Primi passi per aumentare le estrazioni di metano con l’obiettivo di raffreddare le fatture energetiche. Il nostro Paese potrebbe raggiungere un'autonomia del 10 per cento. I tempi però rischiano di essere lunghi. Dubbi anche sulla portata dei benefici. Il governo intanto studia altri interventi
Raddoppiare la produzione di gas tricolore e raggiungere un’indipendenza dall’estero di circa il 10 per cento dei consumi. Sono queste le stime che circolano da qualche tempo legate a un aumento dell'estrazione del nostro metano per fronteggiare il caro-bollette.
Trivelle, il nuovo piano
L’idea è sul tavolo del governo e caldeggiata, fra gli altri, dal ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani. Proprio lui ha spiegato diverse volte che si potrebbe pompare più gas dai pozzi esistenti nel nostro Paese, senza mettere nuove trivelle. Il complesso documento pubblicato dal suo dicastero nei giorni scorsi va in questa direzione. Non si parla esplicitamente di quanto si potrebbe produrre di più: è una sorta di piano regolatore che, da un lato mette il freno a nuovi permessi per il petrolio e dall’altro dà una spinta al gas. Servono dunque nuove norme per sbloccare – in concreto – la moratoria stabilita nel 2019.
Più autonomia dall'estero
Duplicare la quantità di metano nazionale significherebbe portare la nostra quota a circa 7 miliardi di metri cubi, a fronte degli oltre 70 consumati nel 2021. Attualmente importiamo quasi tutto il gas - necessario per produrre elettricità, accendere i riscaldamenti e cucinare - principalmente da Russia e Algeria. E sappiamo che se estraessimo tutto il metano che c'è sottoterra e in mare, questo basterebbe per un anno o poco più.
Burocrazia e rischio ricorsi
Ma quanto tempo ci vorrebbe per raddoppiare la nostra quota? Farlo nel giro di dodici mesi appare molto ottimistico: c’è il peso della burocrazia e il rischio di ricorsi (soprattutto degli ambientalisti). Sugli effetti c’è da considerare che i prezzi del gas non scenderebbero e che servirebbero costosi investimenti; si risparmierebbe però sui costi delle importazioni, sulle tasse (l'Iva) e si potrebbero fare accordi coi produttori italiani (che aumenterebbero i loro affari) per calmierare le tariffe. Nel complesso, dunque, si tratterebbe solo di un contributo all’argine ai rincari che il governo sta studiando, dopo gli oltre 10 miliardi stanziati dall’estate scorsa.