L'appello delle aziende europee per l'IA: un bivio cruciale per l'Ue

L'Unione Europea si trova di fronte a una sfida decisiva per il suo futuro nel campo dell'intelligenza artificiale. È questo il messaggio lanciato da 50 aziende e ricercatori di primo piano, tra cui EssilorLuxottica, Prada, Pirelli, Exor Group, Meta e Spotify. La richiesta è chiara: l'Europa dovrebbe agire urgentemente, secondo queste aziende, per sfruttare appieno il potenziale dell'IA, evitando il rischio di rimanere esclusa dai benefici economici e tecnologici che essa offre. Il confronto per l’Unione Europea è quello con altre potenze come Stati Uniti e Cina, che stanno, invece, avanzando rapidamente grazie a grandi investimenti, ma anche grazie a politiche più flessibili sull’uso dei dati, una “deregolamentazione” per alcuni, però, eccessiva e che potrebbe comportare rischi significativi, come la mancanza di protezioni per la privacy degli utenti, l'aumento delle disuguaglianze sociali e la possibilità di sviluppare tecnologie eticamente discutibili. L'impegno globale e le opportunità per l'Italia A questo proposito, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, la premier italiana Giorgia Meloni ha partecipato a vari incontri con i vertici di Google, Motorola e OpenAI. L'obiettivo principale era discutere potenzialità e rischi dell'IA, ma anche, se non soprattutto, possibili piani di investimento in Italia. Sebbene non siano stati annunciati accordi concreti, i giganti tecnologici si sono detti interessati a investire nei data center italiani, nelle nostre startup e a collaborare con le università del nostro Paese per lo sviluppo dell’IA. Persino il visionario e divisivo Elon Musk, che ha premiato Meloni con il Global Citizen Award dell’Atlantic Council, ha manifestato interesse per possibili investimenti in Italia, anche se non solo nell’IA. L'importanza di una visione comune Le opportunità quindi, anche per un Paese come il nostro, non mancano, ma la frammentazione normativa all'interno dell'UE rappresenta uno degli ostacoli principali alla crescita dell'IA. Le aziende denunciano che l’incertezza regolamentare sta rallentando lo sviluppo di tecnologie avanzate, come ad esempio i modelli multimodali , e rischia di far spostare investimenti e ricerca altrove. Le aziende sottolineano che la mancanza di armonizzazione normativa crea un ambiente di incertezza che penalizza l'innovazione e l'attrattività dell'Europa per gli investimenti tecnologici. L'AI Act: un’opportunità o un ostacolo? In effetti, l’Europa ha intrapreso passi concreti o almeno pensa di averlo fatto. Il 1° agosto 2024 è entrato in vigore l’AI Act dell’Unione Europea, una normativa che introduce un approccio basato sul rischio per regolamentare l’intelligenza artificiale. Questa legge distingue tra IA a basso, medio e alto rischio, imponendo requisiti rigorosi per le applicazioni ad alto rischio, come quelle usate in ambito medico o per il reclutamento. Ad esempio, nel settore sanitario, l'AI Act richiede rigorose verifiche per le applicazioni diagnostiche, garantendo sicurezza e affidabilità. Tuttavia, nel settore creativo, come quello della moda, le restrizioni possono limitare l'uso di algoritmi per la progettazione, frenando l'innovazione. Sono, invece, del tutto vietati usi considerati inaccettabili, come il "social scoring" . Un futuro incerto L'intelligenza artificiale rappresenta una delle principali opportunità di crescita economica per l'Europa nei prossimi anni. Secondo le stime, l'IA generativa potrebbe aggiungere miliardi di euro all'economia al continente, accelerando l'innovazione in settori strategici come sanità, trasporti ed energia. Tuttavia, senza un'azione coordinata e tempestiva, l'Unione rischia di perdere questa opportunità. Le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi saranno decisive per il nostro e se l’Europa non riuscirà a superare le sue divisioni normative e a promuovere un quadro che favorisca l’innovazione, rischia di diventare una spettatrice passiva in un’era dominata dall’IA. In conclusione, l’appello delle aziende europee non è solo una richiesta di cambiamento normativo, ma anche, se non soprattutto, una sveglia per le istituzioni dell’Unione. L’Europa ha il potenziale per essere un leader nell’intelligenza artificiale, ma per farlo deve agire rapidamente e con decisione. Se non sfrutta al massimo le sue risorse, senza per questo perdere il suo DNA di rispetto dei diritti e della privacy dei suoi cittadini, rischia di perdere il controllo sul proprio futuro tecnologico e, quindi, economico.