Mille dollari al mese in regalo per 3 anni: il reddito universale funziona?

Cosa accadrebbe se un giorno – a causa dell’intelligenza artificiale – molte persone si ritrovassero senza lavoro. È uno scenario preso in considerazione nella Silicon Valley che, dovendo ipotizzare una risposta politica a una eventuale crisi, immagina – tra le varie soluzioni – quella di un reddito universale di base. Un’idea a cui ha pensato soprattutto Sam Altman, CEO di OpenAI che con Open Research, la sua organizzazione no-profit, ha condotto uno studio: ha dato per tre anni, 1.000 dollari al mese a 1.000 americani a basso reddito. Ne abbiamo parlato con Elizabeth Rhodes, direttrice dell’organizzazione. Come sono stati spesi questi soldi? “Abbiamo scoperto che la maggior parte del denaro è stato speso per soddisfare le esigenze di base. Le persone hanno pagato per l’alloggio, il cibo, i trasporti e in molti si sono preoccupati di dare un sostegno ad amici e famiglia”. Altri utilizzi? “Alcune persone ne hanno approfittato per tornare a scuola o per passare più tempo con i figli”. Avete fatto delle analisi del sangue ai partecipanti. Che impatto c’è stato sulla salute? “Volevano capire la relazione tra reddito e salute. Non abbiamo riscontrato cambiamenti effettivi nei biomarcatori della salute fisica, come il colesterolo, la glicemia e cose simili. Abbiamo riscontrato un aumento dell'utilizzo dell'assistenza sanitaria, per cui era più probabile che le persone si recassero dal dentista, che aumentassero i ricoveri. Ma questo non si è tradotto, nel periodo di tempo dello studio, in un miglioramento effettivo della salute”. Qual è la cosa che l’ha sorpresa maggiormente? “Probabilmente il fatto che ci sia stato un aumento di interesse per l'imprenditorialità. Le persone volevano avviare nuove attività anche se poi questo desiderio non si è tradotto in realtà. Ad eccezione che per i gruppi sottorappresentati, come le donne e i partecipanti di colore. In quel caso c’è stato un aumento nell’avvio di imprese”. Come è stato condotto lo studio? “All'inizio, a metà e alla fine della ricerca sono state effettuate delle indagini con un intervistatore. Abbiamo anche inviato sondaggi ogni mese. Avevamo un'applicazione che consentiva alle persone di inserire una sorta di diario per raccontare come trascorrevano le proprie giornate. Uno dei veri vantaggi di questo studio è che è estremamente completo. Abbiamo progettato lo studio non solo per conoscere l'impatto del denaro contante, ma anche per capire cosa succede nella vita delle persone e quali altri tipi di politiche o programmi potrebbero essere utili. Qual è stata la prima reazione dei partecipanti quando li avete invitati a partecipare? “C'è stata sicuramente molta sorpresa, un po' di scetticismo. Molti di loro non credevano davvero che sarebbe arrivato il denaro. Ma una delle cose che mi ha colpito di più è che in quel momento, alcune persone, hanno parlato delle loro necessità. A una persona, ad esempio, era morto da poco il padre ma non poteva permettersi le spese per il funerale. Un'altra stava per abbandonare gli studi per motivi economici. Per ogni persona con cui ho parlato, c'era qualcosa di unico che rappresentava un bisogno che doveva affrontare. E in quel momento il denaro contante era l'unico strumento che poteva essere usato”.