Gli ultimi 25 anni sono stati i più travagliati per l'ormai ex compagnia di bandiera italiana. La società è passata attraverso quotazioni in Borsa, mancate fusioni, cessioni di quote a privati, ingressi di compagnie straniere. Ecco la storia di questo turbolento periodo
Fusioni non realizzate, cessioni che falliscono sul più bello, privatizzazioni e conti che sprofondano. L’ultimo ventennio è il periodo più travagliato per Alitalia, che dai primi sintomi di crisi all’amministrazione straordinaria degli ultimi anni sembra non riuscire a risollevarsi. I conti della compagnia sorridono fino all’inizio degli anni ‘90, prima di un peggioramento degli affari con le perdite che si sommano di anno in anno e la concorrenza delle low cost. Poco prima del 2000 fallisce la fusione con Klm, che recede anche da una joint-venture e dopo un arbitrato internazionale paga ad Alitalia ben 250 milioni di euro. Poi la privatizzazione nel 2008 con l’acquisto da parte di una cordata di imprenditori, la Cai (Compagnia aerea italiana), la fallita cessione ad Air France, e l’ingresso di Etihad nel 2014. Fino ad arrivare al 2017, l’anno più difficile, quando Alitalia rischia seriamente il fallimento nonostante l’ingresso della compagnia di Abu Dhabi e il personale boccia l’intesa tra sindacati e azienda con 980 esuberi. Il 2 maggio 2017 ha inizio l’amministrazione straordinaria, in attesa di trovare un acquirente. Nel 2018 il nuovo governo Lega-M5s prospetta un ritorno dello Stato e un ingresso di Ferrovie dello Stato insieme a un partner industriale internazionale da trovare. A novembre 2018, i commissari straordinari della compagnia aerea fanno sapere di aver valutato positivamente l'offerta di Fs, insieme al Mise. Secondo uno studio firmato Mediobanca, dal 1974 al 2014 sono 7,4 miliardi di euro i soldi spesi dallo Stato per tenere in vita la compagnia. Ecco la storia di questa lunga crisi.
Avvio della crisi, prima privatizzazione e fallita fusione con Klm
Negli anni '90 Alitalia comincia a dare segnali di crisi. Apertura dei mercati, specie quello nazionale, concorrenza di nuovi vettori (in particolare low cost), riduzione delle tratte intercontinentali operate e assenza di investimenti pesano sempre più sull’operato della compagnia e si faranno sentire ancora di più con il passare degli anni. Nel 1993 comincia un dialogo con Air France, ma questa interrompe le trattative a causa delle proteste sindacali che bocciano il piano di tagli per 4mila posti e causano le dimissioni dell'allora presidente della compagnia di bandiera francese, Bernard Attali. Dopo mezzo secolo di controllo statale, nel 1996, il governo Prodi decide di quotare in borsa il 37% di Alitalia. La privatizzazione però non ha gli effetti sperati. Nel 1997 iniziano i dialoghi con la compagnia di bandiera olandese Klm per una fusione, che nasce come joint-venture integrale nel novembre 1999. L'accordo di fusione prevede lo spostamento dell'hub da Roma Fiumicino a Milano Malpensa (con il potenziamento di quest’ultima) e la conseguente chiusura di tutti i voli dallo scalo di Milano-Linate, a eccezione dei voli verso Roma. Il 28 aprile 2000, Klm comunica però ad Alitalia la scelta di interrompere l'alleanza immediatamente in quanto venne bocciata dal consiglio di amministrazione. Gli olandesi - ricorda il Sole 24 ore - accusano il governo italiano di aver ritardato “enormemente” l'utilizzo di Malpensa come hub e di aver “indicato inoltre che una privatizzazione della compagnia italiana prima del 30 giugno 2000 sarebbe molto improbabile”. A seguito dell’uscita unilaterale dall’accordo, Klm è costretta a pagare una penale da 250 milioni di euro dopo un contenzioso terminato nel 2002.
Il tentativo per una seconda privatizzazione
Dopo l'attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001, praticamente tutte le grandi compagnie aeree entrano in crisi. Lo stesso anno Alitalia stipula un'alleanza con Air France ed entra a far parte di SkyTeam, una delle principali alleanze aeree, e la compagnia francese entra in Alitalia con uno scambio azionario del 2%. A fine 2006, Prodi tenta una seconda privatizzazione. Punta a cedere un altro 39% della compagnia, lo Stato è pronto a rinunciare al controllo. Invece della Borsa, per cedere la seconda tranche, il governo sceglie la procedura di gara. La gara però fallisce per il ritiro progressivo dei concorrenti che rinunciano dopo aver visto i conti.
Dalla trattativa con Air France ai "capitani coraggiosi" di Cai
Mentre i conti di Alitalia e il titolo in Borsa scivolano verso il baratro, il governo passa a trattativa privata. L'interlocutore unico diventa Air France, che da qualche anno si è sposata con gli olandesi di Klm ed è disposta a rilevare il 49,9% di Alitalia. La trattativa partita a fine 2007 va avanti, benedetta da Prodi e dal ministro dell’Economia Padoa-Schioppa. I primi mesi del 2008 sono cruciali, i sindacati si oppongono ai tagli. Si avvicinano le nuove elezioni e i francesi temono di trovarsi di fronte un governo avverso. Silvio Berlusconi, infatti, sta impostando la sua campagna elettorale sulla "italianità della compagnia". Ad aprile, i sondaggi danno Berlusconi vincente, e Air France abbandona la partita. Il ritiro dei francesi spiana la strada alla cordata di “capitani coraggiosi” messa in piedi da Berlusconi, diventato presidente del Consiglio. La Cai (Compagnia aerea italiana) è guidata dall’imprenditore Roberto Colaninno e ne fanno parte, tra gli altri soci, anche le famiglie Benetton, Riva, Ligresti, Marcegaglia e Caltagirone, ma anche Intesa San Paolo. La parte sana della compagnia viene rilevata da Cai per 300 milioni mentre tutto il passivo scivola, attraverso una bad bank (2 miliardi di euro) nel debito dello Stato.
2014, arriva Etihad
Ma Alitalia non decolla nonostante altri 2.400 esuberi e un taglio del 20% degli stipendi dei manager. Serve un partner industriale. Nel 2013 si rende necessario un aumento di capitale altrimenti gli aerei sono costretti a restare a terra. Nel 2014 lo Stato entra ancora nell’azionariato con Poste Italiane che acquisisce poco meno del 20%, mentre mostra il suo interesse nella compagnia italiana Etihad Airways. Dopo il nulla osta dell'Antitrust dell'Unione europea, la compagnia di Abu Dhabi entra nell'azionariato con il 49% e prospetta una rivoluzione. La compagnia però non riesce a riprendersi neanche con l'azione degli emiri, tanto da arrivare a perdere quasi 1 milione al giorno.
2017, inizia l’amministrazione straordinaria
Il 2017 è uno degli anni più bui per la compagnia, ormai a serio rischio fallimento. Il 14 aprile viene firmato un pre-accordo tra sindacati e azienda con 980 esuberi, ma il personale boccia l'intesa con un referendum dove i no vincono con il 67%. Il 2 maggio è allora inevitabile l'inizio dell'amministrazione straordinaria con la triade formata da Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. Il 17 maggio 2017 viene pubblicato il bando per le manifestazioni di interesse per la vendita di Alitalia. Per sostenere le casse di Alitalia viene erogato un prestito ponte statale di 900 milioni, in scadenza il 15 dicembre 2018. Al 30 settembre in cassa, secondo quanto spiegato ufficialmente, ci sarebbero 770 milioni, mentre nel terzo trimestre del 2018 Alitalia ritrova un piccolo utile.
Il futuro di Alitalia
Il futuro di Alitalia si gioca ora tra la possibilità di ingresso di compagnie straniere e un ritorno alla partecipazione statale. Il 20 novembre 2018 arriva il via libera all’offerta di Ferrovie dello stato per Alitalia. Fs riceve la lettera dei commissari straordinari di Alitalia in cui si dice che la loro offerta “è stata positivamente valutata" dagli stessi commissari, "sentito il ministero vigilante", ovvero il Ministero dello sviluppo economico. Il 31 ottobre 2018, giorno in cui è scaduto il termine per la cessione della compagnia (fissato nella legge 77 del 21 giugno 2018), i Commissari straordinari di Alitalia hanno ricevuto due offerte vincolanti e una manifestazione di interesse non vincolante. Fs ha presentato un'offerta vincolante, per l'acquisto dei rami d'azienda delle società Alitalia-Sai e Alitalia Cityliner. La low cost EasyJet ha ribadito la sua manifestazione di interesse nei confronti della compagnia, per una “Alitalia ristrutturata” (LA STORIA DELLA CRISI). Ma in campo è scesa anche Delta, con un'offerta che non sarebbe vincolante come emerso inizialmente. Il 12 ottobre 2018 il governo targato Lega-Movimento 5 stelle, attraverso il vicepremier Luigi Di Maio aveva annunciato che lo Stato è pronto tornare azionista di Alitalia. La soluzione ipotizzata è una newco con una dotazione iniziale di almeno 2 miliardi, partecipata per circa il 15% dal Tesoro e con il coinvolgimento di Ferrovie dello Stato e Cdp per la flotta, insieme a un partner industriale internazionale. Si ipotizza anche la creazione di un biglietto unico treno-aereo. Si sono fatti anche i nomi di China Eastern e Lufthansa. Quest’ultima però, pur non chiudendo a una partnership, ha detto no a un ingresso con Ferrovie dello Stato, tirandosi di fatto indietro nella corsa per rilevare Alitalia.