Caso Almasri, Li Gotti: "Rifarei tutto, non accetto che un criminale torni in Libia"

Sono da poco passate le 17 di martedì 28 gennaio quando Giorgia Meloni con un video di 2 minuti e 16 secondi sgancia la bomba e comunica al Paese di essere indagata, insieme ad altri ministri del suo Governo, dalla procura di Roma per favoreggiamento e peculato. “Un avviso di garanzia – scandisce la premier nel video – presumo al seguito di una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”. A quel punto, insieme al video, anche il nome di Luigi Li Gotti diventa virale. Il diretto interessato nel frattempo non si scompone. “In queste ore ho ricevuto tantissima solidarietà. D’altra parte, io sono abituato a questo tipo di contrasti. Sono stato per quindici anni sotto protezione, sotto scorta, perché Salvatore Riina voleva uccidermi: quindi figuriamoci se mi posso preoccupare di Giorgia Meloni. Non mi sento nella bufera, semmai nella bufera ci possono essere i ministri che sono indagati”. Risponde così l’avvocato Luigi Li Gotti alla domanda se si senta in queste ore in qualche modo sotto attacco. Il tono con cui scandisce queste parole è deciso, di chi è sicuro di ciò che ha fatto. E non cade nelle provocazioni. Di certo oggi l’avvocato , 77 anni, è l’uomo di cui tutti parlano: con un esposto denuncia di quattro pagine ha fatto scattare l’avviso di garanzia contro Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e Alfredo Mantovano per l’intricata e nota vicenda del Generale libico Almasri, scarcerato e rimpatriato nel suo paese - su un aereo di stato italiano – nonostante la Corte Penale Internazionale avesse spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. “Ho agito da libero cittadino, ho sentito il dovere di fare questa denuncia. E la verità è una. Io non accetto che un criminale sia stato restituito alla Libia per continuare a fare ciò che aveva fatto fino a quel momento: violenza sessuale, torture, lavori forzati. Non mi va. Io lavoro in un paese civile e non posso far convivere la civiltà con la barbarie. La rifiuto. Gli attacchi non mi interessano. Tutta questa fibrillazione è venuta fuori per il video di Giorgia Meloni. Ma ognuno decide le proprie azioni. A livello politico qualcuno può chiedere le dimissioni della Premier come è già stato fatto. Ma io rappresento soltanto me stesso e potevo scegliere soltanto una strada: quella della denuncia. E rifarei tutto di nuovo”. Ci racconta quindi, quasi a voler sgomberare il campo da sospetti e complotti, della sua esperienza politica come Sottosegretario nel secondo Governo Prodi, in quota Italia dei Valori, “ma – chiarisce - io Romano Prodi non l’ho mai conosciuto e non ci ho mai parlato nella mia vita. Giorgia Meloni bene avrebbe fatto a informarsi meglio sul mio conto, così avrebbe evitato di dire queste inesattezze”. L’avvocato ci tiene quindi a ricordare la sua militanza storica nel MSI, quanto all'accusa di aver difeso mafiosi, mossa dalla stessa premier Meloni, Li Gotti racconta di aver fatto diverse cose tra cui anche la difesa di alcuni collaboratori di giustizia. Aggiungendo che fu Giovanni Falcone a chiedergli se era disposto ad assumere la difesa di Francesco Marino Mannoia e che lui accettò per dovere deontologico, ricordando tra le sue difese anche quella dei familiari dei carabinieri uccisi in via Fani, e delle vittime di Piazza Fontana e della famiglia Calabresi. "Certo che immaginavo che la mia denuncia avrebbe scatenato questa reazione – spiega – e sapevo che facendo una denuncia contro la Premier e alcuni suoi Ministri sarebbe successo qualche cosa a meno che l’esposto non fosse del tutto inverosimile. Io non ho accusato qualcuno di “aver rubato la Torre di Pisa”, ma ho indicato delle ipotesi di reato concrete e adesso sarà la magistratura a svolgere degli accertamenti". E le ipotesi di reato ipotizzate dall’avvocato Li Gotti sono favoreggiamento personale e peculato. "Ho utilizzato queste due ipotesi di reato – spiega l’Avvocato - perché ho ritenuto che ci sia stato un favoreggiamento personale perché si è sottratto un soggetto indagato – il Generale Almasri - ad un mandato di cattura internazionale della corte dell’Aja; Peculato invece perché mentre doveva essere ancora deciso l’esito su questa persona arrestata, con provvedimento della Presidenza del Consiglio alle 11.14 del 22 Gennaio il Falcon 900 dei servizi segreti decollava da Roma per Torino. Ma ancora non c’era stato alcun provvedimento di liberazione nei confronti di Almasri. Quindi mentre la Corte d’appello di Roma sollecitava il Ministro della Giustizia a intervenire, Nordio opponeva il silenzio e il Falcon partiva per il capoluogo piemontese. Questo significa che l’intenzione del governo era chiara ed aveva già deciso la scarcerazione dell’uomo. E il rimpatrio è avvenuto a bordo di un aereo di Stato, dunque utilizzando soldi dei contribuenti. Anche per questo ho chiesto che si indaghi per peculato". Poi l’ultima domanda: avvocato, ma lei rifarebbe tutto di nuovo? "Certo che rifarei tutto. E da cittadino mi sento la coscienza a posto".

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