Referendum cittadinanza, quanti anni di residenza sono richiesti nel mondo? La mappa

Da 10 a 5 anni. Tra i referendum che si terranno i prossimi 8 e 9 giugno, come noto, c’è anche quello che propone di dimezzare i tempi di residenza necessari per poter richiedere la cittadinanza italiana da parte di una persona extracomunitaria. Da 10, come è ora, a 5, appunto, come era fino al 1992. In sostanza, se la consultazione raggiungerà il quorum e se vinceranno i “sì”, uno straniero extracomunitario residente nel nostro Paese continuativamente per un lustro potrà avviare le pratiche per diventare italiano. Nel caso non si tratterà, come non si tratta oggi, di un automatismo. Resterebbero infatti in vigore tutti gli altri requisiti necessari per l’approvazione della richiesta: dalla conoscenza della lingua, al reddito, passando per l’assenza di condanne penali. Il tempo per avviare le pratiche, quello sì, si dimezzerebbe. Il resto del globo Ma come si comportano su questo tema gli altri Paesi? E come cambierebbe il collocamento dell’Italia nel caso di una vittoria dei “sì”al referendum? Un modo per scoprirlo è guardare ai dati raccolti dal Global Citizenship Observatory dello European University Institute di Firenze che cura un database sulle legislazioni in materia nei vari Stati del globo. Sulla base della fotografia scatatta dal Globalcit, se il referendum ottenesse quorum e consenso della maggioranza degli italiani, la tempistica prevista dalla legislazione tricolore diventerebbe analoga, solo per citare alcuni Paesi europei, a quella di Francia, Regno Unito, Svezia e Germania, che ha modificato la normativa nel 2024, riducendo da 8 a 5 gli anni di residenza necessari. Al momento, sempre secondo le classificazioni del Globalcit, l’Italia si trova invece nella stessa categoria di Spagna, Grecia, Austria, Svizzera e Norvegia, tutti Stati che richiedono un periodo di residenza tra i 6 e i 10 anni tra i requisiti per poter avviare le pratiche di cittadinanza. Allargando lo sguardo al resto del mondo, troviamo una discreta varietà di approcci al tema. Anche Canada e Stati Uniti, per esempio, prevedono una residenza di 5 anni per poter richiedere la cittadinanza, stesso orientamento per quanto riguarda la maggior parte dei Paesi asiatici, tutti colorati di azzurro nella mappa. Tempistiche superiori - analoghe a quelle italiane attuali - caratterizzano in generale buona parte dell’Africa, che risulta prevalentemente colorata di rosso chiaro nella cartina interattiva. Meno restrittive invece, almeno dal punto di vista dei tempi, appaiono le norme della maggior parte degli Stati dell'America Latina dove sono previsti meno di cinque anni per poter avanzare una domanda di cittadinanza. Complessivamente, secondo i dati raccolti dal Global Citizenship Observatory aggiornati al 2022 nella maggioranza del globo prevale una tempistica di 5 anni o inferiore: 86 su 191 i Paesi che hanno fissato questa durata. Sono 77, pochi di meno e comunque un discreto numero, gli stati che richiedono tra 6 e 10 anni di residenza sul proprio territorio per la cittadinanza . Si fermano a 13 - tra di essi India e Nigeria - quelli in cui il periodo di residenza previsto supera i 10 anni. Anni previsti e anni reali Insomma, se l’8 e 9 giugno prossimi prevalesse il “sì”, l’Italia si allineerebbe alla maggioranza dei Paesi globali per quanto riguarda le tempistiche di residenza necessarie per chiedere la cittadinanza. Non si tratterebbe, almeno per quanto riguarda l’orientamento internazionale, di una rivoluzione. Così come non rappresenta un’anomalia la tempistica attuale, anch’essa assai frequente su scala globale. Non va dimenticato, comunque, che stiamo sempre parlando di anni “teorici”, o comunque “minimi”. Dal momento che i tempi reali nello Stivale - e probabilmente anche altrove - sono più lunghi. La normativa prevede che il procedimento debba essere chiuso in 24 mesi, prorogabili fino a 36. L’amministrazione pubblica può dunque prendersi sino a tre anni per evadere la pratica.

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