“Ragazzi interrotti”, i giovani tornano a raccontarsi a Sky TG24: LE NUOVE PUNTATE

Cronaca

Ilaria Iacoviello

Dopo il successo della prima serie, altre sei storie che descrivono il mondo degli studenti non solo alle prese con un anno di Dad ma anche con divieti e restrizioni che di fatto hanno bloccato sport, passioni e socialità. Ragazzi interrotti appunto, nella loro adolescenza ma non nei loro sogni. VIDEO

Ci hanno scritto, ci hanno raccontato le loro esperienze, ma soprattutto ci hanno chiesto di continuare a parlare delle loro vicende. La prima serie di Ragazzi Interrotti (LE PUNTATE) è stata una cartina di tornasole per capire quanto la cosiddetta “generazione Dad” avesse necessità di raccontarsi. E Sky non se lo è fatto ripetere due volte. È nata così la seconda serie di Ragazzi Interrotti, il nuovo format di Sky TG24 a cura di Ilaria Iacoviello e Stefano Sassi con la supervisione del vicedirettore Omar Schillaci e la collaborazione della Community ScuolaZoo, in onda dal 12 aprile all’interno di tutte le principali edizioni del tg, ma disponibile anche sul sito skytg24.it, on demand e sui canali social (GLI SPECIALI: SCUOLA - COVID).

La seconda serie di "Ragazzi interrotti"

Al posto di  MattiaAnitaMarwanMaria Zeta e Alessia, in questa nuova edizione troverete Massimiliano, Alfred, Luce, Alyssa, Alberto e la coppia Samuele e Sara: sei storie, in gran parte del centro Italia che, ancora una volta, testimoniano come i ragazzi non si siano mai dati per vinti pur convivendo con una situazione che li ha provati fisicamente e psicologicamente. Lo dicono gli esperti, lo testimoniano studi recenti, lo ammettono candidamente anche loro.

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Le storie tra determinazione, sogni e riscatto

Eppure non bisogna mai arrendersi e così ognuno ha continuato il suo percorso con maggiore consapevolezza e determinazione. C’è chi per aiutare il papà in difficoltà economica a causa della pandemia oltre a studiare ha trovato anche un lavoro realizzando siti internet. Oppure chi, avendo visto la madre ricoverata in ospedale per il Covid, ha cambiato idea sulla Dad per evitare di mettere in pericolo il resto della sua famiglia. E poi ancora storie di sogni e passioni come quella di un ragazzino dello Zen a Palermo, vittima di bullismo, che ha trovato il suo riscatto nella scuola e nel teatro, o come quella di una ragazza non vedente che, nonostante le difficoltà, non potendo più avere nessun contatto con i suoi amici - non potendo toccare le loro mani o non potendoli abbracciare - mai si è data per vinta. E poi l’amore dei tanti adolescenti, delle tante coppie come appunto Sara e Samuele separate dal lockdown: come potersi vedere e stare assieme? Come poter avere un po’ di intimità? Ce lo diranno proprio loro.
Buona visione!

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La storia di Alyssa

“Non vedo dalla nascita e per me la scuola è contatto, è sfiorare la mano della mia compagna di banco, è girarsi e sentire la voce dell’altra amica della fila dietro”. Alyssa compirà 18 anni il 29 giugno e, racconta, il 7 marzo 2020 con i suoi amici doveva festeggiare un diciottesimo: “Nel giro di un fine settimana la nostra vita è stata stravolta completamente, i progetti si sono bloccati senza neppure darci il tempo di capire. Quanto male all'inizio mi ha fatto abituarmi a sentire le voci così lontane, quanta fatica ho fatto per accettare o meglio per provare a rassegnarmi che, non potendo vedere le facce, il mio unico contatto con il mondo scolastico, sarebbero state soltanto voci lontane, quanta fatica ho fatto per far sì che tutto questo stravolgimento diventasse la normalità”.

Il racconto di Luce

“Quando ci hanno detto che avrebbero chiuso le scuole è scattato il panico, perché comunque, strano ma vero, a me piaceva andare a scuola. Era comunque un motivo per uscire di casa e incontrare altre persone: i compagni di classe o magari amici o amiche con cui stare al bar e fare colazione assieme”, racconta Luce, 19 anni, che frequenta un istituto superiore a L’Aquila. E aggiunge: “Con la didattica a distanza ci sono stati dei vantaggi e degli svantaggi: io personalmente ora riesco a organizzarmi meglio il lavoro e mi rendo conto che ottengo anche dei risultati migliori, di contro non c’è più l’interazione che c’era prima tra compagni di classe, sia nel bene che nel male... anche perché, se ci pensi, litigare in didattica a distanza è davvero più difficile!”.

La storia di Alfred

Alfred ha 15 anni, è nato a Palermo e frequenta il terzo anno del Liceo Linguistico. Il suo sogno è “diventare un attore, cantante e ballerino conosciuto”. “I miei genitori sono africani. Sono venuti qui per avere una vita migliore. Vivo in un quartiere di periferia chiamato Zen. Un quartiere che molte persone conoscono e identificano come rischioso, problematico e degradato. E purtroppo alcune cose sono vere. Altre invece no. Io voglio raccontare che lo Zen è anche altro a partire proprio dai suoi abitanti”, dice. Aggiunge di essere stato vittima di bullismo per il colore della sua pelle, ma aggiunge: “Io non ho frequentato soltanto le scuole del quartiere, mi sono spostato. Quindi so che le difficoltà che ho incontrato non sono legate allo Zen, ma all’ignoranza. Ho fatto fatica a capirlo, ma quello che spingeva le persone a bullizzarmi non era sempre legato alla cattiveria, ma più spesso all’ignoranza”.

Il racconto di Massimiliano

Il protagonista della quarta puntata è Massimiliano, 17 anni, studente della quarta superiore di un istituto tecnico di Trieste. Dell’anno scorso, quando a causa della pandemia ha dovuto fare i conti con la didattica a distanza, racconta: “Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati chiusi in casa, davanti a un computer. Ci sono rimasto malissimo. Il primo periodo non è stato semplice, la scuola non era ben organizzata. Per fortuna sono rimasto in contatto con i miei amici. A settembre abbiamo ricominciato in presenza, ma dopo soli due mesi siamo rimasti di nuovo a casa. Io sono una persona solare, ma quel periodo è stato comunque faticoso”. Rivela di aver avuto “un esaurimento nervoso” e  “problemi col cibo”. Poi condivide anche i brutti di ricordi di quando sua madre è finita in ospedale a causa del Covid: “Sapevo che lì era seguita dai medici e per questo ero tranquillo, ma dall’altra parte ero spaventato per la sua assenza. Mia madre è stata in ospedale una settimana ed è stata una settimana tremenda. Non avere più la tua mamma che ti dà il buongiorno, che ti dà l’affetto quotidiano: ora ho capito cosa vuol dire. Quello che ho vissuto mi ha fatto tanto riflettere. All’inizio ero contrario alla didattica a distanza ma da quando mia madre è stata male ho cambiato opinione”.

La storia di Sara e Samuele

Samuele ha 19 anni e sta insieme a Sara da un anno. All’inizio della quarantena si erano lasciati, ma “abbiamo ricominciato a sentirci per lavorare insieme ad un lavoro di gruppo per scuola”, racconta Samuele. Ma proprio durante il lockdown si sono riavvicinati, anche se “iniziare e portare avanti una relazione in quarantena non è affatto facile, ci vuole forte intesa e complicità”. Poi l’apertura del 4 maggio: “La prima volta che ho rivisto Sara dopo tutto quel tempo è stato strano, aveva una mascherina enorme e si vedevano praticamente solo gli occhi, bellissima e indimenticabile”, dice Samuele. Poi l’estate e l’autunno con la risalita dei contagi, “si capiva che le cose non sarebbero andate bene da lì a poco e ogni settimana poteva essere l’ultima prima di un altro confinamento”. "A settembre siamo tornati in DAD, ovvero metà classe in presenza e metà classe a casa - racconta Sara - E lì ci siamo ritrovati di nuovo divisi. Quando io stavo in presenza, lui era a casa e viceversa. Sono state settimane difficili, sentire la sua voce e non poterlo vedere, stare in mezzo alle controversie dei due gruppi (che erano sempre l’uno contro l’altro) e non poterci parlare. Dopo Natale è ricominciata la DAD, in cui ci troviamo tutt’ora, ma questa volta ci hanno permesso di organizzare a noi i gruppi, e finalmente siamo nello stesso gruppo".

La storia di Alberto

Uno dei protagonisti è Alberto, 17 anni, di Castellammare di Stabia, che frequenta il quarto anno del Liceo Scientifico “Francesco Severi” opzione Scienze Applicate. “Durante il primo lockdown avevo molto tempo libero, perché la scuola si era fermata e anche la mia vita sociale", ha spiegato. "Siamo rimasti senza sentire i professori per un mese e mezzo, solo qualcuno di loro ci ha contattato per sapere come stavamo ma le lezioni non c’erano. Sono ricominciate successivamente ma io dovevo trovare lo stesso qualcosa da fare perché questo è sempre stato il mio carattere. Sono abituato a stare sempre fuori casa tanto che mia madre, pur andando bene a scuola, mi ha sempre detto: “guarda che questa casa non è un albergo”. E così non potendo uscire, ho iniziato da autodidatta a studiare tutto quello che riguardava il mondo dell’informatica che è una delle mie passioni. In particolare mi sono dedicato alla realizzazione di siti web, che inizialmente erano uno svago e poi sono diventati un piccolo lavoretto”.

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