Caso Ramy Elgaml, mancata integrazione o sfiducia nelle istituzioni?

La morte di Ramy Elgaml in un incidente stradale a Milano ha scosso l'opinione pubblica riaccendendo i riflettori sulla questione dell'integrazione in Italia. Nella notte tra il 23 e il 24 novembre, il diciannovenne, di origini egiziane, stava viaggiando a bordo di uno scooter insieme all'amico ventidueenne Fares Bouzidi. I due sono stati inseguiti dai carabinieri per non essersi fermati a un posto di blocco. Dopo un lungo inseguimento, all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, Ramy è caduto dalla moto. La sua morte ha generato, nei giorni successivi, proteste violente nel quartiere milanese di Corvetto, dove decine di persone sono scese in strada per manifestare, tra roghi e vandalismi. A seguito dei disordini e delle tensioni nelle strade del quartiere, è arrivato l'appello del padre della vittima, Yehia Elgaml: "Abbiamo fiducia nella magistratura italiana, e non vogliamo vendetta ma solo sapere ciò che è successo. Ci dissociamo da tutti i violenti, ringraziamo tutti per la loro vicinanza, soprattutto gli italiani: mio figlio ormai era più italiano che egiziano". Elgaml ha poi aggiunto: “Io ho fiducia nella giustizia, io rispetto tutte le regole italiane. L'Italia è il nostro Paese, io vivo qui, mio figlio vive qui, mio figlio è morto qui. Questo Paese è il nostro Paese”. Del tema dell'integrazione e della multietnicità in Italia si è parlato nella seconda puntata di “Materia Grigia”, il talk di confronto di Sky Tg24 condotto da Fabio Vitale, a cui hanno partecipato come ospiti Insaf Dimassi, attivista e ricercatrice dell'Università di Bologna, e Francesco Giubilei, direttore scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale. Quanto è accaduto e ciò c'è dietro a questa vicenda riguarda una mancata integrazione, una questione di ordine pubblico, di sfiducia nell'istituzione o nelle forze dell'ordine? Qual è il suo punto di vista? Giubilei: “Anzitutto, c'è un'inchiesta in corso e quindi vedremo quali saranno i risultati di questa inchiesta, quello che sappiamo ad oggi è che Rami stava scappando da un inseguimento, da una pattuglia dei carabinieri e nel corso di questo inseguimento ha purtroppo perso la vita, bisogna fare luce su questo fatto, dopodiché è innegabile però che vi sia un problema e continuare a negare che esiste un problema nelle periferie delle grandi città italiane che sta crescendo sempre di più significa non vedere la realtà e i cittadini se ne rendono conto, ma oltre ai cittadini ci sono dei dati oggettivi, non c'è solo una soggettività di mancanza di sicurezza ma c'è anche un'oggettività dei dati che ci dicono che se è vero che è assolutamente sbagliata l'equazione immigrato uguale delinquente e immigrazione uguale irregolarità, è un'equazione sbagliata. Però i dati ci dicono che il numero delle persone straniere nelle carceri italiane sono oltre il 30%, i dati del Viminale ci dicono che oltre il 45% dei furti che sono compiuti in Italia sono compiuti da stranieri e aumentano addirittura oltre il 50% per le rapine. E quindi c'è un problema che riguarda un modello di integrazione che è stato fallimentare, un modello di multiculturalismo che ha dimenticato quelle che sono le regole da rispettare e al tempo stesso un modello di immigrazione che ha fatto sì che arrivassero troppi immigrati che non riusciamo a gestire”. Dimassi: “Io come il dottor Giubilei sono una garantista per cui anche io assolutamente non mi pronuncerò sul fatto in sé e attendo la sentenza dei tribunali e dei giudici. Detto questo, il dottor Giubilei dice che l'equazione criminalità-immigrazione è errata, eppure non ha fatto altro che citare i dati per sostenere questa equazione. Io sono d'accordo l'equazione criminalità-immigrazione è completamente sbagliata, piuttosto l'equazione marginalizzazione, povertà, discriminazione, mancanza di documenti regolari che non permette l'accesso a un mercato del lavoro regolare: questi possono essere fattori che possono indurre alla criminalità. Ecco, il caso di Corvetto ci ha fatto capire anche una cosa molto importante, che purtroppo nel momento in cui avvengono dei fatti drammatici come questi l'attenzione giornalistica è orientata alla criminalizzazione del migrante, l'equazione quartiere-periferico con tante persone migranti ha portato appunto a questa deduzione. Io credo invece che bisogna concentrarsi sull'integrazione sociale, sugli strumenti messi da parte dello Stato per poter sostenere le persone in condizioni di fragilità. E credo che, se questo governo sia emesso l'obiettivo di aumentare la sicurezza nel nostro paese, di dimostrarlo in questo senso piuttosto che sperperare soldi in opere che non hanno nessun fine e che non stanno funzionando nella maniera corretta. Chiaramente mi riferisco al caso Albania: forse spendere quel miliardo di euro per rafforzare le periferie del nostro Paese sarebbe stata una spesa migliore”. Giubilei: “Io mi sono limitato da un punto di vista di cronaca a citare dei dati, che sono i dati del Viminale, che ci dicono che oltre il 30% della popolazione carcerale italiana è straniera. E quindi è un dato di fatto che c'è una maggiore propensione a delinquere. Poi possiamo ragionare, indagare le cause. E, al tempo stesso, ci troviamo in questa situazione perché negli ultimi decenni è stato portato avanti un modello migratorio errato, facendo arrivare troppi immigrati irregolari. Sarebbe stato meglio fare arrivare un numero congruo di immigrati regolari e integrarli realmente nel nostro Paese”. Avete parlato di un'Italia multietnica. C'è chi ritiene che l'Italia multietnica sia la dimostrazione di un progresso culturale, civile, economico, e chi ritiene invece che questo possa minare i valori e l'identità nazionale. Cosa ne pensate? Dimassi: “Io credo che l'Italia sarebbe un Paese multietnico anche senza la presenza della popolazione straniera. La diversità tra il nord, il centro e sud sono la dimostrazione di una diversità linguistica, culturale, culinaria, dei dialetti. L'Italia è già diversificata. Insomma, a parte queste battute, è certo che una convivenza multietnica è possibile. Anzi, è un nostro dovere imporre questa convivenza multietnica pacifica, ovviamente rispettando la Costituzione, agendo nello spirito repubblicano, rispettando le leggi, però lavorando tutti insieme nell'adempimento di un patto sociale che ci possa permettere di creare un paese più bello, ancora più ricco e ancora più vario. Certo che è possibile e anzi ricordiamoci che noi siamo nati da questa parte del mondo per pura fortuna e non abbiamo nessun merito ad essere nati nella parte più ricca e fortunata del mondo. Siamo tutti figli della stessa terra, apparteniamo tutti alla stessa specie umana, quindi la convivenza di persone con diverse culture, con diverse religioni, con diverse lingue può essere soltanto una grande ricchezza per il mondo, non solo per il nostro Paese”. Un'Italia multietnica è un vantaggio, e dunque alimenta quel concerto di valore di cui parlava Insaf Dimassi, oppure mina le fondamenta, l'identità della nazione? Giubilei: “Sinceramente io sono orgoglioso di essere italiano e sono orgoglioso di essere nato in Italia e non devo provare minimamente nessun genere di colpa per essere nato in una nazione europea e occidentale. Non credo minimamente - come vorrebbero determinate tendenze, che sono quelle della cancel culture, della riscrittura della storia- che dobbiamo colpevolizzarci per il nostro passato. Il nostro è un passato glorioso, importante, l'Italia è una nazione unica e lo scrive Dante Alighieri nelle sue opere, lo racconta Gioberti, lo racconta Cuoco: c'è tutta una letteratura che spiega quella che è la nostra nazione e la nostra identità. Dopodiché, è evidente che chi vuole venire in Italia e vivere nel nostro paese da altre nazioni è il benvenuto, purché rispetti le leggi, ma rispetti anche la nostra storia, rispetti anche le nostre tradizioni, rispetti anche le nostre radici. Perché ancora prima che le leggi dello Stato, c'è un portato storico, un portato culturale, che appartiene alla nazione italiana. Non si può pensare solo di rispettare le leggi dello Stato e, al tempo stesso, non uniformarsi a quelle che sono le nostre tradizioni e pensare di poter essere italiani. Questo significa anche essere italiani e credo che tutti noi dobbiamo essere orgogliosi di essere nati nella nazione più bella del mondo”. Dimassi: “Anche io sono orgogliosissima di essere italiana e sono orgogliosissima di essere italiana con questo background culturale differente. Io mi sento estremamente più ricca: essere nata da genitori stranieri mi ha permesso di nascere bilingue, di conoscere due mondi diversi, di appartenere a due culture diverse. E questa è una ricchezza eccezionale. Però, diversamente dal dottor Giubilei, io credo che prima ancora delle tradizioni e delle convinzioni personali, esista la Costituzione ed è questo il pilastro della nostra nazione: una Costituzione inclusiva, una Costituzione universalistica, una Costituzione antifascista. E chi si riconosce nei valori della nostra Costituzione è un cittadino a tutti gli effetti”. Giubilei: “Io sono nato da una madre che è nata in Venezuela da figli di emigrati italiani, quindi figuriamoci se ho una preclusione nei confronti di chi è straniero e si trasferisce in Italia. Quello che dico è che la Costituzione è fondamentale - e ci mancherebbe altro - ed è l'architrave della base della nostra democrazia, però ci sono anche delle leggi no scritte che sono le leggi della storia e della tradizione che bisogna al tempo stesso rispettare, perché hanno costituito il DNA dell'Italia”.

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