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Pa, con le procedure per i microacquisti i costi occulti arrivano fino al 22%: lo studio

Economia

Le prassi utilizzate dagli Enti pubblici accrescono in maniera sostanziale l'utilizzo delle risorse pubbliche per le spese dirette. Gli aumenti per quelle al di sotto dei 500 euro arrivano fino al 60%. La ricerca, commissionata da Amazon Business, è stata condotta da Nomisma

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Le procedure utilizzate da parte della pubblica amministrazione per gestire gli microacquisti (ossia con costi inferiori a 5mila euro) comporta costi "occulti" che incrementano significativamente la spesa sostenuta degli enti pubblici per queste operazioni, con punte che arrivano fino al 22% del totale. Lo rivela uno studio commissionato da Amazon business e condotto da Nomisma, società di consulenza e ricerce di mercato, il cui obiettivo era comprendere le modalità e le prassi adottate dagli enti della Pa per l'acquisto di beni al di sotto della soglia comunitaria, con particolare attenzione a quelli  di valore inferiore a 5mila euro, inclusi gli acquisti immediati e quelli di minore rilevanza.

Come è condotto lo studio Nomisma

L'analisi di Nomisma è suddivisa in tre parti: una revisione delle normative, procedure e strumenti relativi all'acquisto di beni al di sotto della soglia comunitaria da parte delle Pa; un'indagine dettagliata sulle azioni intraprese da un campione di Comuni italiani; un'ultima parte focalizzata sull'ascolto di vari enti della Pubblica amministrazione come Regioni, Comuni, scuole e università, per esaminare le loro prassi comuni di acquisto e calcolarne l'impatto sul costo complessivo dei prodotti acquistati. Nonostante le procedure ordinarie rimangano sempre un'opzione disponibile, le stazioni appaltanti possono procedere con l'affidamento di lavori, servizi e forniture di valore inferiore alle soglie tramite affidamenti diretti e procedure negoziate. La scelta della procedura di affidamento varia in base all'importo complessivo dell'appalto.

Aumenti del 60% per gli acquisti inferiori ai 500 euro

Le interviste condotte hanno rivelato che le prassi di acquisto relative ai micro-acquisti degli enti comunali comportano costi che incidono notevolmente sulle uscite. In media a livello nazionale, per gli acquisti inferiori a 5mila euro, i costi associati alle procedure aumentano la spesa pubblica del 22% rispetto al valore dei beni acquistati; nel caso di acquisti inferiori ai 500 euro, questa percentuale raggiunge addirittura il 60%. Ciò significa che, con le attuali modalità di acquisto, un bene dal valore di mercato di 50 euro comporta una spesa totale di 80 euro per il Comune.

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Processi procedurali coinvolgono fino a 11 fasi

Le procedure di acquisto, anche se semplificate, comportano una serie di passaggi decisionali e autorizzativi che richiedono un notevole impegno di ore lavorative. A ciò si aggiunge il tempo impiegato per la ricerca dei fornitori, la valutazione delle offerte e la gestione dei pagamenti. Il processo procedurale può coinvolgere fino a 11 fasi, che vanno dalla selezione dei fornitori all'archiviazione della determina, passando attraverso diverse approvazioni e verifiche, coinvolgendo fino a quattro risorse umane distinte.

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Nella Pa è limitato l'uso della carta di credito come pagamento

Un ulteriore elemento critico, emerso dalle interviste, è la limitazione della Pa nell'uso della carta di credito come metodo di pagamento, il che di fatto ostacola l'acquisto di beni e servizi tramite piattaforme di e-commerce. Inoltre, l'analisi sul campo ha rivelato che i Comuni, specialmente quelli di dimensioni ridotte, utilizzano in misura limitata l'e-procurement (processo grazie al quale aziende ed enti pubblici acquisiscono beni e servizi da fornitori online) dando preferenza a fornitori locali nel rispetto del principio di rotazione. D'altra parte, istituzioni come le università e le scuole mostrano una maggiore predisposizione all'uso di piattaforme elettroniche per gli acquisti, sebbene le forniture di valore inferiore a 5mila euro rappresentino una quota marginale del loro totale degli acquisti. L'indagine ha rivelato anche che in alcuni casi i beni acquistati tramite convenzioni vengono conservati nei magazzini centrali della Pa, contribuendo all'accumulo di scorte anno dopo anno, il che porta inevitabilmente all'obsolescenza dei prodotti ad alta tecnologia.

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