L'Italia è ancora indietro, sia nel formare le competenze che servono alle aziende, sia nel creare una cultura digitale condivisa
Per accelerare sul digitale occorre accelerare su chi ha le competenze per abilitarlo: più professionisti ict e più soft skills sono tra i fattori determinanti per ridurre il gap domanda-offerta di competenze digitali. Ma il Paese è ancora indietro, sia nel formare le competenze che servono alle aziende, sia nel creare una cultura digitale condivisa. Questa la fotografia che emerge dalla quinta edizione dell’Osservatorio delle competenze digitali, condotto dalle maggiori associazioni ict in Italia: Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, con il contributo di Cfmt e il patrocinio di Miur e Agid.
Il web è il maggior canale in cui le aziende ricercano professionisti ict, e questo ne giustifica l’uso come termometro dell’andamento del mercato del lavoro digitale. E la temperatura è alta: nel 2018 sono circa 106.000 gli annunci di lavoro rivolti a profili ict a livello nazionale, con una crescita superiore al 27% rispetto al 2017. Quasi una ogni due posizioni vacanti (46%) è relativa agli sviluppatori software (i cosiddetti developers), che registrano quasi 49.000 web vacancy a fine 2018.
Per molte piattaforme web, addirittura il 30% degli annunci di ricerca di programmatori rimane scoperto per 60 giorni o più, a indicare una mancanza di risorse adatte per ricoprire queste posizioni. La seconda e terza posizione più ricercata dopo i developers sono quelle del digital consultant (più di 12.000 vacancy) e del digital media specialist (quasi 7.000 vacancy).
I posti vacanti
Ci sono oltre 4.500 posti vacanti per le nuove professioni altamente specialistiche legate alla trasformazione digitale e non ancora configurate nello standard e-CF (presumibilmente entreranno nella competenza A.7-tecnology trend monitoring del prossimo aggiornamento ecf): artificial intelligence specialist, big data specialist, blockchain specialist, cloud computing specialist, iot specialist, mobile specialist e robotics specialist.
Il 45% delle richieste arriva dal Nord-Ovest: anche se diminuisce del 3% rispetto all’anno precedente, resta di gran lunga l’area geografica in cui uno specialista ict può trovare lavoro. Il 26% si trova al Nord-Est e il 20% il Centro, fanalini di coda Sud e Isole con il 6%.
Il settore ict genera la quota maggiore di web vacancy con 4 su 10 posizioni aperte nel 2018 (erano 6 su 10 nel 2017). Molto differenziata è la distribuzione degli annunci negli altri macro-settori economici, con una chiara maggioranza di annunci nel settore dei servizi (18%) e industria (15%).
Sul fronte retributivo lavorare nell’ict paga, nelle aziende di Informatica ed Elettronica crescono in maniera significativa le retribuzioni dei quadri (+4,4%) e degli impiegati (+2,7): gli impiegati di informatica ed elettronica, rispetto alla media generale delle retribuzioni, guadagnano di più. Il digital skill rate sale al 52% nell’ict: la richiesta di competenze digitali si diffonde rapidamente, ma servono anche le soft skills.
Quante competenze digitali servono all’interno del proprio profilo professionale? E' il digital skill rate, che sale al 52% per le professioni ict. Anche le soft skill diventano maggiormente pervasive in tutte le professioni ict, con una media del 30% e punte fino al 63%. Dall’indagine condotta tra luglio e settembre 2019 presso 50 aziende ict emerge che le soft skills, con uno score medio di 4,1 su 6, sono nettamente più necessarie delle skill legate ai processi ict (3,61 su 6) e alle tecnologie (3,23 su 6).
Soft skills
Per le soft skills i bisogni formativi più urgenti riguardano: lo sviluppo delle capacità comunicative (4,42 su 6), team management (4,34 su 6), problem solving (4,26 su 6), proattività (4,26 su 6) e gestione dello stress (4,20 su 6). Continua la domanda di competenze digitali anche nelle professioni non-ict: in media il digital skill rate è del 13,8%, mentre la richiesta di competenze trasversali (soft skill rate) è del 43%.
Le aziende richiedono competenze digitali specialistiche e hanno bisogno di laureati, ma la situazione peggiora: per il triennio 2019-2021 si prevedono fra le 67.100 e le 94.500 richieste, mentre il sistema formativo ne fornirà meno di 82.000, di cui due terzi diplomati e un terzo laureati Il totale è in crescita (erano 73.000 nel triennio 2017-19), ma ci sono troppi diplomati: l’offerta di 9.300 laureati e 17.200 diplomati stimati nel 2019 è significativamente aumentata, ma questa crescita non è sufficiente a eguagliare l’aumento del fabbisogno.
Il gap risultante è quindi in peggioramento, con una carenza di 5.100 laureati pari al 35% del fabbisogno (era 4.400 nel 2017) e un surplus di circa 8.400 diplomati, ovvero il 95% in più di quanto necessario (era 8.000 nel 2017). Questi hanno qualifiche ict non ancora sufficienti rispetto alle reali esigenze del mercato, per cui potrebbero essere comunque impiegati e formati dalle aziende con formazione interna oppure diretti verso corsi post-diploma, soprattutto nell’ambito dell’offerta formativa degli its.
Nel 2018 i laureati ict sono in forte aumento (+14,5% rispetto al 2017), di cui 5.140 circa specialisti in informatica e ingegneria informatica (info), in aumento del 16,1% rispetto al 2017. La crescita è maggiore per le lauree triennali (+19%) rispetto alle magistrali (+12%).
Rallenta però al 3% la crescita delle immatricolazioni (+2% per le lauree info) rispetto ai tassi a doppia cifra degli anni precedenti, mentre le percentuali di abbandono restano elevate, con un trend laureati/ immatricolati sotto il 40% nelle triennali e attorno al 60% nelle magistrali ict. Fa eccezione il Nord-Ovest dove le immatricolazioni alle lauree triennali ict aumentano dell’11%. In crescita anche la quota femminile di immatricolazioni che arriva fino al 29% nel Nord Ovest (era 25% nel 2017).
Solo un terzo dei diplomati ict continuano all’università. Uno su due trova lavoro entro 6 mesi, ma è a bassa qualificazione. Solo il 34,3% dei diplomati ict prosegue all’università, contro una media nazionale del 50,3%. Il dato può essere letto positivamente come una conseguenza del fatto che un diplomato ict su due trova lavoro entro sei mesi dal diploma, ma a bassa qualificazione specialistica.
L’Università sta al passo: ora serve togliere il numero chiuso/programmato e fare orientamento e sensibilizzazione al digitale. Sebbene i percorsi universitari, per loro natura, abbiano tempi di adeguamento al mercato più lunghi, via via sono in espansione le offerte formative specialistiche che servono al mercato.
Sono in crescita per le lauree ict i focus su big data e data science (49% dei corsi con copertura medio-alta) e sicurezza informatica e cybersecurity (56% dei corsi con copertura medio-alta). Fra i corsi censiti su intelligenza artificiale, oltre il 64% hanno una copertura medio-alta delle tematiche, mentre per iot fra i corsi censiti almeno il 25% tratta in maniera abbastanza approfondita la materia. Resta limitata l’offerta formativa di insegnamenti in area cloud computing (24% dei corsi con copertura medio-alta), mentre manca ancora la copertura dei temi sull’utilizzo in ambito aziendale e gli aspetti contrattualistici/legali e finanziari.
Interventi prioritari
Dalle interviste alle aziende emergono alcuni interventi prioritari subito necessari. - Rafforzare training e aggiornamento delle competenze del personale docente. - Aumentare la consapevolezza che i lavori più qualificati aumenteranno e i lavori meno qualificati saranno sostituiti da macchine intelligenti.
- Stimolare l’upskilling della forza lavoro ict nelle aziende. - Riallineare continuamente i percorsi di studio all’innovazione e all’interdisciplinarietà, anche indirizzando verso gli its gli studenti che abbandonano i corsi di laurea ict.
- Potenziare gli insegnamenti su nuove tecnologie, metodologie e competenze soft. - Assicurare un ecosistema più favorevole alla diffusione di una cultura imprenditoriale tra i professionisti dell’ict. - Moltiplicare le opportunità per le esperienze di apprendistato. - Accrescere le opportunità di imprenditorialità digitale dei neolaureati ict. - Creare percorsi di laurea ict trasversali o di filiera (esempio cloud, cognitive computing). - Promuovere network collaborativi di filiera come modelli di accelerazione.