Sì, l'Italia è sempre il Paese più vecchio d'Europa

Ci sono numeri che raccontano molto più di quello che uno potrebbe immaginare. Per esempio, 48,7. Non è tondo, ha anche un decimale diverso da cinque dopo la virgola, eppure ci dice qualcosa di importante sull’Italia contemporanea. Si tratta infatti dell’età mediana del nostro Paese nel 2024. Rappresenta, vale a dire, la cifra che divide in due parti esattamente uguali la popolazione tricolore: sotto, tutti coloro che sono più giovani, sopra quelli più vecchi. VIAGGIO AL CENTRO DELLA CRISI DEMOGRAFICA Prima Tappa: Corea del Sud Seconda tappa: Sardegna Ma per capire tutta la storia contenuta in quel numero dobbiamo aggiungere qualche dettaglio ulteriore. Primo: l’età mediana dell’Italia è la più alta d’Europa nell’ultimo aggiornamento dei dati di Eurostat, l’ufficio statistico della Ue. Secondo: lo Stivale è l’unico stato membro che supera quota 48 e si avvia verso i 49. Terzo: l’età mediana italiana era la più alta anche lo scorso anno, quello prima, quello prima ancora e si potrebbe andare indietro per un bel po’ trovando il Belpaese sempre in testa in questa classifica. Quarto e ultimo: la cifra cresce nel tempo, nel 2015 era 45,2 e dunque in un decennio è aumentata di 3 anni e mezzo. Riassunto di tutte queste informazioni: lo Stivale è il Paese più vecchio d’Europa e, come abbiamo visto, non è una novità. Invecchiamento progressivo “L’età mediana si alza per due motivi. Il primo è una buona notizia: si vive più a lungo. Il secondo è la riduzione della fecondità che fa sì che nascano meno bambini e che ci siano anche meno mamme. Non accade solo in Italia ma l’Italia è diventata uno dei paesi al mondo in cui l’invecchiamento progredisce a un ritmo più elevato”, spiega Claudio Lucifora, professore di Economia politica all’Università Cattolica di Milano. Ritmo più elevato vuol dire che l’età mediana italiana è quattro anni superiore alla media dei ventisette Paesi dell’Unione. Considerando solo le economie maggiori, sono tre anni in più rispetto alla Spagna e alla Germania e ben sei in più della Francia. Se si estende il confronto anche ai Paesi nordici, dove la popolazione è mediamente più giovane, il divario si allarga ulteriormente. L’età mediana dell’Irlanda si ferma a 39,4, quasi 10 anni in meno dell’Italia, della Norvegia 40,6 , della Svezia 41. Struttura della popolazione La tendenza in atto si ripercuote sulla struttura della popolazione: man mano che passa il tempo aumentano gli anziani diminuiscono i giovani. Oggi - sempre secondo i dati Eurostat - un italiano su quattro ha più di 65 anni , solo il 12%, la metà, ha meno di 14. Nel 1975, cinquant'anni fa, la proporzione era inversa: 11,9% di anziani e 24,3% 14 anni o meno. In un quarto di secolo, dal 2000 ad oggi, i più attempati sono saliti di oltre sei punti percentuali, bambini e ragazzini sono diminuiti di due. “La popolazione anziana si comporta diversamente in termini di risparmio, consumi e visione del futuro”, commenta Lucifora. Le conseguenze più immediate di questo cambiamento sono già tra noi, per esempio nel mondo del lavoro. “Il 40% delle imprese lamenta di non riuscire a trovare personale. E’ certamente anche una questione di competenze, ma è anche un problema di numeri: le nuove coorti di lavoratori sono più esigue”, commenta Lucifora. E non finirà presto. Le proiezioni dicono infatti che il processo è destinato a durare. Dal 2024 al 2100, secondo Eurostat, la quota della popolazione Ue oltre i 65 anni dovrebbe salire fino al 32,5%, una persona su tre . Per quell’epoca, raccontano sempre i modelli statistici di Eurostat, l’età mediana dell’Ue crescerà fino a 50,2 anni. La tendenza insomma è irreversibile, almeno sul medio termine e non ci sono interventi che possono invertire la tendenza. “Le misure a favore della fertilità, per quanto necessarie, non saranno sufficienti. Questo deve essere chiaro. E’ necessario invece prendere dello scenario e iniziare a considerarlo come inevitabile, trattarlo come un’opportunità sviluppando politiche adeguate”. Per esempio? “Per esempio attuando progetti di ‘age management’ nelle imprese che consentano anche a chi è più anziano di continuare a lavorare, magari meno e magari con altre mansioni. Promuovendo ulteriormente la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che in Italia è molto bassa. E poi c’è tutta la partita dei servizi per una popolazione sempre più anziana, a cominciare dall’edilizia: dal co-housing per favorire soluzioni alternative all’isolamento e alle Rsa, allo sviluppo di tecnologie di assistenza alla persona, fino alla domotica. Purtroppo in Italia da questo punto di vista siamo ancora alle sperimentazioni sparse, non esistono vere politiche di sistema”, conclude Lucifora.

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