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La crisi dell'Argentina: nuovo crollo del peso

Economia

Mariangela Pira

Finanza & Dintorni

La crisi dell'Argentina: nuovo crollo del peso e tassi al 60%. Un film già visto, ormai 17 anni fa. Ecco cosa sta accadendo, per tutti. 

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Si ha una sensazione di deja vu guardando a quanto accade in Argentina. E non senza motivo, dato che è un film che abbiamo già visto. Per la precisione, 17 anni fa. L'espressione 'Tango Bond' ancora oggi fa ancora venire i brividi ai 450 mila risparmiatori italiani che ne furono travolti.

Un default sul debito sovrano, quello argentino, da oltre 90 miliardi di dollari i cui effetti si sentirono in tutto il mondo, con ripercussioni anche in Italia. Buenos Aires potrebbe essere, ancora una volta, sull'orlo del precipizio. Tutto è partito da un discorso del presidente Macrì in tv. Ha comunicato ai cittadini di aver chiesto al Fondo Monetario Internazionale di accelerare il piano di aiuti da 50 miliardi di euro. Meno male che lo ha fatto per rassicurare... ovviamente così non è stato. Gli investitori si sono spaventati, hanno iniziato a vendere pesos (perché quando un investitore teme che l'economia di un paese crolli, inizia sbarazzarsi della valuta del paese). Se per un dollaro bastavano 20 pesos ad aprile scors, ieri ne servivano 40,5. 

Tutto quindi è partito dalla valuta che da inizio anno si è svalutata del 40% e ha innescato una spirale, costringendo la banca centrale ad alzare i tassi tre volte in una sola settimana a maggio. Alzare i tassi è una mossa che le banche centrale utilizzano per calmierare i prezzi. Ieri li ha alzati ulteriormente, al 60%. Ma raramente queste mosse vanno a finire bene. Quando i tassi sono così alti, i risparmi dei cittadini si polverizzano e si impedisce l'accesso ai mutui di moltissime famiglie. L'inflazione sale alle stelle, in media del 25%, rendendo più costosi i beni più importanti. Alcuni esempi? Gli aumenti delle bollette sono arrivati al 300% penalizzando i più poveri e la classe media.

La colpa viene attribuita alla passata amministrazione a guida Cristina Fernandez de Kirchner, ma sta di fatto che, nonostante l'economia argentina abbia ripreso a crescere al ritmo del 3% nell'ultimo anno e mezzo, i risultati delle riforme del presidente conservatore Mauricio Macri, cui tutto il mondo - soprattutto nel primo biennio di presidenza - guardava con fiducia, stentano ad arrivare. Il problema forse, a differenza del 2001, resterà contenuto ma i numeri dicono altro. La Casa Rosada negli ultimi due anni ha potuto indebitarsi per 100 miliardi di dollari e ha emesso una obbligazione sovrana - di quelle, per intenderci, con cui si bruciarono gli investitori italiani -  a 100 anni, insolito che uno stato andato in default due volte negli ultimi 17 anni possa farlo.