Scuola, stipendi bassi e precarietà: la condizione dei docenti in Italia

La condizione degli insegnanti in Italia affronta una fase non particolarmente rosea. I docenti nei vari gradi di insegnamento oggi sono costretti a misurarsi con una realtà lavorativa complessa, fatta di precarietà e bassi stipendi – ben inferiori rispetto alla media europea. Come evidenzia l'ultimo rapporto Ocse “Education at a Glance 2024”, l'Italia è il Paese in cui si verifica lo scenario peggiore. Il salario medio degli insegnanti, fermo a 31.950 euro nel 2019, mostra infatti una stagnazione rispetto agli altri Paesi membri. Fino al 2023 si è verificata una parabola discendente per quanto riguarda i salari dei docenti, con uno stipendio medio di 31.320 euro. Numeri che sono bel al di sotto degli altri Paesi dell'Unione. È il caso, ad esempio, della Germania, in cui la retribuzione media annua di un insegnante si aggira intorno ai 47.250 euro . Mentre in Francia e Spagna, che presentano comunque stipendi inferiori, si ha una certa stabilità: 37.080 euro e 33.030 euro nel 2019. Che cosa possiamo fare per risolvere il problema? Come si contrasta il fenomeno della precarietà nell'ambito dell'insegnamento in Italia? E soprattutto, quali soluzioni si possono offrire a coloro che vorrebbero intraprendere la carriera del docente ma si sentono “frenati” da una condizione poco rassicurante? Sono queste le domande che hanno animato il dibattito nell'ultima puntata di Materia Grigia, il talk di Sky Tg24 condotto da Fabio Vitale, al quale hanno partecipato come ospiti Gisella Laterza, docente e scrittrice, e Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi. Il dibattito sulle condizioni lavorative degli insegnanti italiani A rispondere per primo è stato Antonello Giannelli. “Se ragioniamo soltanto in base al parametro pecuniario, economico, dovrei concludere che non vale la pena. Io mi posi questo problema quando ho cominciato a insegnare, devo dire che a me piaceva l'idea, non sono mai tornato indietro”, ha raccontato. Qualche anno fa era più facile per gli insegnanti accedere alla professione? “Forse sì, non so. I concorsi erano più seri. Sicuramente c'è un precariato smisurato, ma il problema è che bisognerebbe accertare davvero le competenze di chi va a insegnare”, precisa il presidente sottolineando che “nessuno si farebbe operare da un medico che abbia un po' letto sui manuali come si fa e non abbia superato un concorso, però affidiamo tranquillamente i nostri bambini a persone che non hanno subito questo controllo. Magari sono bravissimi, però non ritengo che si debba fare così”. Poi aggiunge: “Io sono fautore dell'assunzione diretta da parte delle scuole, come si fa in quasi tutti i Paesi esteri. Ma non ce la si fa matematicamente, perché ogni anno vanno in pensione 30-40 mila persone e non siamo mai riusciti nella storia repubblicana a gestire un concorso di 30 mila posti all'anno. Abbiamo concorsi che durano anni e anni”. Sul tema è intervenuta anche Gisella Laterza, raccontando la sua esperienza di professoressa di scuola superiore. “Essendo entrata io con il concorso ordinario del 2020 posso affermare che era un concorso molto serio, perché prevedeva uno scritto su tutte le materie sullo scibile umano, e poi un orale dove si doveva mostrare la capacità di tenere una lezione o un percorso didattico”, ha detto l'insegnante. Secondo Laterza, il problema “più che nella mancanza di serietà dei concorsi attuali, sta nel loro numero e nel fatto che molti di questi concorsi siano diversi, il fatto che per accedere siano richiesti dei requisiti molto diversi”, spiega la docente. “Un insegnante che vuole accedervi deve essere assolutamente aggiornato, al passo coi tempi. Ci si ritrova in situazioni anche paradossali. Ho dei colleghi che hanno superato un concorso, ma devono ancora entrare in ruolo e stanno aspettando che la propria graduatoria scorra e permetta loro di accedere. Al momento bisogna conseguire un'abilitazione, ma per conseguirla si deve fare un percorso di 60 o 30 o 36 crediti formativi, a spese dei docenti, tra l'altro”, rimarca. E sulla chiamata diretta delle scuole, Laterza ritiene che “fare un colloquio può essere un canale d'entrata”, ma “forse la soluzione è un percorso chiaro, stabile, unico per tutti, che sia valido per almeno alcuni anni, in modo tale che chi vuole insegnare oggi sappia già cosa può fare”. Per Giannelli, il punto sta in una “eterogeneità incredibile che è inaccettabile”. “Facciamo l'esempio del medico: accetteremmo l'idea per cui un medico può superare tante selezioni diverse - qualcuna più seria, qualcuna meno seria, qualcuna più approfondita? Credo che sia inaccettabile. Penso che la valutazione della capacità del docente vada lasciata alle scuole perché ogni scuola è riferita a un contesto territoriale diverso. Magari in un contesto può servire una qualità della relazionalità, dell'empatia diversa da quella di un altro. È molto variegato il fronte”, dichiara il presidente dell'Associazione nazionale presidi. Registro elettronico, è davvero un vantaggio per genitori e studenti? Tra i temi approfonditi nel corso della puntata di Materia Grigia, anche quello del registro elettronico, uno strumento che crea un canale diretto tra insegnante-studente-genitore. Ma è davvero un vantaggio? “Io sono assolutamente favorevole al registro elettronico per una serie di ragioni: la trasparenza, l'immediatezza. Non dobbiamo pensare che le situazioni in cui le informazioni sui voti venivano date subito fossero del tutto generalizzate. Il registro elettronico è uno strumento di maggior democrazia e maggior partecipazione”, ritiene Giannelli. Poi aggiunge: “Come molti strumenti, impone un cambiamento nelle modalità relazionali. Io credo che le discrepanze e le difficoltà che abbiamo, le destabilizzazioni che subiamo, sono dovute al fatto che non riusciamo a percepire e a gestire al meglio l'innovazione convogliata da questi strumenti. Per esempio, l'ansia del fatto che il genitore sa già che il figlio ha preso un brutto voto e torna a casa e lo sgrida. Però noi dobbiamo fare tesoro: si va a scuola anche per imparare che si può cadere e che ci deve rialzare. La vita non è fatta dall'assenza di cadute. La vita è fatta molto spesso di cadute e di risalite, per cui la scuola deve insegnarci questo”. Anche Laterza si dice favorevole all'introduzione del registro elettronico. “Quando ho iniziato a insegnare il registro elettronico c'era già. Non saprei fare il confronto con il passato, però quello che spesso mi viene detto è che il registro elettronico non deve sostituire il colloquio con i genitori o il confronto con lo studente stesso. È vero che c'è molta trasparenza sulle valutazioni, perché con il registro elettronico si ha la possibilità non solo di inserire il voto ma anche di motivarlo. E questo sicuramente aiuta nella trasparenza”, dichiara l'insegnante. Laterza evidenzia alcune situazioni “di involontario panico, soprattutto per quanto riguarda le assenze. Capita a volte che l'insegnante della prima ora segni assente uno studente che poi entra alla seconda ora, e l'insegnante della seconda ora non faccia l'appello: in quei casi il genitore si chiede dove sia sui figlio. Questo è l'errore umano e comprensibile sicuramente non colpa del registro”. La cosa importante, per la docente, è “che non venga meno il confronto diretto”.

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