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Donne nei cda, restano le barriere

Economia

Mariangela Pira

Finanza & Dintorni 

Donne nei cda, restano le barriere. Non parliamo poi delle posizioni apicali. Ora che Indra Nooyi non è più a.d. di PepsiCo restano 24 le donne ai vertici delle società a Wall Street: il 4.8% del totale. Nel mio blog qualche riflessione a proposito. 

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E furono 24. Dopo l'annuncio della partenza dell'amministratore delegato di PepsiCo Indra Nooyi, ci sono solo 24 donne alla guida delle più importanti società quotate che costituiscono l'indice S&P 500 a Wall Street: il 4.8% del totale. 

E il numero è in calo, senza prospettive di miglioramento. Altre due donne recentemente avevano lasciato il ruolo di amministratore delegato, Denise M. Morrison del gruppo Campbell Soup e Irene Rosenfeld del produttore di snack Mondelez International. Quest'anno è stata "promossa" solo una donna, Kathy Warden della società di difesa Northrop Grumman. 

E l'Italia? Per la prima volta nel 2017 (dati Cerved per la Fondazione Bellisario che potete leggere qui) le donne che siedono nei consigli di amministrazione delle società quotate è maggiore di un terzo rispetto al totale dei membri dei cda. I casi di donne che ricoprono la carica di amministratore delegato però restano marginali, sono il 7,9% del totale delle società, sebbene superiori ai valori che si registrano negli Usa.

Se la quota delle donne presenti nei cda supera un terzo è grazie alla legge Golfo-Mosca che aveva fissato tale obiettivo, per far sì che la presenza femminile in stanze storicamente appannaggio dell'uomo fosse soggetta a norma. 

Ora, io non ho mai creduto alle cosiddette quote rosa. Resto convinta che in una società normale non ci dovrebbero essere forzatura. Normale, appunto. Poiché nel nostro e in altri paesi non è così, e tra un candidato uomo e un candidato donna il merito non è il fattore che determina la scelta, la spinta data dalla legge ha aiutato eccome. Perlomeno contro la discriminazione di genere (che senza la Golfo-Mosca ci sarebbe stata) e a dirlo, come abbiamo visto, sono i numeri. Ho anche sperato che questa legge, e ci spero ancora, che questa legge serva da passaggio, da scatto culturare, da aiuto per far capire come dovrebbe funzionare. Anche perché nonostante i recenti miglioramenti, se guardiamo ad altre classifiche come quella annuale del World Business Forum sui divari di genere, l'Italia ha perso 32 posizioni.

Come ha sottolineato ieri in un illuminante editoriale sul New York Times Andrew Ross Sorkin, le donne ancora oggi - se nei cda o ai vertici dell'azienda - a parità di incarico devono fare di più rispetto agli uomini. E le barriere non accennano a diminuire. "Il vecchio modello - spiega Indra Nooyi a Sorkin - prevedeva che la donna seguisse il marito ovunque, se egli veniva trasferito. Oggi invece ci si siede intorno a un tavolo e se è una donna ad essere scelta per un trasferimento ci si chiede cosa accadrebbe a suo marito e ai figli". Leggendo le ultime da Wall Street sembra che la strada per poter arrivare alla parità di genere sia sempre più complicata.  

E con "complicata" penso Sorkin intenda quello che anch'io percepisco come la grande barriera, ovvero il doppio standard quando si devono giudicare un uomo e una donna.  E' questo che è difficile da sradicare. E' un po' il problema di Fred Astaire e Ginger Rogers. Ginger faceva tutto e stava dietro (e con i tacchi alti!).