Secondo la Corte "la pensione d’inabilità nonché l’assegno di invalidità civile non possono essere riconosciuti a favore di soggetti il cui stato di invalidità si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni". La decisione riguarda il ricorso di una donna che aveva richiesto l’accertamento della propria invalidità civile
Secondo una sentenza della Corte di Cassazione, dopo i 65 anni d'età la pensione d’invalidità civile non può essere riconosciuta. La decisione riguarda il ricorso di una donna che aveva richiesto l’accertamento della propria invalidità civile. Quest'ultimo era stato respinto dal tribunale, ma accolto in appello dove alla donna era stata riconosciuta la sussistenza del requisito da gennaio 2015. Avendo in quel momento la titolare della pensione già compiuto 65 anni, l’Inps aveva deciso di fare ricorso in Cassazione.
La sentenza
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Inps sulla base dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 509/1988 il quale prevede che "la pensione di inabilità e la pensione non reversibile di cui all’articolo 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni, sono concesse, rispettivamente, ai mutilati ed invalidi civili ed ai sordomuti di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno, fermi restando i requisiti e le condizioni previste dalla legislazione vigente". Secondo la Cassazione quindi "la pensione d’inabilità nonché l’assegno di invalidità civile non possono essere riconosciuti a favore di soggetti il cui stato di invalidità si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni, come si evince dal complessivo sistema normativo, che, per gli ultra sessantacinquenni, prevede l’alternativo beneficio della pensione sociale". Secondo la sentenza quindi la donna avrebbe dovuto perdere la pensione di invalidità al compimento dei 65 anni, così come previsto dalla legge e dagli adeguamenti annuali dell’epoca di riferimento.
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Cosa prevede il decreto
Il raggiungimento della soglia d'età però non comporta la perdita di ogni tipo di trattamento. Il decreto legislativo stabilisce infatti l’accesso a un beneficio alternativo, ossia l’assegno sociale, funzionale anche in misura sostitutiva di altri trattamenti già erogati fino all’età massima consentita. Il principio è che una volta raggiunta l’età per la pensione si perde il diritto alla pensione di invalidità e di inabilità perché si accede all’assegno sociale che sostituisce i due trattamenti precedenti.
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Da quest'anno la pensione di invalidità civile e quella di inabilità sono riconosciute da 18 anni a 67 anni perché il requisito anagrafico è stato aggiornato in base ai requisiti pensionistici. Chi ha già compiuto 67 anni quindi non può più richiedere o comunque continuare a beneficiare della pensione di invalidità civile o di inabilità, ma deve ricorrere all’assegno sociale. La pronuncia della Cassazione quindi riflette la normativa di riferimento, applicata secondo l’arco temporale per cui l’Inps aveva ritenuto non dovuto il contributo pensionistico.