Tra gli invisibili di Borgo Mezzanone, il ghetto dimenticato di Foggia

Tornare nel ghetto di Borgo Mezzanone è sempre un pugno nello stomaco. Difficile rassegnarsi all’idea che, ancora nel 2025, degli esseri umani possano essere lasciati vivere in baracche fatiscenti e senza servizi, circondate da animali randagi e rifiuti di ogni genere. A maggior ragione, poi, se realizzi che l’occasione per cancellare questa vergogna si era finalmente creata, ma è andata miseramente sprecata, purtroppo. Parliamo dei 114 milioni di euro che il Pnrr aveva destinato proprio al superamento dei ghetti; soldi preziosi che qui in Puglia, ormai è certo, non arriveranno mai. Nonostante la nomina di un “commissario straordinario per gli insediamenti informali” che avrebbe dovuto aiutarli e coordinarli, i Comuni nei cui territori si trovano i ghetti non sono stati in grado di elaborare e presentare i progetti necessari. La fetta più grande della torta dei fondi Pnrr era destinata proprio alla “pista” di Borgo Mezzanone. Sulle lunghe strisce di asfalto dove un tempo decollavano e atterravano gli aerei militari, da anni ormai sorge quella che viene considerata la più grande baraccopoli d’Italia. Ci accoglie un signore seduto davanti ad una lunga fila di indumenti appesi, una sorta di boutique a cielo aperto, una delle tante attività commerciali del ghetto, dove alcuni anni fa, un rapporto di ministero del Lavoro e Anci, censì circa 60 esercizi di ristorazione, bar, empori, parrucchieri, gommisti, meccanici, forni e rivendite di bombole a gas. Tutto ad uso e consumo dei suoi circa tremila abitanti, in prevalenza uomini adulti di età compresa tra i 20 e i 40 anni, che arrivano in genere da Senegal, Nigeria, Gambia e Ghana. A guidarci nella visita al ghetto, c’è Giovanni Tarantella, segretario della Flai Cgil di Foggia che segue da sempre gli “invisibili, e che qui, a Borgo Mezzanone, ha deciso di istituire, da qualche anno, un presidio fisso. L’occasione persa dei fondi Pnrr deriva, secondo Tarantella, principalmente dalla mancata presa di coscienza, a livello politico, dell’importanza di questi che sono, soprattutto, dei lavoratori, preziosissimi, in particolare tra i campi. E che ora continueranno a vivere, appunto, da “invisibili”, avvolti nella clandestinità alimentata dai “caporali”, i veri padroni delle baraccopoli, considerate, non a caso, i loro serbatoi. È tra queste baracche che gli “invisibili” hanno la possibilità di “incontrare” il lavoro e arrivare nei campi, accompagnati dai furgoni dei caporali. E devono starci, purtroppo, nonostante condizioni di vita davvero al limite. L’energia elettrica arriva dagli allacci abusivi alla linea dell’adiacente centro di accoglienza della Prefettura; mancano, invece, acqua corrente e bagni che possano essere definiti tali. Non esiste, infine, un sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Accanto al presidio sindacale, abbiamo visto fumare ancora i resti di una baracca che con i primi freddi si cercava di riscaldare con bracieri improvvisati. A Borgo Mezzanone, d’inverno, capita spesso di morire arsi vivi in queste case di cartone.

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Piero Ancona