Ai nostri studenti manca un metodo di studio?

Che la si tolleri o meno, la tecnologia – anche la più sofisticata – è già entrata nelle aule italiane. Ha modificato le abitudini, e pure le abilità neurologiche, degli studenti. E ora molte famiglie, anche quelle in cui non si trovano figli a cui è stato diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento o un bisogno educativo speciale , chiedono ai docenti l’apprendimento di un metodo di studio personalizzato. Quella di un aiuto a organizzare tempi e modalità di apprendimento è una delle richieste che emerge con più insistenza dalle interviste a oltre 4.700 famiglie, realizzate dall’Osservatorio MyEdu, casa editrice digitale partner del ministero dell’Istruzione, all’indomani della fine dell’anno scolastico. “Ogni studente e ogni studentessa ha il diritto di essere supportato/a nel rispetto delle proprie peculiarità e di vedere valorizzate le proprie potenzialità”, spiega Barbara Urdanch, pedagogista e formatrice Aid . In altre parole, l’educatrice suggerisce di interrompere la ricerca di un metodo di studio valido per tutti, a lungo il Sacro Graal della didattica, per sviluppare piuttosto strumenti che si adattino a situazioni anche molto diverse tra loro. Questo, almeno, è quanto che chiedono studenti e genitori. Cosa chiedono studenti e genitori Il primo incontro dei bambini con i dispositivi digitali avviene ormai, quasi in ogni caso, in età prescolare. Non stupisce, perciò, che già dalle medie, quando il carico di studio aumenta rispetto alla primaria, cresca anche la volontà dei genitori di adottare un metodo di studio individuale, che valorizzi il talento di ogni figlio. Tradotto: esercizi, strumenti e ritmi di apprendimento personalizzati. Se alle elementari il 58% delle famiglie ritiene “importantissime” queste misure, alle secondarie di primo grado la percentuale si alza al 63%. Del resto, l’autonomia nello studio è un traguardo agognato dalla maggior parte degli studenti italiani che, già alle medie, non riescono spesso a conciliare scuola e tempo libero. Oltre il 78% dei genitori ha risposto a MyEdu che è “molto importante” che i loro figli migliorino nella gestione e organizzazione del tempo. Altrimenti, a farne le spese sono le famiglie stesse: nonostante la stragrande maggioranza dei genitori lavori a tempo pieno, infatti, dalla scuola dell’infanzia alle primarie quasi 8 su 10 sono molto coinvolti anche nel percorso scolastico dei figli, mentre alle secondarie la quota scende a poco meno di 6 genitori su 10. “I dati che emergono dal nostro Osservatorio – commenta Laura Fumagalli, presidente MyEdu – parlano delle necessità che le famiglie incontrano nell’accompagnare i propri figli e le proprie figlie nel percorso scolastico. Quasi tutti ormai sono alla ricerca di percorsi di studio sempre più personalizzati e inclusivi, su misura delle specifiche esigenze di ciascuno/a”. Un aiuto dall'IA? Per costruire lezioni adatte a ogni esigenza, molte scuole – tra cui 15 in cui la sperimentazione è finanziata dal ministero dell’Istruzione – hanno già introdotto l’intelligenza artificiale. Ma l’argomento divide ancora molti genitori: rispondendo alle domande dell’Osservatorio MyEdu, la metà degli intervistati ha detto di non sapersi ancora esprimere sull’argomento ma, tra gli altri, una larga maggioranza considera l’IA un vantaggio per lo studio. “I genitori confermano posizioni differenti – commenta Cristina Liverani, Unit manager dell’istituto di sondaggi Bva Doxa – È importante valutarne i rischi, senza sminuirne i vantaggi che un uso consapevole e controllato potrebbe portare anche in ambito scolastico”. Bes e Dsa In origine, c’erano i Piani didattici personalizzati . Ed esistono ancora, ma restano rivolti agli studenti con Bes o Dsa: ovvero dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Per loro, la scuola da anni ormai prepara strumenti compensativi, lezioni ad hoc e stimoli adatti alle diverse esigenze. E, sempre da anni, i docenti si fanno aiutare anche da strumenti digitali: “Risorse e strumenti di apprendimento digitali – commenta la pedagogista Urdanch – sono diventati preziosi alleati per superare le barriere cognitive e compensare le difficoltà specifiche. E questo vale naturalmente anche per chi ha una neurodivergenza, che si tratti di Dsa o Bes”. La sfida oggi è allargare questo approccio, a lungo considerato “speciale”, a tutti gli studenti: “Ogni persona ha le proprie caratteristiche di apprendimento – conclude Urdanch – L’obiettivo pedagogico didattico deve essere quello di dare a tutte e tutti le stesse possibilità verso il traguardo dell’apprendimento, diritto e dovere universale, secondo il ‘mantra pedagogico’ di donmilaniana memoria ‘non uno di meno’”.

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