Si può essere madre anche senza un padre? Certo che sì

Al netto dell’innamoramento pazzo, che più passa il tempo più cresce, a cui mia figlia da sette anni mi chiama, non credo che sia particolarmente simpatica - lo è molto, ma solo con chi e quando lo decide lei - ha una bellezza nella norma, è un po’ paracula, è disordinatissima: metto le mani avanti per risultare credibile, dunque, se dico che è serena. Ha un modo di andare incontro alla vita, alle situazioni nuove e alle persone e alle contraddizioni e ai contrattempi, con una naturalezza che a me, per esempio, è sempre mancata. “Io e il mio cane ci somigliamo, perché siamo tutti e due tanto felici di stare al mondo”, ha scritto l’altro giorno, in un pensierino. Com’è serena: me lo sento ripetere anche dagli altri, fin da quando aveva pochi mesi. E fin da quando aveva pochi mesi: - Sarà che io sono cresciuta in mezzo al fuoco incrociato delle tensioni che c’erano fra i miei, mentre Vita non mi sente mai litigare con nessuno: anche quando non ne posso più, con chi dovrei prendermela, con il muro? - Mi sono abituata a rispondere, alludendo al fatto che la cresco da sempre da sola, mentre il padre, che vive a Milano, la viene a trovare due volte al mese. Lo faccio evidentemente a mo’ di battuta: perché non oserei mai sostenere che avere un solo genitore di riferimento sia per un bambino l’unica garanzia possibile della sua serenità, mi basta una spolverata di sano buon senso per rendermi conto che sarebbe delirante. Sempre più spesso, però, mi chiedo perché mai allora la legge, se si tratta di diritti civili, il sano buon senso rischi di perderlo di vista. Se l’è chiesto mercoledì anche il tribunale di Firenze che ha deciso di accogliere e presentare alla Corte Costituzionale, in quanto emblematico, il ricorso di Evita, una donna di quarant’anni che si è vista rifiutare da un centro di fecondazione assistita in Toscana la richiesta, appunto, di una “fecondazione assistita di tipo eterologo con l’utilizzo di un gamete maschile di un donatore anonimo”. L’articolo 5, infatti, della fatale legge 40, prevede che possano accedere a questo tipo di pratiche solo “coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi”, a partire dunque dalla precisa scelta di non consentire forme di procreazione medicalmente assistita a una coppia lesbica o a una donna single. Scelta che non è ancorata su basi scientifiche o mediche: è a tutti gli effetti una scelta politica. La scelta di non tutelare il desiderio di diventare madre di una donna che ama un’altra donna o che non ama nessun uomo in particolare: e però sarebbe pronta ad amare suo figlio. La scelta di considerare deteriore l’aspirazione a diventare genitore, se è di due donne o se è di una single. Ma c’è di più. Si prende anche la briga di suggerire, l’articolo 5, che per un essere umano è comunque preferibile venire su con un padre e con una madre. Perfino se quell’uomo e quella donna, negli anni, cominceranno a non sopportarsi più. Perfino se lui picchierà lei, se lei picchierà lui, se rimarranno muti, a tavola, quando quel bambino diventerà adolescente e si sentirà solo, in un mondo dove non sarebbe arrivato se non per l’ostinata volontà di quei due che oggi non si rivolgono più la parola, non la rivolgono a lui. Comunque, pregiudizialmente e giuridicamente: meglio loro, “coppia maggiorenne di sesso diverso, coniugata o convivente”. Anche se la coppia lesbica che era in quella stessa fila, al centro di fecondazione assistita, mentre loro si detestano, ancora starà insieme, viva e innamorata: meglio loro. Anche se la single che pure era in fila diventerà la migliore zia dei figli dei suoi amici accoppiati, un punto di riferimento per tutti, o sarà costretta ad andare all’estero per realizzare il suo sogno: meglio loro. Come se solo a chi è single o a chi è omosessuale possa capitare di smarrirsi, di non essere all’altezza del suo ruolo di genitore che è, in estrema sintesi, uno: quello di traslocare dall’io al tu, di dare amore, per insegnare a darlo - e a chiederlo. Come solo se si è in due, e si è un uomo e una donna, si possa crescere un bambino non particolarmente simpatico, disordinatissimo. Ma sereno. Felice di stare al mondo.

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