
È passato oltre mezzo secolo da quando l'Arno esondò nel capoluogo toscano: per salvarlo arrivarono da tutto il mondo "gli angeli del fango". L'acqua provocò 35 morti (17 in città, 18 nella provincia) e danni inestimabili

4 novembre 1966: sono passati 57 anni da quando l’alluvione colpì Firenze, cittadini e patrimonio artistico, con la sua furia di acqua e fango
GUARDA IL VIDEO: L'alluvione di Firenze, il raccontoEra un venerdì di festa nazionale e, dopo giorni di forte maltempo, i fiorentini si svegliarono con l’Arno che aveva invaso la città trascinando tutto con sé. Una targa in via dei Neri, nel quartiere di Santa Croce, ricorda il punto più alto raggiunto dalla piena: 4 metri e 92 centimetri
Coldiretti: 1600 eventi estremi nel 2021 e aumenta la conta dei danniMorirono 35 persone: 17 a Firenze, 18 in provincia. Probabilmente, se non fosse stato un giorno festivo, le vittime sarebbero state molte di più. Musei, chiese, luoghi d’arte si allagarono: l’acqua entrò in Palazzo Vecchio, nel Duomo, nel Battistero, sventrò le botteghe degli orafi sul Ponte Vecchio, procurando gravi danni anche al soprastante Corridoio Vasariano
G20: solo 6 Paesi hanno alzato i target sul climaPer diverse ore si era temuto che i morti, soprattutto nel capoluogo toscano, fossero centinaia: l’acqua, infatti, aveva inondato diversi negozi trascinando via molti manichini che sembravano cadaveri
L’Arno ruppe gli argini, dopo giorni di pioggia, poco dopo le cinque di mattina di 57 anni fa all’altezza del lungarno Acciaioli e del lungarno delle Grazie, mentre il torrente Mugnone inondava la zona intorno al Parco delle Cascine
L’acqua entrò in città e travolse tutto: case, negozi, monumenti. Furono migliaia le opere d’arte danneggiate, milioni i volumi sommersi, oltre 20mila le macchine trascinate via. Oltre alle 35 vittime, quasi 20mila le famiglie alluvionate e 4mila quelle rimaste senza casa
Per aiutare Firenze (la popolazione, ma anche il patrimonio artistico colpito) furono tantissime le persone che arrivarono da tutt’Italia e anche da altre parti del mondo. Soprattutto giovani, ma non solo. I cosiddetti “angeli del fango” (definizione coniata dal giornalista del Corriere della Sera Giovanni Grazzini): volontari che, dormendo dove capitava, diedero una mano a spalare la melma, distribuire viveri, recuperare libri, quadri e altre opere d’arte
“Fiorentini! In questo momento mi giunge la triste notizia che l'acqua dell'Arno è arrivata in piazza del Duomo. In alcuni quartieri” è “al primo piano. È lì che deve giungere anche l'aiuto più urgente. Invito tutti alla calma e a ridurre al minimo la circolazione, mentre prego i possessori di battelli di gomma e di mezzi anfibi, anche in plastica, di farli affluire in Palazzo Vecchio, per gli immediati soccorsi sanitari, alimentari e di salvataggio”: disse l’allora sindaco Bargellini via radio
Firenze in quel momento era isolata: saltati telefoni e luce, interrotte anche autostrade e ferrovia. Mentre l’Arno invadeva la città, per molto tempo nessuno (neppure a Roma) si rese conto di quanto stava succedendo. Non esisteva ancora un quartier generale della protezione civile né un'altra struttura in grado di monitorare l'evolversi di una situazione di crisi. Il fiume Arno, a monte di Firenze e dentro la città, non era nemmeno classificato in una delle categorie a rischio idraulico
Solo ore dopo i telegiornali e le radio nazionali iniziarono a raccontare. E le immagini crearono una mobilitazione senza precedenti. Nelle ore e nei giorni successivi scattò una corsa contro il tempo per salvare non solo vite, ma anche il patrimonio artistico della città. Danneggiato in modo irrimediabile, tra le altre cose, il Crocifisso di Cimabue conservato nella Basilica di Santa Croce (a sinistra). Migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti e rare opere a stampa, furono coperti di fango
Su tanti monumenti, in tante chiese, rimasero impresse le tracce del livello raggiunto dall’acqua. Anche la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze fu spalancata dall’Arno e dalle ante sbattute violentemente si staccarono quasi tutte le formelle del Ghiberti
Nessuno pensava che qualcosa del genere sarebbe potuto accadere, sebbene avesse piovuto tanto sul finire di ottobre e senza sosta il 3 novembre. E sebbene l'Arno, la sera prima di quel 4 novembre, fosse "gonfio" da far paura
Solo verso sera l’acqua, che aveva continuato a salire per buona parte del giorno, iniziò a ritirarsi. Lasciando vittime, desolazione e un mare di fango. In una città al buio e al freddo
Il primo ad arrivare del Governo, avvisato da un assessore, fu il ministro Giovanni Pieraccini. Riuscì a raggiungere Firenze dopo 8 ore di viaggio: “Credo di essere stato il primo nella storia – ha ricordato – a entrare in gommone a Palazzo Medici Riccardi”
Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze ma l'intero bacino dell'Arno, sia a monte sia a valle della città
Una delle targhe che ancora oggi ricordano l’altezza che raggiunse l’Arno a Firenze nel 1966 –