La strage delle persone senza dimora: 434 morti invisibili nel 2024

Si muore di freddo e di caldo, di malattia e di violenza, si muore giovani, spesso giovanissimi, e si muore vecchi e soli, ma soprattutto si muore nell’indifferenza. L’ultimo report sui decessi nel 2024 di fio.PSD, la Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora, traccia un bilancio drammatico. Parliamo di 434 morti in strada nell'anno che ci siamo appena lasciati alle spalle. Sono 19 in più rispetto al 2023, quando si era già registrato un aumento delle morti: 22 in più rispetto al 2022. Chi sono Il 61% delle persone decedute era di origine straniera. Quello che colpisce, e che viene evidenziato nel rapporto, è che i giovani tra i 17 e i 29 anni rappresentano il 18% del totale delle morti tra le persone senza dimora. Questa fascia anagrafica risulta la seconda più colpita, subito dopo i 40-49enni. “Parliamo nella maggior parte dei casi di ragazzi che fuoriescono dai percorsi di accoglienza e si trovano senza riferimenti e aiuti. Giovani per cui il percorso di integrazione non ha funzionato o è stato discontinuo. A causa delle norme nazionali non riescono a mantenere il permesso di soggiorno, quindi perdono i documenti”, spiega Agnese Ciulla, coordinatrice della Segreteria di fio.SPD e dei rapporti con gli Enti locali e le Regioni. Non avere i documenti significa essere estromessi dal mercato del lavoro, almeno da quello alla luce del sole, dalle cure, dal sistema sanitario. L’altro grande tema è quello della fuoriuscita dalle comunità minorili, di cui abbiamo parlato nel terzo episodio del podcast "Margini", raccontandovi le storie di due casi emblematici delle falle del sistema. Trasformarsi in adulti autonomi una volta compiuti i 18 anni, quando si lasciano le strutture in cui si è cresciuti, spesso è un’impresa impossibile. Le cause L’età media delle persone decedute è, quindi, molto bassa, pari a 44,9 anni, dimezzando di fatto l’aspettativa di vita generale . Dati che raccontano una società estremamente diseguale. La causa principale di morte non è la malattia, come si potrebbe pensare, ma quelli che vengono definiti come "eventi traumatici e accidentali": aggressioni, incidenti e suicidi. “Questo è un paradosso che dovrebbe farci riflettere: le persone senza dimora sono le prime vittime della mancanza di sicurezza e della violenza che si consuma sulle strade. Dobbiamo ribaltare lo stereotipo per il quale sono i senzatetto a essere pericolosi, quelli da cui dobbiamo difenderci”, sottolinea Ciulla. I luoghi Le nostre città, piccoli e grandi centri, sono un cimitero a cielo aperto. Il 32% dei 434 decessi registrati sono avvenuti in strade, parchi, aree pubbliche. Morti che si consumano dunque sotto i nostri occhi, persone che si spengono in luoghi nevralgici della vita collettiva. Il fattore climatico gioca sicuramente un ruolo. Nel periodo in cui le temperature sono più rigide i comuni attivano dei piani per assicurare a quante più persone possibile ospitalità notturna. Ma non è solo il freddo a uccidere. Nella classifica dei mesi in cui sono stati registrati più decessi agosto è in seconda posizione, dopo gennaio. Anche il caldo estremo deteriora la qualità della vita e predispone a malori e infezioni. Nella stagione delle vacanze le città si svuotano e chi vive in strada si sente ancora più solo e smarrito. Domandiamoci perché il numero delle persone morte nelle strutture di accoglienza è bassissimo. “Chi si trova in difficoltà e magari è senza documenti ha paura a rivolgersi ai servizi di assistenza e quindi si organizza con sistemazioni di fortuna. Non occuparsi dei migranti che arrivano in Italia e portare avanti delle politiche solo restrittive ha come risultato lasciarli morire in strada.”, denuncia Ciulla. Non sempre i dormitori sono presi in considerazione anche da chi non ha problemi documentali: condividere i propri spazi con altre persone, rinunciare alla libertà degli orari e fidarsi degli operatori può essere molto difficile. “L'accessibilità ai servizi non passa soltanto dall'avere un medico di base, ma dalla possibilità di ricevere delle prestazioni di medici specialisti che siano predisposti e orientati all’incontro con gli invisibili”. Non bastano quindi le associazioni che nelle notti di freddo portano i pasti e le bevande calde, e neanche il dottore volenteroso che si aggrega alle ronde. “Ecco, potremmo immaginare un servizio periodico e strutturato di assistenza multidisciplinare, sanitaria e psicologica", afferma Ciulla. Non bisogna dimenticare la salute mentale. Solo nel 2024 sono stati 37 i suicidi. Le persone senza dimora che vivono in strada combattono spesso con grandi difficoltà psicologiche o psichiatriche e con dipendenze patologiche. “Questi due elementi sono in molti casi legati da una doppia diagnosi, quindi salute mentale e dipendenze vanno a braccetto: è necessario prevedere dei programmi territoriali, nazionali, regionali su questo fronte”. All’orizzonte Portare i medici nelle strade e rendere appuntamenti simili la regola: questa è la sfida. Senza lasciare che tutto il peso ricada sulle spalle del terzo settore. Quando si parla di senza dimora e salute bisogna pensare, anche, ai tanti pazienti e degenti che una volta dimessi dall’ospedale e curati sono costretti a tornare in strada per poi riammalarsi. Sono pochi per ora i centri in Italia che si occupano di questa fase delicata e decisiva della vita del senza dimora. Vi abbiamo parlato poche settimane fa dell’Ala fragili, ma mancano una visione chiara e delle soluzioni sistemiche diffuse su tutto il territorio. Tra le misure all’orizzonte c’è quella delle "dimissioni protette", uno dei cosiddetti LEPS che il Pnrr ha inteso potenziare. L'obiettivo è quello di garantire le dimissioni protette in modo più esteso. “Nascono per le persone anziane, con disabilità, ma prevedono anche un focus sulle persone senza dimora che escono dalle strutture sanitarie”, spiega Ciulla. Un monitoraggio costante Fio.SPD continua a monitorare costantemente i decessi. Da inizio gennaio 2025 sono stati 28. La Federazione attraverso le segnalazioni dei soci cerca, ove possibile, di indicare l’identità della vittima e il luogo di ritrovamento, mappando e lasciando traccia delle morti. Un modo per rendere visibile una strage che sta passando sottotraccia.

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