Fuori lo smartphone da scuola: a che punto siamo?

C’è un movimento di opinione che riesce a valicare i confini geografici e politici della contemporaneità, e che segna incrementi di partecipazione in tutto il mondo: la pressione per limitare l’uso degli smartphone da parte di bambini e adolescenti, soprattutto nei contesti scolastici. Una sottobranca dell’attivismo educativo che non riguarda solo genitori e insegnanti, ma che coinvolge anche istituzioni, ricercatori e associazioni civiche. Al centro del dibattito si trovano sempre più spesso – e sempre con maggiore enfasi, complice anche la pubblicazione di saggi come La generazione ansiosa dello psicologo statunitense Jonathan Haidt – i rischi legati alla salute mentale, alla capacità di concentrazione e al benessere relazionale dei più giovani. Uno dei movimenti più visibili, in questo senso, è senza dubbio quello di Smartphone Free Childhood, un gruppo nato nel Regno Unito nel 2023 e diventato in pochi mesi un riferimento per genitori e docenti preoccupati dall’iperconnessione precoce. Il gruppo, fondato da un piccolo nucleo di madri londinesi, ha rapidamente guadagnato attenzione mediatica e politica, tanto che tutte le maggiori testate internazionali gli hanno dedicato almeno un approfondimento. L’obiettivo di Smartphone Free Childhood è semplice, quanto dichiarato: posticipare l’introduzione dello smartphone nella vita quotidiana dei pre-adolescenti almeno fino ai 14 anni, promuovendo alternative “low-tech” e incoraggiando le scuole a vietare l’uso dei dispositivi personali durante le ore di lezione. In pochi mesi, la campagna ha raccolto oltre 100mila firme e il sostegno di celebrità come Jack Thorne, Paloma Faith e Benedict Cumberbatch. Nel Regno Unito, la Children's Commissioner Rachel de Souza ha sostenuto in pubblico che il 90% delle scuole secondarie e quasi tutte le primarie ha attualmente in vigore restrizioni sull'uso degli smartphone. Inoltre, 17 scuole secondarie a Londra hanno adottato una prassi comune volta a vietare l'uso degli smartphone durante l'orario scolastico, con l'obiettivo di migliorare il benessere generale degli studenti. Va detto che la proposta ha trovato eco e terreno fertile anche in altri Paesi. In Francia, ad esempio, gli smartphone sono vietati nelle scuole primarie e medie sin dal 2018, con una normativa che è stata di recente confermata e rafforzata dal governo transalpino. La Danimarca a febbraio ha ufficialmente bandito gli smartphone dalle scuole di grado inferiore durante tutte le attività scolastiche, su consiglio dei risultati del lavoro di una commissione ad hoc. In Irlanda, una coalizione di scuole e famiglie ha siglato un «patto digitale» per ritardare l’acquisto dello smartphone almeno fino al ciclo delle superiori in una cittadina alle porte di Dublino, Greystones. E negli Stati Uniti, dove la diffusione dei dispositivi è capillare e il dibattito più polarizzato, alcune contee stanno introducendo regole severe sul loro utilizzo scolastico. Ma perché questa accelerazione ora? Studi sempre più numerosi mettono in correlazione l’uso intensivo dello smartphone con disturbi dell’attenzione, ansia sociale, insonnia e calo del rendimento scolastico. Le preoccupazioni riguardano principalmente l'associazione tra l'uso eccessivo degli smartphone e problemi di salute mentale tra i giovani. Secondo uno studio pubblicato su Nature, l'eccesso di stimoli digitali può interferire con lo sviluppo delle funzioni esecutive nei cervelli ancora in formazione. Altre fonti hanno evidenziato come l'uso intensivo dello smartphone sia correlato a disturbi dell'attenzione, ansia sociale, insonnia e calo del rendimento scolastico. Tuttavia, non mancano le voci critiche. Alcuni esperti, come la psicologa Candice Odgers su The Atlantic, sottolineano che demonizzare lo smartphone rischia di semplificare un problema più complesso. Nel suo contributo, Odgers afferma che le prove empiriche sull'impatto negativo dei social media sulla salute mentale dei giovani non sono conclusive e che potrebbero esserci altri fattori in gioco nel definire i loro problemi generazionali. In Svezia, la ministra dell’istruzione Lotta Edholm ha optato per la rimozione dei tablet dalle scuole dell’infanzia e la reintroduzione di libri e quaderni, optando per questa brusca inversione di tendenza in seguito a un calo registrato nelle competenze di lettura evidenziato da alcuni rilevamenti condotti a livello nazionale. Anche il prestigioso Karolinska Institutet, una influente università svedese, ha ammonito la politica, spiegando che l’uso indiscriminato di dispositivi digitali può compromettere l’apprendimento degli studenti. In Italia, il dibattito è ancora agli inizi, ma alcune scuole stanno introducendo «zone libere da smartphone» e chiedendo ai genitori di firmare impegni a non dotare i figli di dispositivi personali fino alla fine delle medie. il movimento per limitare l'uso degli smartphone tra i giovanissimi continua a guadagnare terreno a livello globale, ma questo non significa che il dibattito sulle sue fondamenta non rimanga aperto. Per molti genitori basterebbe preparare adeguatamente i ragazzi più giovani a navigare consapevolmente nel mondo digitale, mentre per altri il problema risiede nei limiti costitutivi dello strumento: come se i figli si trovassero a giocare a un gioco truccato a monte, insomma.

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