Alla Lego i biglietti da visita sono "omini". E ora valgono ancora di più

Chi sa cosa avrebbe pensato Patrick Bateman se, in quella scena di American Psycho, al posto di una business card laminata in oro, avesse visto una minifigure Lego. E così sarebbe andata se solo il film fosse stato ambientato a Billund, nel cuore della Danimarca, dove ha sede l’azienda dei mattoncini e dove da decenni ai dipendenti vengono fornite le note statuine come biglietti da visita. Hanno il tradizionale aspetto della minifigure Lego: testa cilindrica, mani a chiave inglese e pelle gialla. Con la differenza che sulla maglietta, rigorosamente trapezoidale, si leggono il numero di cellulare e l’indirizzo mail del lavoratore. Il cui aspetto è ricalcato dalla statuina. Oggi Lego ha deciso di ritirare le business card per una controversia legata alla stampa di loghi di aziende terze, da parte di appassionati, sulle statuine. L’amministrazione le ha riservate alla sola famiglia Christiansen, proprietaria dell’azienda, e al tavolo direttivo, rendendole di fatto rarissime. E preziosissime. Stefano Debreri, un impiegato in banca romano di 49 anni, ne ha ancora 150 nella sua collezione, la più nutrita d’Italia, e sostiene che in breve tempo il loro valore potrà mediamente superare i 100 euro a pezzo. Lo abbiamo incontrato. 150 figli di plastica Quando lo contattiamo la prima volta, rimanda seccamente l’intervista perché si trova a Billund e, nella fabbrica Lego, non c’è tempo da perdere. Qualche giorno dopo, ci spiega tutto sulle “minifigure da visita”. “Mille, duemila, diecimila… Non esiste un numero esatto di business card perché molti dipendenti si sono avvicendati, altri sono andati in pensione e alcuni ne avevano più di una”. È un peccato per Debreri non conoscere la quantità di biglietti da visita circolanti perché, per il resto, non c’è una curiosità di cui non sia a conoscenza. “Una volta mettevano il numero di telefono sulla maglietta, poi l’hanno sostituito con le mail, e ognuna aveva le sue particolarità. C’è un responsabile attualmente in carica, che è solito girare a manifestazioni e in ufficio con la classica mug americana in mano. E, perciò, pure la sua business card ha la tazza”. Insomma, conosce tutte le minifigure. E ne possiede esattamente 150. Alcune ammette di averle comprate sul mercato del collezionismo, altre le ha scambiate con appassionati, ma la maggior parte le ha ottenute direttamente dalle mani dei dipendenti Lego. Sfidando il Covid verso Billund Tutto è iniziato a luglio 2020. Debreri era già collezionista e in Danimarca c’era l’occasione di ottenere un set esclusivo che si poteva trovare solo alla Lego House, dove il romano non aveva ancora mai messo piede. Un dettaglio non di poco conto: il Covid. “Sono andato da Roma a Milano. Lì, con un mio amico, siamo saliti in macchina attraversando tutta la Germania e sfidando il Covid tedesco. Arrivati in Danimarca, le restrizioni erano minori e siamo entrati alla Lego House, dove ci ha ricevuti il master designer”. Un incontro che gli ha cambiato la vita, perché è stato proprio il manager a donare la prima business card a Debreri che, dopo qualche ora passata a documentarsi e qualche giorno di permanenza a Billund, è tornato a Roma tenendone in tasca già 4 o 5. “In quel primo viaggio ho conosciuto un collezionista che è diventato mio amico e lui ne possedeva già 300, ma ha vita facile perché abita in Danimarca. Comunque ho visto la sua collezione, mi è piaciuta e mi sono detto di provare a metterne insieme il più possibile”. Per ora 150, in futuro vedremo. Prezzi da capogiro “Il loro valore aumenterà sicuramente adesso, ma non saprei dire quanto”. Il bando delle business card attirerà ancora più occhi sulle minifigure e renderà più esclusivi i pezzi in circolazione. Che già valgono molto: “Per la mia collezione puoi stimare una media di 100 euro a pezzo, ma la forbice è molto ampia. Si può spendere dai 70 ai mille euro per una minifigure”. A fare la differenza è la caratura del proprietario della business card e la “tiratura” della statuina. L’esempio perfetto è il biglietto da visita di Bali Padda, Ceo Lego per soli dieci mesi, la cui business card oggi vale oltre mille euro. Attenzione, però, a fidarsi dei prezzi che si leggono in rete: “Ebay viaggia su altri binari. Lì ci sono un sacco di persone che tentano di fare affari e gonfiano i prezzi, ma nel mercato del collezionismo le cifre sono molto più moderate”. Passione comunitaria Quando ha deciso di acquistare il suo primo set da adulto, Stefano Debreri era all’ospedale per un’operazione all’anca. Terminato il ricovero, si è concesso un regalo post-operatorio: il set dell’Aston Martin di James Bond. “Non l’avessi mai fatto”, ci dice sorridendo. Oggi casa sua - “con buona pace di mia moglie”, commenta ridendo – è invasa da set acquistati, chiusi in vetrinette, e set costruiti dallo stesso collezionista romano. Quello di cui va più fiero? “I quattro cani che Lego ha diffuso solo in Corea per l’anno del cane. Ne aveva diffusi pochissimi ed erano praticamente introvabili”. Oggi al collezionista non basta godersi i propri pezzi in solitudine e, per questo, li condivide con il suo Lug che si chiama “Brickout”. Lug è l’acronimo di Lego User Group e definisce comunità di appassionati ufficialmente riconosciuti dalla casa madre danese, che si riuniscono con la stessa passione per i mattoncini, scambiandosi consigli e mettendo in mostra i propri pezzi migliori in tutto il Paese e in Europa. “Il mio Lug è il più giovane d’Italia ma è già il primo del Meridione per l’importanza degli eventi che facciamo. Siamo 30-40 persone”. Oltre a infoltire ancora la propria collezione, a Debreri rimane un unico grande obiettivo: “Mi piacerebbe trasmettere la passione a mia figlia, ma vedremo in futuro se l’avrà. Non le metto pressioni”.

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