Perché i ritardi nei pagamenti della Pa sono ancora un problema

Per capire i problemi della pubblica amministrazione italiana può essere utile considerare alcuni sviluppi recenti relativi ai suoi ritardi di pagamento. I lettori forse ricorderanno che per anni il forte ritardo con cui Stato e altri componenti del settore pubblico pagavano i fornitori è stato considerato, anche a livello europeo, un serio problema. Tanto serio che nel 2020 la Corte di Giustizia Europea emise una sentenza di condanna per il nostro Paese, considerandolo in violazione della direttiva 2011/7/UE che fissa termini precisi entro cui la pubblica amministrazione di ogni Paese dell’Unione deve pagare i fornitori. Anche alla luce di questa sentenza il PNRR includeva, tra le sue condizioni, degli obiettivi di puntualità che l’Italia avrebbe dovuto rispettare. I miglioramenti nelle statistiche E li abbiamo rispettati . In generale, le statistiche pubblicate dal governo attuale e da quelli precedenti riportano evidenti miglioramenti. Il tempo medio dei pagamenti effettuati dalla nostra pubblica amministrazione è sceso da 43 giorni nel 2019 a 30 giorni nel 2024. Certo, qualche pagamento arriva ancora in ritardo, ma la percentuale degli importi dovuti che non sono pagati puntualmente è scesa, nello stesso periodo, dal 30,5% al 18,5%. Tutto a posto dunque? Non proprio. Perché non è tutto a posto Una recente nota che trovate sul sito dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, curata da Nicolò Geraci, ci dice che non è tutto oro quello che luccica. Vi spiego perché. In base alla normativa europea un pagamento è considerato in ritardo se non avviene entro 30 giorni a partire dal momento in cui viene emessa la fattura. Questo limite viene ora violato, come si è detto, in meno di un quinto dei casi. Probabilmente c’è stato un miglioramento, ma nel Paese del “fatta la legge, trovato l’inganno”, non ci si deve stupire più di tanto se le imprese si lamentano ancora dei ritardi nei pagamenti. Di cosa si lamentano? Del fatto che le informazioni necessarie alle imprese per emettere le fatture sono fornite in ritardo rispetto alla data in cui le merci vengono consegnate o i servizi sono prestati. Insomma, senza quelle informazioni le fatture non possono essere emesse e viene così ritardato il momento in cui si fa partire il cronometro per misurare i ritardi. Questo problema sembra essere più comune per le imprese che hanno consegne di beni o servizi pluriennali e che procedono comunque alla fornitura alle scadenze previste, anche per evitare problemi legali. Il sondaggio che denuncia le pratiche discutibili della Pa In proposito, un sondaggio dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili pubblicato nel marzo dello scorso anno segnala diverse pratiche palesemente discutibili seguite dalla nostra pubblica amministrazione. Quasi due terzi delle imprese dichiara di aver ricevuto esplicite richieste di ritardare l’emissione della fattura; oltre la metà ha ricevuto la richiesta di posticipare l’emissione dello Stato di Avanzamento dei Lavori, la cui validazione consente alle imprese di inviare la fattura; più di un quarto ha ricevuto richieste di accettare tempi contrattuali di pagamento superiori ai termini consentiti ; e a quasi un quinto viene chiesto di rinunciare agli interessi di mora dovuti in caso di ritardo. Ora, è possibile che qualche impresa possa aver esagerato nelle sue lamentele, ma queste percentuali sono troppo alte per non suscitare perplessità. La pubblica amministrazione dovrebbe per lo meno approfondire il tema. Aver rispettato il target del PNRR, non può bastare per dire che ogni problema è stato risolto.

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Carlo Cottarelli