L'economia cinese è nei guai. Ma sono anche affari nostri

Una volta, per illustrare la cosiddetta teoria del caos, si diceva che un battito di ali di una farfalla in Cina poteva causare un terremoto in California. Non siamo arrivati, per fortuna, a questo punto, ma la crescita esponenziale dell’economia cinese nell’ultimo quarto di secolo ha implicato che i nostri destini economici siano diventati sempre più dipendenti da quello che accade nel “Paese di mezzo” . Vale la pena, quindi, di fare il punto della situazione in quel Paese. Da circa tre anni, con l’inizio della flessione del mercato immobiliare cinese, sono state avanzate da più parti le previsioni più fosche sul futuro economico del Paese che è ormai il più grande del mondo. La Cina, si dice, non è però più la stessa. Gli spettacolari tassi di crescita osservarti nello scorso decennio non si sono registrati negli ultimi anni e c’è chi ne prevede il prossimo crollo economico anche per motivi demografici: la Cina diventerebbe vecchia prima di diventare ricca. Mi sembra una visione un po’ esagerata, forse ispirata da un subconscio wishful thinking, la speranza di liberarsi dalla minaccia cinese all’egemonia economica dell’Occidente. Direi che qualche problema c’è in Cina, ma che, per ora, i suoi problemi non hanno attenuato i nostri, anzi, forse, li hanno acuiti. Partiamo dai dati aggregati sulla crescita economica. Negli ultimi cinque anni il tasso di crescita medio annuo del Pil reale è stato del 5½%, compreso un 4,5%-5% quest’anno. La discesa è stata netta rispetto al decennio 2001-2010 quando il tasso di crescita annuo era stato del 10,5%. Questi dati vanno però letti alla luce della crescita del livello del Pil. Al crescere di questo, un aumento in termini assoluti del Pil cinese causa un aumento percentuale progressivamente più basso per un semplice motivo aritmetico: il denominatore del rapporto diventa sempre più grande. Se si va a vedere, invece del tasso di crescita del Pil, il rapporto tra crescita del Pil reale cinese in termini assoluti e, non la dimensione dell’economia cinese, ma quella dell’economia mondiale, si vede che il rapporto scende in modo molto meno marcato in questo decennio rispetto a quello precedente. In altri termini la quota della Cina rispetto al Pil mondiale continua a crescere a una velocità non troppo dissimile a quella del passato. Passiamo al perché i guai cinesi non sono buone notizie per noi, partendo dalla crisi del mercato immobiliare. Questa, per quanto sostanziale e per alcuni aspetti preoccupante, sta, per ora, avendo un effetto negativo soprattutto per il resto del mondo. Questa crisi ha infatti portato a una minore crescita della domanda interna e, conseguentemente, il surplus di capacità produttiva cinese si è “sfogato” all’estero, senza impattare troppo sul Pil cinese: la domanda interna è stata rimpiazzata da domanda estera. Abbiamo una chiara evidenza di questo processo osservandone gli effetti sul prezzo dell’acciaio a livello mondiale, il cui calo tanto preoccupa le acciaierie di tutto il mondo. Insomma, il Pil cinese viene alimentato, di nuovo , più dalle esportazioni che dalla domanda interna. Non è quindi il rallentamento del Pil cinese che ci deve preoccupare: il rallentamento è modesto e anche quest’anno il Pil crescerà del 4,5-5%. È la sostituzione di domanda interna con quella estera che ci può danneggiare. Il 26 settembre la banca centrale cinese ha annunciato nuove misure di stimolo monetario che hanno dato una spinta alle quotazioni azionarie. Ma l’opinione dei China wathcers resta che, in assenza di uno stimolo fiscale, l’azione monetaria non sarà sufficiente. Le autorità cinesi esitano a intervenire, da un lato per non premiare il passato comportamento irresponsabile degli sviluppatori immobiliari, dall’altro perché la situazione dei conti pubblici non è particolarmente florida. Il rapporto tra debito pubblico e Pil è passato dal 41% nel 2015 all’89% previsto dal Fondo Monetario Internazionale per la fine di quest’anno . Ma l’impressione è che senza un intervento il mercato immobiliare cinese non abbia ancora raggiunto il fondo della sua crisi: il volume di immobili in costruzione si è ridotto solo dl 20% rispetto al picco del 2021. E senza uno stimolo il Pil cinese continuerà, sì, a crescere ma grazie alle sue esportazioni e non alla sua domanda interna. Una brutta notizia per il resto del pianeta.