Whistleblowing, prima sentenza in Italia che riconosce il danno morale

Un'agente di Polizia Locale aveva coraggiosamente segnalato una serie di irregolarità amministrative sia ad ANAC che alla Guardia di Finanza. La lavoratrice aveva denunciato privilegi e irregolarità nella erogazione dei buoni pasto, delle indennità di turno e dei permessi studio in favore di soggetti che non aveva maturato alcun diritto. Successivamente, nel luglio 2019, l’agente della Polizia Locale aveva presentato denuncia alla Guardia di Finanza per ulteriori irregolarità che riguardavano la richiesta di cofinanziamenti, l’erogazione di proventi o notifiche di sanzioni amministrative e altrettante irregolarità nei criteri di valutazione delle performance e del pagamento dei premi di produttività. Dopo le denunce della lavoratrice sono seguiti sistematici comportamenti vessatori. Intimidazioni, minacce e aggressioni verbali di colleghi, dichiarazioni denigratorie nel corso di riunioni ufficiali, l’isolamento nei rapporti con colleghi e superiori e il demansionamento dalle normali funzioni. Per diverso tempo, la dipendente era stata isolata in un ufficio con temperature molto rigide senza riscaldamento, nella completa segregazione dagli altri dipendenti e senza adeguati dispositivi di protezione individuale e di autodifesa, subendo un’aggressione violenta da parte di un soggetto che le aveva provocato l'avulsione parziale di tre denti, ipoacusia monolaterale e successivi attacchi di panico con ansia e fobie. Considerata la gravità dei fatti accertati, in applicazione dell’art. 45 bis del decreto legislativo n. 165/2001 che disciplina la tutela del whistleblower , il Tribunale ha qualificato le misure ritorsive e discriminatorie denunciate dalla lavoratrice illecite e vietate, stigmatizzando la condotta negativa dell’ente pubblico che aveva colpevolmente ignorato gli obblighi di protezione che la legge impone ai datori di lavoro pubblici e privati. Il Giudice ha accertato che la progressiva mortificazione della lavoratrice, il suo isolamento sistematico con l’ingiustificato demansionamento aveva generato un ambiente lavorativo ostile, nocivo e stressante cui aveva dato causa lo stesso superiore gerarchico, con grave violazione di principi fondamentali e inderogabili di tutela della persona e della dignità di ogni singolo lavoratore. La responsabilità del datore di lavoro è stata confermata per aver omesso ogni misura idonea a prevenire gli illeciti ai danni della dipendente e per non avere fornito la prova contraria che le condotte illecite non fossero collegate alle denunce della lavoratrice. Nel corso dell’istruttoria, il Tribunale ha valorizzato le testimonianze concordi sul clima ostile, le certificazioni mediche sul disagio psicologico e la documentazione sulle segnalazioni e sulle sistematiche reazioni ritorsive dell’amministrazione, giungendo per la prima volta in Italia alla condanna del risarcimento morale in favore della vittima di illeciti nel corso di un rapporto di lavoro. Il danno morale di euro 25.000,00 è stato determinato in via equitativa considerando il concorso delle seguenti circostanze: l’intensa sofferenza soggettiva accertata dai consulenti del giudice, il protrarsi dei comportamenti illeciti per oltre tre anni, il clima ostile e ritorsivo contro la lavoratrice e l’aggressione fisica subita durante l’orario di lavoro. La sentenza è di fondamentale importanza nell’attuale scenario giudiziale in quanto afferma alcuni principi di grande valore giuridico e sociale. Il whistleblower ha diritto di essere protetto in modo pieno e senza eccezioni. Ogni misura ritorsiva ai suoi danni è vietata e deve essere denunciata e punita. L’ambiente di lavoro deve essere preservato e tutelato da qualunque fenomeno e comportamento diretto a stabilire un clima stressogeno e nocivo per la salute psicofisica dei lavoratori. Il datore di lavoro risponde anche solo per colpa per la violazione dell’art. 2087 del Codice civile che obbliga di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale di ogni singolo lavoratore. Il danno morale provocato al lavoratore deve essere risarcito anche in assenza di un danno biologico e di una invalidità permanente, a conferma della sua autonomia sul piano risarcitorio che consolida la posizione dei lavoratori in contesti di criticità e difficoltà nelle condizioni di lavoro. La sentenza del Tribunale di Bergamo ha valore esemplare per ogni amministrazione pubblica e privata obbligate a garantire un ambiente di lavoro sicuro, collaborativo e privo di ritorsioni e reazioni ostili nei confronti di chi segnala irregolarità e illeciti che con la disciplina del whistleblowing riceve incondizionata protezione e tutela.

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Whistleblowing, prima sentenza in Italia che riconosce il danno morale

Giovanni Reho