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Edilizia, no dei sindacati alla patente a punti

Lavoro

Il meccanismo annunciato dalla ministra Catalfo non piace. Rischia di alterare il libero mercato del settore delle costruzioni

 

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La patente a punti per le imprese dell’edilizia annunciata dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, per gestire la qualificazione delle imprese di costruzioni, non piace ai sindacati. Secondo Confartigianato "il meccanismo della patente a punti previsto dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro si presta ad alterare il libero mercato nel settore delle costruzioni, favorendo i grandi general contractors a svantaggio delle piccole imprese. Se questo è l’intento del Governo allora è sulla strada giusta". 

"Così non solo non si aumentano i livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro, ma - prosegue l'associazione degli artigiani - si duplicano oneri ed adempimenti amministrativi rispetto a quelli già esistenti. Si tratterebbe di un evidente esempio di gold plating, così è chiamato il caso in cui le norme dell’Unione europea vengono 'aggravate' dalle autorità italiane". 

Il commento del presidente di Confartigianato Edilizia Redaelli

 

"Il Governo – sottolinea il presidente di Confartigianato Edilizia Arnaldo Redaelli – deve porre attenzione alle piccole imprese. La sicurezza sul lavoro sta a cuore a noi piccoli imprenditori per primi e non si tutela con la burocrazia, ma con il rispetto di regole che devono essere chiare ed applicabili, con gli organismi paritetici, con la formazione, con l’applicazione corretta dei contratti nazionali di lavoro del settore, attraverso l’associazionismo d’impresa che diffonde la cultura della legalità, incrociando le tante banche dati esistenti per porre in essere un efficace piano nazionale della prevenzione, con un sistema di ispezione sul lavoro rafforzato e senza inutili duplicazioni di competenze”.

Il parere dell’Unasf

 

Anche Unasf, Unione nazionale sicurezza e formazione aderente a Conflavoro Pmi, è critica sull’apertura del ministro Nunzia Catalfo alla patente a punti per le imprese. “La patente a punti per la sicurezza sul lavoro? - si legge in una nota - attenzione a non ammassare soltanto nuove difficoltà burocratiche sulla schiena delle piccole aziende, senza dare loro in cambio il sostegno necessario a cambiare rotta. La cultura della prevenzione va promossa coi fatti e con gli incentivi, non con le sanzioni”. 

Il commento del presidente Enzo Capobianco

 

“Sembra un sistema di punizioni più che di incentivi. E difatti – commenta il presidente Unasf, Enzo Capobianco – invece di lavorare a un miglioramento generale della prevenzione, si finisce sempre per penalizzare le realtà imprenditoriali di dimensioni più ridotte con aggravi di costi e burocrazia. Perché, di certo, la mannaia delle sanzioni di questa patente a punti, se mai si farà, cadrà sui soliti noti. Ma la sicurezza sul lavoro è un’altra cosa, serve aver dato il massimo da parte delle istituzioni prima di una norma del genere in un settore così delicato come quello dell’HSE".

" Servono più sgravi fiscali alle aziende, maggiore informazione, meno costi burocratici. Quello che serve è una patente di incentivi, se di patente vogliamo parlare", precisa Capobianco.

"Più formazione fai in azienda - sottolinea il presidente Unasf - più promuovi un sistema interno di qualità HSE, più punti guadagni. Punti da tradurre poi in credito d’imposta, ad esempio. E invece, istituendo dal niente una patente punitiva, il risultato sarà solo una forbice sempre più ampia tra grandi gruppi e piccole aziende”.

“Arrivare oggi a ventilare la chiusura di un’attività, quando prima non si è fatto di tutto per sostenerla, è assurdo. Occorre valutare i singoli casi –aggiunge Capobianco – partire da una politica e una situazione comune. Un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi è già previsto dal Dlgs 81/08, all’articolo 27. Prendiamolo come base di partenza e facciamolo subito, perché i morti sul lavoro sono costanti e non diminuiscono".

"In Italia serve una strategia concreta per la prevenzione e possiamo attuarla soltanto attraverso un dialogo tra istituzioni e associazioni che si occupano di sicurezza nelle aziende. Un dialogo che oggi assolutamente non esiste”, conclude.