Perché molte donne sono insegnanti ma pochissime sono presidi?

A scuola, la discriminazione di genere comincia dalle cattedre. La maggior parte del corpo docente nel mondo è composto da donne, ma le posizioni dirigenziali restano prevalentemente maschili. Il divario da colmare nella leadership si misura, al momento, in venti punti percentuali. Ma in certe regioni del mondo è molto più ampio. A quantificarlo è il Global Education Monitoring Report di Unesco del 2025, dal titolo Women lead for learning, che sostiene che “la disparità di genere nella leadership educativa è il risultato, da un lato, di stereotipi e pregiudizi radicati – consapevoli o inconsapevoli – e, dall’altro, di processi istituzionali o meccanismi di sviluppo professionale che non offrono un supporto adeguato”. Tradotto: discriminazione e mancanza di fondi per le politiche di genere. è un mestiere di cura? La discriminazione delle donne a scuola non comincia dall’accesso all’insegnamento, anzi gli uomini docenti sono tuttora in minoranza. Ma la forza lavoro femminile si concentra soprattutto nei primi anni della formazione: sono il 93% del corpo docente alle scuole dell’infanzia, il 68% nelle primarie, il 59% nelle secondarie di grado inferiore e il 52% nelle secondarie di secondo grado. Con l’avanzare del livello di istruzione, cioè, si traccia una curva in discesa che vede scendere le donne insegnanti sotto alla soglia del 50% solo alle università, dove valgono il 44% di tutto il corpo docente. Lo squilibrio, secondo i ricercatori Unesco, non è casuale: la parabola – scrivono nel report – va interpretata come il frutto di “percezioni stereotipate riguardo ai ruoli di genere nell’assistenza e nella cura, ma anche con un divario retributivo di genere in altri ambiti lavorativi. Gli uomini con un livello di istruzione simile godono di rendimenti sostanzialmente più elevati in altre occupazioni”. Un gap che si riflette anche nel mondo scolastico, dove i docenti universitari hanno salari maggiori e i ruoli dirigenziali, anch’essi con retribuzioni più alte, sono spesso appannaggio degli uomini. Presidi maschi A guidare le scuole, nei 70 Paesi osservati da Unesco, sono con maggiore frequenza gli uomini: mediamente il 20% in più. Percentuale che si alza al 30% in Paesi come il Bhutan, Giappone, Corea, Sudafrica, Turchia e Vietnam, mentre in Italia il divario si aggira attorno al 10%. Anche in questo caso, la differenza è più ampia con l’avanzare del grado d’istruzione. Solo una università su cinque, in Italia, era guidata da una donna nel 2022. Anche dove esistono veri e propri consigli di amministrazione a governare le scuole, le donne sono sottorappresentate: partecipano al 38% dei comitati scientifici, amministrativi e consultivi degli enti di ricerca. Con conseguenze politiche sul futuro delle istituzioni scolastiche e non solo: “Da posizioni di leadership – si legge nel report Unesco – potrebbero influenzare la politica scientifica e la dimensione di genere dell’agenda della ricerca”. Soprattutto nelle materie Stem: in generale, infatti, le donne occupano il 30% delle posizioni accademiche più elevate, ma solo il 19% nei settori della tecnologia e dell’ingegneria. Ostacoli alla leadership femminile Il rapporto Unesco ha tentato anche di misurare e illustrare le cause di questo divario di genere. A partire dalle premesse culturali: “Stereotipi e pregiudizi possono limitare le ambizioni di leadership delle donne – scrivono i ricercatori – Le persone sono socialmente educate a credere a stereotipi dannosi, che modellano le aspettative su ruoli e comportamenti. Agli uomini vengono tipicamente attribuiti tratti come sicurezza e assertività, rafforzando l’idea che le donne debbano prendersi cura degli altri, minando così le loro ambizioni professionali”. E sarebbe proprio il ruolo assistenziale, svolto soprattutto all’interno dei nuclei familiari, a impedire spesso alle donne di avere tempo e risorse economiche sufficienti per accedere a ruoli dirigenziali anche a scuola. Secondo il rapporto Unesco, a livello globale, il lavoro domestico non retribuito occupa una quota quasi tre volte superiore della giornata delle donne rispetto a quella degli uomini . Un compenso mancato stimato complessivamente al 9% del Pil globale, pari a 11mila miliardi di dollari in termini di potere d’acquisto. “Questo ‘doppio onere’ – spiega Unesco – può ostacolare l’avanzamento professionale in ruoli che richiedono tempo, visibilità e networking significativi, soprattutto a livelli di istruzione più elevati”. Non solo: dentro alle aule, secondo il report Unesco, si sommano anche diversi ostacoli “empirici”. “L’evidenza mostra che le donne entrano nei ruoli dirigenziali dell’istruzione più tardi degli uomini. Accumulano più anni di insegnamento in aula o di amministrazione di livello intermedio prima di essere promosse a ruoli dirigenziali”. In numeri: le donne hanno una permanenza in carica più lunga di 1,1 anni come insegnanti di scuole secondarie inferiori e di 2,2 anni più breve come presidi. Scontano, in altre parole, una gavetta più lunga. Come le donne dirigono le scuole Il report Unesco esplora anche l’efficacia scolastica delle leadership femminili nei Paesi dove il divario di genere è più profondo. La conclusione dei ricercatori è che “nei Paesi con poche donne in posizioni dirigenziali, si osserva spesso che le donne nominate dirigenti scolastici sono associate a migliori risultati di apprendimento degli studenti”. Sulle motivazioni alla base della differenza, i ricercatori propongono diverse ipotesi. La prima, più semplice, è che “le donne hanno maggiori probabilità di essere assunte in scuole urbane rispetto alle scuole rurali, dove i risultati sono spesso peggiori”. Altre, invece, sono legate al modo in cui le presidi interpretano il proprio ruolo: dedicano mediamente più tempo dei colleghi maschi al curriculum dei lavoratori e delle lavoratrici e alle interazioni umane, danno maggiore importanza alla cultura della collaborazione nelle scuole e “possono essere modelli di riferimento visibili, soprattutto nel motivare le ragazze a perseguire le proprie aspirazioni e superare ostacoli e stereotipi radicati”. Nel 1993, è stataa l’India rurale a confermare questa possibilità: dopo che una legge riservò posizioni di leadership alle donne, trascorsi due cicli elettorali, i ricercatori rilevarono che il divario di genere nelle aspirazioni genitoriali si era ridotto del 20% e il divario di genere nell’istruzione era stato eliminato del tutto. Al momento, in realtà, siamo lontani dal raggiungimento della parità di genere a scuola, ma i ricercatori rassicurano: “Anche i diversi stili tra leadership maschili e femminili, che pure esistono, non sono immutabili. Per ora, la dirigenza femminile è più democratica e orientata alle relazioni ma non sarà sempre così”.

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