Un guardaroba per tutti: quando la moda diventa solidale

Sono tre in tutto i guardaroba solidali ospitati all’interno delle strutture della Fondazione Progetto Arca e che, grazie al contributo di H&M Italia, sono diventati veri e propri corner di abbigliamento per persone fragili, per restituire loro la dignità che meritano grazie anche al superamento del concetto di assistenzialismo contenuto nei kit preconfezionati di abiti, distinti solo per taglie e sesso. Il corner permette alle persone in difficoltà di osservare e scegliere, supportando così la persona nella sua individualità. Di cosa si tratta in concreto ce lo racconta Francesca L’Abbate, Sustainability Manager H&M Italia: “Collaboriamo con Fondazione Progetto Arca dal 2021, la collaborazione di H&M Italia nasce con la donazione regolare di capi di abbigliamento e accessori che non possono più essere messi in vendita, quindi, sono resi in negozio o resi online o sono capi che presentano lievi difetti. Da questa collaborazione iniziale abbiamo arricchito la partnership con Fondazione Progetto Arca e li abbiamo supportati per creare questi guardaroba sociali e solidali diffusi. Sono veri e propri negozi di abbigliamento inseriti all’interno di contesti e luoghi dove Arca è già presente con i social market, supermercati dove le persone indigenti, fragili e con difficoltà possono accedere e fare la spesa e ricevere gratuitamente beni di prima necessità. Proprio per arricchire l’offerta di questi market abbiamo creato dei veri e propri corner di abbigliamento. Le persone possono accedere e possono prendere gli abiti che gli occorrono per loro e per le loro famiglie. È un modello di accoglienza in cui le persone sono invitate a provare capi di abbigliamento, sono guidati dai volontari che li aiutano nella scelta anche sulla base del bisogno, se per esempio devono fare un colloquio per un inserimento lavorativo, o famiglie con bambini che hanno la necessità di avere abiti per la scuola, quindi sulla base del loro bisogno ma anche sulla base del loro gusto personale. In questo modo si supera il concetto assistenzialista del kit di abiti preconfezionati che veniva una volta dato alle persone in situazioni di povertà semplicemente distinguendo solo per taglie e per sesso; questo servizio restituisce molta più dignità alla persona perché la supporta nella sua individualità, le permette di provare, di scegliere, diventa una cosa completamente diversa. I capi che doniamo sono praticamente nuovi e in condizioni perfette perché arrivano da resi che non possono più essere venduti o da collezioni scadute quindi abiti mai indossati. La qualità degli abiti selezionati che restituisce molta dignità alla persona. Sono luoghi di inclusione dove le persone trovano non solo una risposta veloce e concreta a un bisogno materiale, ma entrano in contatto e avviano relazioni fondamentali con i volontari della Fondazione Progetto Arca per un processo di reintegrazione sociale. È questo che fa Arca, supporta le persone in fragilità e in povertà per combattere l’emarginazione sociale e reimmetterle attraverso un percorso di reintegrazione sociale. Per noi è un progetto meraviglioso di cui siamo molto orgogliosi perché se da una parte riusciamo a ridare nuova vita e garantire la circolarità a capi che non possiamo più vendere, dall’altra abbiamo anche dei risultati molto positivi a livello di impatto sociale perché andiamo a lavorare con Fondazione Progetto Arca e direttamente con i beneficiari che sono le persone con fragilità. Quindi è un progetto che funziona da tutti i punti di vista e ci rende molto orgogliosi. Oltre ai capi doniamo anche gli arredi quindi proprio le strutture per realizzare il corner di abbigliamento. Un progetto che ridà nuova vita alle risorse attraverso la circolarità e che ci permette di utilizzare capi e arredi come strumenti di inclusione e di rinascita”. “H&M ha un partner che si occupa della selezione e del riciclo per ridare nuova vita ai capi di abbigliamento e agli accessori che non possono essere messi in vendita – prosegue Francesca L’Abbate - ma abbiamo deciso di sposare una soluzione a livello locale che ci risolve un problema di impatto ambientale e di sostenibilità sociale, perché è vero che quando si parla di sostenibilità si fa riferimento solo all’aspetto ambientale, per noi invece il sociale è molto importante lo chiamiamo community investment, che non è charity, perché è proprio l’idea di dedicare delle risorse e sostenere dei progetti che abbiano un impatto sociale positivo ma che vadano aldilà del core business aziendale. In questo senso facciamo proprio un lavoro con le comunità locali che ci stanno vicine e investiamo su quelli che sono i bisogni delle comunità ovviamente lavorando con il terzo settore che sa quelle che sono le reali esigenze, ci lasciamo guidare e ci mettiamo a disposizione, non imponiamo mai delle donazioni fine a se stesse ma cerchiamo di sviluppare delle partnership di lungo periodo perché crediamo molto anche nella collaborazione sul lungo periodo per cercare sempre di arricchire le partnership. Cerchiamo di lavorare a 360° con i partner del terzo settore, questo è il nostro approccio”. “H&M ha un partner che si occupa della selezione e del riciclo per ridare nuova vita ai capi di abbigliamento e agli accessori che non possono essere messi in vendita – prosegue Francesca L’Abbate - ma abbiamo deciso di sposare una soluzione a livello locale che ci risolve un problema di impatto ambientale e di sostenibilità sociale, perché è vero che quando si parla di sostenibilità si fa riferimento solo all’aspetto ambientale, per noi invece il sociale è molto importante lo chiamiamo community investment, che non è charity, perché è proprio l’idea di dedicare delle risorse e sostenere dei progetti che abbiano un impatto sociale positivo ma che vadano aldilà del core business aziendale. In questo senso facciamo proprio un lavoro con le comunità locali che ci stanno vicine e investiamo su quelli che sono i bisogni delle comunità ovviamente lavorando con il terzo settore che sa quelle che sono le reali esigenze, ci lasciamo guidare e ci mettiamo a disposizione, non imponiamo mai delle donazioni fine a se stesse ma cerchiamo di sviluppare delle partnership di lungo periodo perché crediamo molto anche nella collaborazione sul lungo periodo per cercare sempre di arricchire le partnership. Cerchiamo di lavorare a 360° con i partner del terzo settore, questo è il nostro approccio”. Sono tre i guardaroba sostenibili aperti attualmente in Italia. “Il primo è Milano aperto nel 2024, in zona stazione Centrale ed è dedicato al sostegno di circa 150 famiglie per un totale di 400 persone ogni mese, successivamente ne abbiamo aperto uno a Roma in collaborazione con la Casa del Volontario e Forum del Terzo Settore del Lazio che contribuisce a servire 100 persone ogni mese, parliamo sempre di persone in fragilità o senza fine dimora. L’ultimo guardaroba solidale invece lo abbiamo inaugurato a inizio luglio a Napoli nella zona di San Giovanni a Teduccio in collaborazione con l’associazione Il Sorriso che già gestiva questo market solidale e questo nuovo spazio, tra l’altro spazio confiscato alla criminalità organizzata, servirà circa 300 persone al mese che potranno scegliere capi di abbigliamento per loro e per tutte le loro famiglie. A settembre ne apriremo uno anche a Bari”

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Un guardaroba per tutti: quando la moda diventa solidale