Criminalità minorile, un fenomeno in aumento in Italia: come si combatte?

La criminalità minorile è un fenomeno in aumento in Italia. Secondo i dati forniti dalla direzione centrale della polizia criminale, il numero di omicidi commessi da parte di minori nel 2024 è triplicato rispetto all'anno precedente. Numeri preoccupanti che riaccendono anche il dibattito sull'ipotesi di inserire all'interno del programma scolastico dei corsi di autodifesa specifici per gli studenti. Di questo si è parlato durante la quinta puntata di Materia Grigia, il talk di confronto di Sky TG24 condotto da Fabio Vitale. Ad affrontare la questione, gli ospiti Franco Gabrielli, già capo della polizia, sottosegretario con delega alla sicurezza del governo Draghi e attualmente professor of Practice di Public Management alla SDA Bocconi, e Antonio Bana, avvocato, past president di Asso Armieri e curatore della materia Criminologia all’Università degli Studi di Milano. Nel 2024 rispetto all'anno precedente è triplicato il numero di omicidi commessi da minorenni. Come si spiega questo fenomeno e come si può contrastare? Gabrielli: "Questo è in senso assoluto uno dei dati più preoccupanti di questo report del Servizio Anticrimine della polizia criminale. Sì, è vero, per fortuna il numero degli omicidi non è esorbitante, però se il numero delle vittime raddoppia e triplica - perché lo stesso report ci indica anche questo - vuol dire che viviamo una situazione di particolare problematicità del mondo giovanile, che molto spesso poi si riassume con stereotipi, tipo le baby gang. È indubbio che stiamo vivendo un momento nel quale tutta una serie di questioni, che attengono alla dispersione scolastica, alla marginalità, alla crisi delle agenzie educative, che poi non sono solo la scuola, ma sono la famiglia, sono tutto quello che magari la mia generazione ha conosciuto, le ricette non possono essere solo securitarie. Ma bisogna mettere mano a un intervento più complessivo che cerchi di risolvere le cause e non si limiti soltanto a contenere gli effetti". Bana: "Sicuramente noi possiamo, anche da un punto di vista criminologico, individuare bande giovanili, baby gang, branco, bande criminali. Dagli studi criminologici abbiamo potuto capire tantissime cose. Oggi forse con l'uso dei social questi giovani fanno una loro scelta. La scelta è la scelta di visibilità di questi giovani per commettere determinati reati. E dove fanno questa scelta? La fanno nei luoghi dove la maggior parte dalle periferie deve entrare nel centro per farsi vedere, cioè da quei luoghi dove sono quasi emarginati. C'è uno studio di queste scelte, di dove nascono e, per questo, dobbiamo andare a studiare questi aspetti da un punto di vista criminologico. Secondo me è molto importante, perché comunque c'è questa deriva preoccupante. Non possiamo parlare delle banlieue parigine o di quelle di Marsiglia, un'area criminale giovanile che già da tanti anni si è espansa, però questo è un aspetto secondo me da non sottovalutare e su cui porre la massima attenzione da questo punto di vista". Gabrielli: "C'è anche un altro aspetto. Purtroppo questa violenza, che è sempre più gratuita, io la riferisco al fatto che i ragazzi oggi sembra che vivano una second life, una vita virtuale, una vita tutta immersiva rispetto ai videogames, per cui uccidere o commettere violenza ha perso molto della concretezza che magari questo tipo di approccio ci consentiva di avere. Anche questo è un aspetto che accentua ulteriormente questa aggressività, questa violenza e gli effetti negativi di questa cosa". Parliamo di autodifesa. C'è stata una proliferazione di corsi, anche improvvisati in alcuni casi. Secondo voi, nelle scuole dovrebbe essere prevista un'ora per l'autodifesa, come per l'ora di educazione fisica? Bana: "È un tema molto delicato. Innanzitutto le scuole tracciano già una linea di insegnamento che è fondamentale. Bisogna capire chi poi 'insegna' questa materia, se possiamo definirla materia di autodifesa. Innanzitutto deve esserci il rispetto prima di tutto degli studenti nei confronti di chi insegna, perché abbiamo visto anche atti di violenza nei confronti del corpo docente e quindi manca anche questo rispetto. Secondo me ci sono poi delle scuole specializzate di autodifesa senza dover andare in quelle paramilitari, mi permetta, che però possono dare un insegnamento. Per me il servizio militare insegnava molto, ma oggi purtroppo non c'è più. Era un percorso di cultura giovanile e di crescita che secondo me è un peccato che non ci sia". Gabrielli: "Mi trovo concorde soprattutto sulla delicatezza del tema, perché è facile dire autodifesa, anche perché poi l'esperienza ci insegna che ci sono diverse declinazioni e diverse interpretazioni. Ad esempio, nel nostro Paese c'è stato un lungo dibattito sulle ronde, su questa modalità con la quale poi i cittadini quasi in maniera da far west si fanno giustizia da soli. Io credo che il ruolo primario di detentori della forza, e quindi di coloro i quali devono salvaguardare la nostra sicurezza, sia appannaggio delle istituzioni e in primis delle forze, delle forze di polizia. Per cui non vedo negativamente, ad esempio, le donne che seguono dei corsi di autodifesa, perché sono degli aspetti che le pongono in una condizione di maggiore sicurezza. L'istituzionalizzazione rischia, per certi aspetti, quasi di introdurre delle cose che abbiamo già visto nel passato e che forse magari non è il caso di riproporre nel presente". Secondo i dati emersi dai sondaggi realizzati dall’istituto YouTrend, due italiani su tre si sentono poco o per nulla al sicuro rispetto all'eventualità di subire un crimine. Gabrielli: "Su questo credo che si debba fare poca filosofia. Io credo che ci debba essere un approccio che tenga conto di questa situazione e, dal mio punto di vista, io amo definirlo un approccio strabico, di un occhio che guarda alle cose più immediate. Quindi io credo moltissimo al tema di un rafforzamento, di un coordinamento del controllo del territorio, di una presenza delle forze dell'ordine che sono di per sé un elemento di rassicurazione - un po' meno i nostri militari che peraltro le situazioni attuali forse imporrebbero fossero destinati a fare altro. E contemporaneamente anche un occhio che guarda alle cause, a quelle che sono le situazioni che in qualche modo producono questa situazione di insicurezza, non solo percepita ma anche rispetto alle vicende che riguardano i delitti violenti, i delitti predatori. È ovvio che viviamo in una situazione immersiva da un punto di vista dell'informazione, che purtroppo non è più la vostra informazione certificata, ma è un'informazione nella quale rifluisce di tutto e di più e tutta una serie di sollecitazioni e di rappresentazioni che inducono ulteriormente a questa condizione, creando allarmi che magari andrebbero ridimensionati". Bana: "Un aspetto fondamentale, dal mio punto di vista, è che le forze dell'ordine sono l'ultimo baluardo della difesa costituzionale in uno Stato civile. E questo è fondamentale, quindi ci deve essere il massimo rispetto per questo e per il lavoro che fanno. Poi, vedendo i risultati, mi permetto di dire di non essere totalmente d'accordo su tutte le risposte, perché forse la gente non conosce effettivamente la legislazione in materia di armi, dal possesso alla custodia, al titolo. Noi abbiamo un testo unico della legge sulla pubblica sicurezza del 1930: bisogna andare forse a modificarlo? Attenzione, è come la legittima difesa: quando tocchi dei pilastri o dei diamanti puri, poi dopo non è così facile". La domanda incrociata Bana: Quanto potrebbe essere utile sburocratizzare un po' i “nostri” uffici sulle licenze, su tutte le attività che si fanno, avendo per esempio una carta con un microchip che tiene conto di chi ha fatto cosa e di chi ha rinnovato la licenza? Così chi è dall'altra parte, nella Prefettura e nella Questura, in due secondi risolverebbe tutto per poi dedicarsi ad altre attività che sono fondamentali. Gabrielli: Questa nostra presenza è nata sull'auspicio di un confronto-scontro che invece si sta in qualche modo più risolvendo in un confronto in cui ci sono molte convergenze. Io sono dell'idea che le forze di polizia debbano primariamente rivolgersi al controllo: che si tratti del passaporto, che si tratti del permesso di soggiorno, che si tratti delle licenze, sono tutte attività che possono essere svolte, ovviamente grazie alla tecnologia e a ciò che la digitalizzazione ci consente con estrema rapidità, per consentire di rendere ai cittadini un servizio immediato. Poi le forze di polizia - poiché si tratta di temi sensibilissimi come sono quelli del legittimo soggiorno di uno straniero o la detenzione corretta di una licenza sulle armi - provvedono a fare le verifiche e controlli. Gabrielli: Dato che - non solo nella vicenda delle armi ma in generale - molto spesso il tema è culturale, quali sono state le cose che forse potevano essere realizzate da parte degli armieri o dell'industria per far capire agli italiani che le armi, al di là degli aspetti etici, possono in qualche modo essere utilizzate e possono in qualche modo essere una risorsa economica per il Paese? Bana: Sicuramente quello che è stato fatto negli ultimi anni, anche a fronte degli eventi di internet e tutto quanto. Le armerie erano un tempo il luogo di ritrovo dove si andava a prendere, conoscere e capire le notizie sulle armi. Noi abbiamo un comparto armiero italiano che è un'eccellenza, abbiamo un brand e un know-how unico del made in Italy. Se noi pensiamo che il mercato civile dell'arma in Italia raggiunge il 2% del Pil. Studi fatti dall'Università di Urbino per esempio hanno portato a questa eccellenza. Quindi quello che abbiamo cercato di fare è di far conoscere, tra convegni, scuole di formazione. A volte ci siamo trovati intoppati nelle licenze perché non c'erano le commissioni che si riunivano: per cui persone che vogliono lavorare ma non hanno la possibilità perché ci si ritrovano nella commissione per fare un esame per armiere a distanza di molti mesi. Quindi, non fermiamo il commercio civile delle armi, quello corretto, quello dove la gente veramente lavora su questo aspetto da tutti i punti di vista: per l'attività venatoria, per l'attività agonistica. Guardate tutte le medaglie olimpiche che abbiamo preso.

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