Perché lo spread è più basso anche se il debito è superiore al 2011

A prima vista un mistero avvolge i conti pubblici italiani: abbiamo un debito pubblico più alto di quello del 2011. Eppure, nel 2011 avevamo uno spread di quasi 600 punti base, mentre ora lo spread è poco più di 80 punti. Perché? Qualcuno dirà che questo dimostra che la crisi del 2011 fu dovuta a una congiura internazionale . Ma ora abbiamo al governo il centrodestra nazionale, eppure i mercati sono tranquilli. Cosa spiega la differenza? La risposta sta in quattro ordini di fattori. Effetto Fornero e dinamica del debito Il primo riguarda lo stato dei nostri conti pubblici. È vero, il rapporto tra debito pubblico e Pil è più alto di quanto fosse nel 2011 , ma all’epoca il rapporto tra debito e Pil, a politiche invariate, era previsto crescere anche per effetto degli sviluppi demografici . Ora, sempre a politiche invariate e correggendo per il temporaneo effetto di cassa dei bonus edilizi, il rapporto è previsto scendere, anche se lentamente, e lo stato del sistema pensionistico è migliore di quanto fosse all’epoca. Come dimostrano anche stime econometriche , non conta solo il livello del debito, ma anche la sua dinamica e nel 2011 questa non era favorevole. La stabilità del governo Il secondo riguarda la stabilità del governo. Quando si guarda ai conti pubblici è necessario tener conto di quanto solida sia la compagine di governo perché un governo debole ha difficoltà a introdurre misure di correzione. Nel 2011, il governo Berlusconi era attraversato da tensioni significative. Di fronte alla necessità di rimettere a posto i conti pubblici, nell’estate del 2011 si registrarono divergenze all’interno del governo, con veti incrociati e sgambetti fra i gruppi di maggioranza e “quinte colonne” che remavano contro Berlusconi dall’interno del sistema politico. La stampa dell’epoca parlava di un “assedio” progressivo a Berlusconi, dove non solo l’opposizione ma anche parti del centrodestra lo lasciavano politicamente isolato, assedio che l’8 novembre 2011, sfociò nella “fuga dall’aula” di 321 deputati nella seduta che doveva approvare il rendiconto generale dello Stato. Il governo è invece ora molto solido e nessuno ha fiatato quando l’anno scorso ha deciso di risparmiare 20 miliardi di entrate maggiori del previsto e di concludere l’anno con un deficit di quasi un punto percentuale di Pil più basso dell’’obiettivo, cosa peraltro accaduta anche quest’anno, anche se l’undershooting del deficit è stato più contenuto . Il ruolo della Banca d'Italia e della BCE Il terzo riguarda il ruolo della nostra Banca Centrale. In conseguenza delle operazioni di quantitative easing iniziate nel 2015, e rafforzate nel periodo di Covid, circa un quarto del debito italiano è detenuto dalla Banca d’Italia e dalla BCE. Il rapporto tra debito pubblico totale e Pil è, come ho detto, più alto che nel 2011, ma il debito detenuto dai mercati è ora molto più basso. In tal modo, il debito è più “leggero”, visto che il costo degli interessi pagati dallo Stato alla nostra banca centrale viene poi restituito da questa allo Stato attraverso la distribuzione dei suoi profitti. Non solo: nel 2022 la BCE ha introdotto un nuovo strumento di intervento che le consentirebbe di intervenire, per importi illimitati, a sostegno di un Paese colpito da un attacco speculativo purché quel Paese sia in linea con le regole europee sui conti pubblici e gli squilibri macroeconomici. Questo ha introdotto una rete di sicurezza per chi come noi sta rispettando tali regole. Una parentesi: questa circostanza spiega forse anche perché lo spread francese resti ancora contenuto, anche se mi sembra almeno incerto se la Francia possa essere inclusa tra i Paesi che rispettano le regole europee. Saldamente dentro l'euro Infine, e forse questo è uno dei fattori più rilevanti, nel 2011 il rischio di una possibile uscita dell’Italia dall’euro era ritenuto sostanziale. Non solo avevamo il secondo debito pubblico più alto d’Europa, ma si era aperto un buco coi conti con l’estero per la bassa competitività. Questi problemi, in teoria, potevano essere contrastati passando alla “nuova lira”, stampandone in quantità per rimborsare il debito in scadenza e svalutandone il corso. Non è un caso, allora, se proprio in quel periodo cresceva rapidamente il populismo dei “No euro”. Ora a uscire dall’euro non pensa proprio nessuno né in Italia, né in Francia, se non frange minori . Tutto sommato, non c’è da meravigliarsi se la percezione dei mercati è migliorata rispetto al nostro debito, anche se non dobbiamo dimenticarci che, a torto o a ragione, abbiamo ancora lo spread più alto dell’area euro, seppure insieme alla Francia.

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Carlo Cottarelli