In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

L'Ue vuole diventare un po' più autonoma sui microchip: pronti 15 miliardi freschi

Economia

Lorenzo Borga

Nuovi investimenti e regole sugli aiuti di Stato allentate per quadruplicare la produzione europea di microchip. LO SKYWALL

Condividi:

Il Chips Act "sosterrà l'ambizione dell'Ue di diventare leader nel settore" dei semiconduttori. Sono parole impegnative quelle della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Le ha espresse presentando il piano europeo per potenziare la produzione di microchip, su cui oggi l'Ue vale poco meno del 10 per cento (soprattutto sui prodotti a minor valore aggiunto).

Investimenti per 15 miliardi freschi

Il piano - chiamato l'European Chips Act richiamando quello americano da 50 miliardi di dollari - prevede investimenti aggiuntivi per circa 15 miliardi di euro, tra soldi pubblici e privati, che si aggiungeranno ai 30 già stanziati, e un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato. In questo modo la Commissione vuole raggiungere il 20 per cento di produzione globale entro il 2030: una sfida importante, che richiederà di quadruplicare il volume di produzione visto che nello stesso periodo il mercato globale dei semiconduttori è previsto raddoppiare.

Allentate regole su aiuti di Stato

Se il pacchetto verrà approvato sarà possibile per gli Stati europei sussidiare con risorse pubbliche la produzione di chip nel continente. Le aziende interessate a investire potranno ricevere aiuti pubblici, anche se - come ha detto la commissaria Vestager - non sarà consentito innescare competizioni a chi offre di più: "Non si può passare da un governo all'altro per cercare di farsi dare un sussidio ancora più alto da qualcuno". E l'Unione Europea potrà attivare un meccanismo di controllo delle esportazioni extra-Ue in caso di carenza di microchip, una situazione analoga a quella odierna, come avviene per i vaccini.

A cosa servono i semiconduttori?

I semiconduttori sono fondamentali per la transizione tecnologica e quella energetica. Sono infatti essenziali per il funzionamento di tutta l'elettronica di consumo, ma anche dei server e delle reti elettriche. E ancor più lo sono per il settore automotive, che nel 2021 ha così tanto sofferto la carenza di microchip. Non è un caso infatti che l'anno scorso le vendite globali di autoveicoli siano cresciute decisamente meno del rimbalzo economico in atto.

"Gap di competitività del 33%"

A questo proposito è intervento a Sky TG24 Business (guarda qui l'intera puntata dell'8 febbraio) Claudio Campanini, Kearney Italia, che ha detto: "Il problema per l'Ue oggi è evitare di sparire dal mercato mondiale dei chip. Oggi in Europa mancano gli stabilimenti produttivi" soprattutto da quando il processo produttivo dei semiconduttori si è diviso in due e mentre "la parte di disegno è rimasta principalmente negli Stati Uniti e in Europa," invece "la parte di fabbriche si è spostata nel sud-est asiatico per un tema di competitività dei costi".  Campanini ha aggiunto che "i sussidi pubblici in questo settore sono fondamentali per l'Europa: per costruire una fabbrica, le cosiddette Mega Fab, ci vogliono 18 miliardi di euro e circa 3-4 anni e nel sud-est asiatico abbiamo queste cosiddette Mega Fab. E noi abbiamo una differenza di 33% di competitività di costo rispetto al sud-est asiatico. Se questo gap non viene colmato con i sussidi pubblici, già presenti in Asia, non saremo in grado di competere".