cda, l’età media delle donne tra gli amministratori è di 53 anni (59 gli uomini), tra gli amministratori delegati 55 (57 gli uomini), tra i presidenti 60 (contro 63). E' quanto emerge dal primo Rapporto Cerved-Fondazione Marisa Bellisario 2020 sulle donne ai vertici delle imprese, realizzato in collaborazione con l’Inps, che analizza l’impatto sulle aziende italiane della legge Golfo-Mosca anche rispetto ad altre dimensioni del gender gap.
La situazione
Situazione analoga nei collegi sindacali, in cui le donne hanno mediamente 52 anni contro i 57 degli uomini (54 contro 58 se sono Presidenti). Inoltre, le donne presenti nei board hanno più frequentemente cariche in altre società quotate: il 21,7% ne possiede almeno un’altra (l’11% tra gli uomini), probabilmente perché sono poche quelle a poter vantare un’esperienza in un Cda. In termini assoluti, sono 88 le donne che siedono almeno in un altro board (il 13,8% contro l’8,8% degli uomini).
Le società a controllo pubblico
Passando alle società a controllo pubblico, secondo i dati che Cerved elabora per il Dipartimento per le Pari Opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri, dal 2014 al 2019, cioè dopo l’entrata in vigore del dpr 251/2012, la presenza delle donne nei Consigli d’amministrazione e nei collegi sindacali è aumentata di quasi 3.000 unità (da 2.180 a quasi 5.000) passando dal 14,3% al 32,5%, ma senza superare la quota di un terzo. Nello stesso periodo, gli uomini ai vertici degli organi collegiali sono scesi da 19.000 a 10.000. È fortemente aumentato (da 1.153 nel 2014 a 1.533 nel 2019) anche il numero di controllate pubbliche con amministratore unico, che non hanno obblighi di parità di genere: le donne che ricoprono la carica di amministratori sono ugualmente cresciute, ma non certo con lo stesso ritmo, passando da 103 a 193 negli ultimi due anni, cioè dall’8,5% ad appena il 12,6%. I dati territoriali indicano un’ampia variabilità nella presenza di donne nei board delle quotate pubbliche, con quote che vanno dal 36,5% in Umbria al 9,5% in Basilicata. Più in generale, le regioni del Sud, e in particolare Campania, Sicilia, Calabria e Basilicata, sono ancora molto lontane dalla soglia minima, anche se ovunque, tranne Basilicata e Calabria, è aumentata la quota di donne rispetto al 2014.