Università e lavoro, le prospettive di Giurisprudenza

Avvocati, certo. Giudici, anche. E pure notai. Le prospettive aperte da una laurea in Giurisprudenza sono parecchie. E non si fermano alle prime che vengono in mente. Perché competenze di diritto sono ricercate non solo dagli studi legali, notarili e dalla magistratura, ma anche nelle aziende private e nell’amministrazione pubblica dove il diritto è regola. Insomma, possibilità di carriera ampie e variegate che però, come accade in questa serie di articoli dedicati a Università e mondo del lavoro, vanno sempre soppesate alla luce dei tempi, dei modi e dei soldi. E dunque dei dati di AlmaLaurea. Eccoli. LAVORO E UNIVERSITÀ: GLI APPROFONDIMENTI IN PROGRAMMA Economia Giurisprudenza Ingegneria Medicina Informatica Architettura Formazione primaria Psicologia Politico-sociale Settore scientifico Occupazione È la prima domanda che ci facciamo sempre. Almeno in questi articoli. Ma quali sono le prospettive occupazionali di una determinata laurea? Vale anche per Giurisprudenza seppure con le dovute precisazioni. Che riguardano, soprattutto, il fatto che per accedere alle professioni giuridiche è necessario superare un esame che prevede, tra i requisiti per l’ammissione, un tirocinio o uno stage di 18 mesi. Questo per dire che i tempi per entrare pienamente nel mondo del lavoro per un laureato in “Legge” possono essere più lunghi rispetto ad altri percorsi. E di questo bisogna tenere conto. Sia quando si leggono i dati in proposito. Sia al momento della scelta della facoltà. I dati, dunque, che cosa raccontano? Innanzitutto che a tre anni dalla laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza, in media ha trovato lavoro il 76,2% degli studenti. Tre su quattro. Che non sono pochi ma neanche tantissimi, soprattutto a confronto con lauree come Economia e, come vedremo, Ingegneria o Informatica dove le percentuali sono assai più alte, spesso sopra il 90%. Ma, come dicevamo, il percorso giuridico è un po’ particolare per via dei requisiti necessari per accedere alle varie professioni dell’ambito. E dunque, in questo caso, può valere la pena di allargare l'arco temporale rispetto al quale valutare le prospettive di occupazione. Risultato: se si osserva l’orizzonte a cinque anni dalla laurea, la quota di occupati sale fino all’84,6%, che vuol dire cinque su sei. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Stipendi Chiaro, cinque anni non sono pochi. Ma il percorso è questo. Con i suoi pro e i suoi contro che vanno messi sul piatto della bilancia nel momento in cui si effettua la scelta. Così come si possono inserire nel processo decisionale anche gli stipendi attesi che, di nuovo, in questo caso è meglio valutare sulla base di due diverse finestre temporali: sempre tre e cinque anni dalla laurea. Secondo i dati, nel primo caso, lo scenario più breve, i laureati possono sperare di portarsi a casa una media di 1.606 euro netti al mese. Nel secondo, la prospettiva più lunga, si parla di 1.800 euro, ovvero circa 200 in più. Ovviamente, si sta discutendo di medie, ovvero di cifre che tengono dentro impieghi di tipo diverso. Giusto per farsi un’idea, circa un terzo dei laureati in Giurisprudenza finisce a lavorare nel settore pubblico, il doppio opta invece per il privato e una quota residuale per il no profit . Per essere più precisi, a cinque anni dalla discussione della tesi il 71% dei laureati in “Legge” finisce in quelle che nella classificazione di AlmaLaurea sono definite “professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione”. Tra queste rientrano anche gli avvocati, i notai e i magistrati. Ma se le differenze tra i vari tipi di impiego non emergono dai dati, quelle tra i generi invece sì. Anche nell’ambito lavorativo dischiuso dagli studi di tipo giuridico si incontrano significative disparità di salario tra uomini e donne. Tre anni dopo la laurea, i maschi guadagnano in media 1.703 euro netti al mese, che salgono a 1.961 due anni dopo. Per le femmine si parla invece di 1.551 euro in un caso e 1.755 nell’altro. Questo vuol dire che, sempre in media, gli uomini con una laurea in legge tendono a guadagnare il 10% in più rispetto alle donne con lo stesso tipo di laurea. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Efficacia Comunque vada, su una cosa gli occupati con una laurea in Giurisprudenza possono contare: la rilevanza di quello che hanno studiato rispetto all’impiego che hanno trovato. Sia che si guardi il responso a tre o a cinque anni dalla fine del percorso, la quota di coloro che giudicano “efficace o molto efficace” sul proprio lavoro il bagaglio di nozioni acquisito negli anni universitari è vicino o sopra il 75%. Dunque, tre su quattro o quasi. Una percentuale notevole, anche a confronto con altri tipi di laurea. Se non visualizzi il grafico clicca qui

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Raffaele Mastrolonardo