Strade pericolose, Milano la provincia più rischiosa d'Italia per le statistiche

Quali sono le strade più pericolose d’Italia? Una risposta arriva dalle statistiche pubblicate ogni anno da Istat e Aci che misurano incidenti, morti e feriti e altri indicatori in proporzione agli abitanti di una provincia e al numero di vetture immatricolate in quel territorio. È una risposta utile ma anche migliorabile. Questi parametri infatti aiutano a fare confronti omogenei tra aree diverse del Paese, ma allo stesso tempo presentano alcuni problemi. La popolazione residente, per esempio, non tiene conto della stagionalità degli incidenti e della maggiore concentrazione di persone in alcuni periodi dell’anno e in luoghi specifici . Stessa cosa per le vetture, che si muovono anche al di fuori dei confini provinciali, soprattutto in diversi momenti delle stagioni. Insomma, meglio di niente ma ancora troppo lontano da quello che ci vorrebbe. E quello che ci vorrebbe porterebbe essere proprio dietro l'angolo. Merito di due ricercatori di Istat che hanno messo a punto un nuovo metodo per il calcolo dell’incidentalità stradale, che tiene conto anche di altri fattori: la lunghezza delle carreggiate nei due sensi di marcia, da una parte, e i picchi di traffico dall’altra. In questo modo - spiegano - si misura con maggiore esattezza l’effettiva quantità di vetture che transitano sulle strade oltre che i chilometri di carreggiate disponibili, permettendo così un calcolo più corretto del rischio effettivo di incidente. Particolare curioso: sia la lunghezza delle strade che i picchi di traffico non sono disponibili da fonti ufficiali e sono ricavati dalle informazioni messe a disposizione da OpenStreetMap, la piattaforma di mappe online aperta, ovvero gestita grazie al contributo degli utenti, alternativa a Google Maps e ad altri servizi commerciali di questo tipo. Strade di provincia Ma qual è il risultato di queste statistiche rivedute e corrette? Dipende. Ovvero cambia a seconda dell’indicatore che si sceglie e del tipo di strada a cui si guarda, anche se alcune zone risultano comunque più frequentemente tra le maggiormente pericolose. Per esempio, per quanto riguarda autostrade e raccordi autostradali, la maggiore probabilità di incidenti si riscontra in provincia di Milano con 135,38 incidenti per 100 km di carreggiata. Subito dietro la provincia di Roma e Genova . Il quadro muta se osserviamo le strade che scorrono all’interno dei centri abitati. In questo caso la palma della pericolosità va a Genova e provincia con 63,87 incidenti per 100 km di carreggiata davanti a Firenze . Mentre le strade fuori dall’abitato nelle quali si riscontra la maggiore probabilità di avere un incidente sono all’interno dei confini amministrativi di Monza e della Brianza. Non molto diverso il riscontro della pericolosità se invece di guardare agli incidenti si guarda ai feriti. Come mostra la mappa qui di seguito, dove è possibile esplorare tutti gli indicatori, troviamo sempre Milano, Roma, Genova, Firenze, Monza e della Brianza nelle prime posizioni. Per quanto riguarda i morti in Autostrade e raccordi, è Ascoli Piceno la provincia più rischiosa , Roma per i decessi su strade all'interno degli abitati e Venezia per quanto riguarda le strade extra urbane. Complessivamente, la mappa che risulta dall’applicazione dei nuovi parametri vede una maggiore rischiosità delle strade del Nord rispetto a quelle del Sud, per quanto riguarda autostrade e raccordi, con l’eccezione della provincia di Catania. Mentre sembra più equamente distribuito sul territorio dello stivale il rischio per le strade urbane. I benefici La ragione per cui sono necessarie statistiche migliori per la pericolosità stradale è presto detta. Gli incidenti provocano ogni anno migliaia di morti e centinaia di migliaia di feriti, oltre ai costi degli incidenti. Avere una misura più precisa della pericolosità delle strade può aiutare a scegliere dove è più necessario intervenire e come. “Grazie all’uso della lunghezza effettiva della rete stradale per la prima volta siamo in grado di legare il rischio direttamente all'infrastruttura. L'introduzione dei Punti di Traffico (PoT permette di depurare l'indicatore dall'effetto della congestione”, spiega Silvia Bruzzone, dirigente di ricerca del Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza di Istat che insieme al collega Marco Broccoli ha messo a punto il nuovo modello. “Questa tecnica permette di isolare la pericolosità intrinseca di un tratto stradale, causata da criticità infrastrutturali o da comportamenti di guida a rischio, a prescindere dal volume di traffico. Di conseguenza, si può individuare con precisione dove intervenire: se un problema è legato alla congestione, richiede soluzioni di gestione del traffico; se è legato alla pericolosità intrinseca, necessita di interventi sull'infrastruttura o sulla prevenzione”. E di interventi mirati c’è bisogno. Nonostante negli ultimi 25 anni il numero di incidenti, morti e feriti sulle strade del Paese sia in diminuzione, le strade italiane restano più pericolose a confronto con i maggiori Paesi europei e con la media Ue. “Il nuovo strumento permette di scegliere l'intervento corretto, massimizzando l'impatto di ogni euro speso sulla sicurezza dei cittadini e consentendo di monitorare l'efficacia delle politiche implementate nel tempo”, spiega Broccoli, che è ricercatore del Servizio Metodi, qualità e metadati di Istat. Per ora, si diceva, si tratta di una statistica sperimentale ma la strada verso l’adozione regolare è già tracciata. “Il passaggio a statistica ufficiale non è solo un'ipotesi, ma un obiettivo già pianificato con un orizzonte temporale preciso. Lo studio è stato inserito nel Programma Statistico Nazionale per il triennio 2026-2028 e diventerà una statistica ufficiale a tutti gli effetti con la diffusione dei dati relativi agli anni 2024-2026”, conclude Broccoli.

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Raffaele Mastrolonardo