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Spread rialza la testa tra conti pubblici e fine Quantitative Easing

Economia

Mariangela Pira

(Foto: archivio Getty Images)

In questo momento l'Italia è considerata dagli investitori il malato d'Europa anche più di altri paesi, come la Grecia, protagonisti in negativo delle cronache finanziarie degli ultimi anni

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Torna, ancora una volta, la tensione sullo spread. L'Italia in questo momento è considerata dagli investitori il malato d'Europa, anche più di altri paesi  - come la Grecia - che pure in questi anni è stata protagonista in negativo delle cronache finanziarie.

Italia a rischio per gli investitori

Per gli investitori in questo momento, se si prendono in considerazione i titoli di stato che scadono dopo nove mesi, è più rischioso investire sui Buoni del Tesoro italiani che non su quelli ellenici, che rendono di meno perché, appunto, percepiti meno rischiosi. E dire che solo a maggio, il rendimento di quei titoli italiani era inferiore a quello dei greci di oltre l’1%. Oggi Atene, pur con tutti i suoi problemi, viene vista come inserita in una traiettoria fatta di controllo dei conti e di impegno da parte dei partiti ellenici a rispettare gli impegni europei. Il futuro dell'Italia, viceversa, viene percepito più incerto. E i timori maggiori riguardano il futuro immediato. In particolare che le misure promesse vengano realizzate in deficit, entrando in rotta di collisione con le  regole e dei vincoli europei.

La fine del Quantitative Easing

Oltre a questo, in vista c’è la fine del cosiddetto Quantitative Easing di Mario Draghi. Un programma messo in piedi dal governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi che ha aiutato in questi ultimi cinque anni l’economia della zona euro. 30 miliardi di euro pompati ogni mese e che hanno avuto il merito di abbassare i tassi di interesse. Questo nonostante le critiche dei paesi "diligenti" quali la Germania. Cos’è il quantitative easing? Immaginatevi un negozio di ciambelle. Questo negozio fa discreti affari  grazie a un signore che da anni ne compra in gran quantità. Un bel giorno questo signore comunica che nel giro di qualche mese si trasferirà dall’altra parte del mondo. Il negozio quindi si deve preparare al fatto che non venderà più tutte quelle ciambelle. Il miglior cliente, con i suoi acquisti regolari, non sarà più in circolazione. Per non rischiare di andare in crisi il negoziante dovrà trovare un modo di convincere nuovi clienti della bontà delle sue ciambelle. Ora, sostituite le ciambelle con i titoli di stato italiani, e il signore che ne comprava tante con la Banca Centrale Europea e avrete più o meno la definizione di quantitative easing, il programma messo in piedi da Mario Draghi e che in questi anni ha sostenuto il mercato dei titoli di Stato del nostro paese, nonostante le critiche dei paesi "diligenti" quali la Germania. Per intenderci, se il signore di cui parlavamo avesse una moglie che cerca di tenerlo a dieta capirete bene anche il ruolo svolto da Berlino in questi anni.

Scenari futuri

Partendo da questo presupposto, in che situazione ci troviamo ora? Che nei cieli d’Europa le cose potrebbero cambiare presto. Perché Mario Draghi potrebbe annunciare la fine di questa politica di acquisti massicci di titoli di stato dei paesi della zona euro. Pensate, ogni mese dal 2015 ha pompato nel sistema finanziario 30 miliardi di euro. La fine di questa misura potrebbe avere conseguenze sul nostro gigantesco debito pubblico e sul nostro spread, termometro per misurare la fiducia degli investitori stranieri nei confronti del nostro paese. La banca centrale europea infatti ha aiutato molto il nostro paese nella speranza che si mettessero in piedi misure per ridurre il nostro debito. Ma così non è stato. Anzi. Il debito è aumentato e questo fa pensare che finite le medicine, il malato stia peggio di prima. Stiamo forse uscendo ora, e timidamente, dalla più grave crisi economica del secondo dopoguerra. Come farà l’Italia con la mancanza di un paracadute così solido come è stato quello della Bce? Per Bloomberg la decisione chiave potrebbe arrivare nel consiglio direttivo che si terrà a Riga, in Lettonia, il 14 giugno. Oppure Draghi - vista anche l’attuale situazione italiana - potrebbe semplicemente anticipare al mercato che arriverà nella riunione successiva, quella del 26 luglio. In ogni caso, l’addio a questo stimolo monetario che si è rivelato importantissimo per la nostra economia - e che ormai sta per varcare il traguardo dei 2000 miliardi di euro - appare imminente.