Fine vita, Laura Santi: “Finalmente libera di scegliere quando morire”

L’ok è arrivato dopo due anni. Una lunga trafila legale tra dinieghi, carte bollate e ricorsi. Il parere favorevole è arrivato dalla commissione medica dell’Asl di Perugia. La 49enne di Perugia affetta da una forma di sclerosi multipla progressiva, è la nona persona in Italia ad ottenere il via libera per l’accesso alla morte volontaria assistita. Dopo una lunga battaglia di oltre due anni ha ottenuto il riconoscimento di tutti e quattro i requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale. Ora che è arrivato il parere favorevole alla richiesta Laura Santi si sente finalmente libera di scegliere come morire. Al momento non vuole ricorrere alla procedura ma ha espresso soddisfazione nel non sentirsi più in trappola. Laura ha detto di sentirsi finalmente libera? Come prova ora sapendo di poter scegliere di accedere al suicidio medicalmente assistito? Io mi sento da oggi stranamente e vertiginosamente libera. In realtà, era una risposta attesa perché c'è stata una battaglia legale, un iter anche che in questi ultimi giorni, in queste ultime settimane che ha maturato delle risposte da parte degli enti e delle istituzioni locali. Quindi la risposta è arrivata, si è fatta attendere, ma non sono sorpresa dal finale. Però certo riceverlo in mano vi confesso è tutta un'altra cosa perché non è un invito ad un compleanno e di questo ne sono ben cosciente. Io sono stata giornalista e ancora sono blogger, tengo dei blog dove scrivo del mio vissuto quotidiano, della mia malattia, della ferocia della sclerosi multipla progressiva e avanzata, del vissuto con mio marito Stefano, che colgo l’occasione per ringraziare perché senza di lui non potrei vivere, e parlo di ciò che è il vissuto di fronte all’idea di poter morire. Lei combatte non solo per sé stessa. Bisogna capire che dalla parte dei malati, che stanno in una sofferenza cronica progressiva e feroce, o persone con una disabilità altrettanto feroce, osservare la morte è una eventualità, una possibilità. Devo dirlo, purtroppo, è una possibile liberazione. Ma ovviamente noi abbiamo un punto di vista diverso perché le nostre 24 ore sono feroci, ci sono delle routine sanitarie svuotate di ogni attività, di ogni progetto. Io non vivo più da persona, lasciatemi passare il termine, “normale” e da molti anni. Questa malattia si sta aggravando. Con essa si stanno aggravando le routine, le prassi sanitarie, le mani altrui addosso, le cose che devono farmi gli assistenti. Tutte cose che poi mi sono valse il quarto requisito della Corte costituzionale, nella sentenza Cappato di Dj Fabo, cioè i sostegni vitali. Al momento non intende avvalersi della procedura, ma sapere di avere la possibilità la fa sentire libera, perché? La mia mente osserva un corpo che si sta progressivamente spegnendo. A gennaio compirò 50 anni, e questo mi fa capire nella tempistica di progressione veloce di questa malattia, che è normale farsi due conti. Quindi mi sono messa da due anni e mezzo, sono due anni e mezzo in tutto, in questa battaglia legale per vedermi riconosciuto un diritto a poter almeno vivere con un pezzo di carta in mano che non mi faccia sentire in trappola. Muoviamo i primi passi nel diritto e questo significa muovere i primi passi in un diritto che ancora non è certo. C’è una sentenza, c’è la giurisprudenza, ma manca questa benedetta legge nazionale sul fine vita. Nel frattempo, in questi due anni e mezzo di battaglia, purtroppo la mia malattia si è ferocemente aggravata. A dicembre 2023 ho ricevuto il primo diniego dalla mia Asl di riferimento perché non avevo il quarto requisito come indicato dalla sentenza 242 del 2019, la sentenza Cappato Dj Fabo. Dicevo, cioè i trattamenti di sostegno vitale, in soldoni significa essere attaccato a un macchinario, a qualcosa per sopravvivere. La malattia si è aggravata velocemente non solo a livello motorio, di dolori. Sono in cure palliative, questo ci tengo a dirlo, con un buon risultato ma anche appunto di pratiche sanitarie. Sono stata rivalutata e sia la mia commissione medica Asl che poi il comitato regionale, hanno dato alla fine parere positivo ma è stata una lunga strada fatta di diffide, di denunce. Abbiamo dovuto veramente spingere il pedale forte per avere questo diritto per vedersi riconosciuto questo diritto. Ogni volta in questi anni ha dimostrato una forza straordinaria, un incredibile attaccamento alla vita anche se parla di fine vita. Cosa si sente di dire a chi si trova ad affrontare una situazione simile alla sua? Dico abbiate fiducia perché in Italia il suicidio assistito già esiste, è legale, auto applicabile a questa sentenza 242 perché è una sentenza che fa giurisprudenza e consente a chi rientra in determinati parametri o requisiti di poter accedere. Attenzione: non di farlo, ma di poterlo fare. Che è una differenza enorme, accedere al suicidio medicalmente assistito, cioè autosomministrarsi un farmaco letale se e quando si vorrà. Ovviamente bisogna rientrare in questi criteri, che sono molto severi. Bando alle ipocrisie sul presunto pendio scivoloso con una deriva eutanasica, come si dice in politica. Quindi lancio un appello alle persone malate: informatevi, sappiate intanto che esistono le Dat che sono le disposizioni anticipate di trattamento per evitare un accanimento terapeutico sulla scorta del caso Englaro e sappiate che anche il suicidio assistito per determinate persone è possibile già, anche se manca una legge vera. Lei sta combattendo una battaglia che non è solo la sua. In questi anni con l’associazione Luca Coscioni ha prestato il suo volto e la sua storia nella campagna per l'eutanasia legale. Io ho fatto questa battaglia e ho mosso anche diffide, denunce con la mia avvocata e con tutto lo staff legale proprio perché la rabbia era questa: io, Laura Santi, posso aspettare, voglio aspettare perché ancora Io resto aggrappata la vita con i denti con le unghie e questo lo sanno tutti, lo sanno i giornalisti che mi conoscono, lo sanno i miei amici, lo sa la mia famiglia. Ma chi non può aspettare? Io, nel frattempo, di questi due anni e mezzo ho visto morire delle persone. Sibilla Barbieri, l’anno scorso, la nostra consigliera generale nota produttrice cinematografica romana, oncologica terminale, non si è vista riconoscere i sostegni vitali ed è dovuta emigrare in Svizzera. Però lei stessa prima ha lanciato un video appello dicendo: chi non ha le informazioni, chi non ha i soldi? Perché poi in Svizzera ci vogliono 10-12.000 euro una pratica lunga faticosa, fino a poco tempo fa obbligava qualcuno che ti ama ad accompagnarti a delinquere di fatto. Perché questa storia dei trattamenti di sostegno vitale ti rende anche delinquente, Cappato, il nostro tesoriere svariate volte si è autodenunciato. Perché un malato che già soffre, chi ha già una malattia tremenda, deve oltretutto sentirsi in trappola? Io dico sempre queste tre parole per far capire agli spettatori: sentirsi in trappola. Voi immaginate, avete una malattia feroce, irreversibile. E io ne ho tentate tutte sul lato terapeutico riabilitativo e ancora faccio fisioterapia. Pensate: vi sentite in trappola. Pensate invece: avete una malattia tremenda ma non vi sentite in trappola e avete un joystick con un pulsante in mano. Io lo chiamo “il parapetto”, è come affacciarsi da un parapetto e dire: “Domani lo vuoi fare Laura?”. “Ok, grazie, forse dopodomani”. Devo ammettere che questo orizzonte, per me che sono peggiorata, si è un po’ avvicinato nel tempo. Due anni e mezzo fa non ci pensavo proprio quando ero un volto per la raccolta firme del referendum Eutanasia Legale non ci pensavo proprio. Oggi ci penso ma avere questa libertà in mano e lo sapevo che quando l’avrei conquistata sarebbe stato così, avere questa libertà in mano questo orizzonte un po’ te lo allunga. Perché tu sei libero, sei il padrone della tua esistenza, sei libero anche di vivere giorno per giorno la tua malattia. La gente comune è tutta a favore dell’eutanasia o di una legge che regolamenti infine vita ma sono i politici e non è forse neanche la chiesa. La chiesa è ovvio non può non dire dopo millenni, è ovvio, ma la chiesa è un’istituzione. L’eutanasia è un argomento divisivo e la sua è una battaglia anche politica. Cosa si sente di dire o chiedere alle istituzioni, al mondo politico? Io sono arrabbiata con la politica sia di destra che di sinistra che si volta sistematicamente dall’altra parte questa è una battaglia forte, divisiva. Lo capisco è un diritto di frontiera, se vogliamo chiamarlo così. Io sono giovane non ho vissuto l’aborto e le lotte per l’aborto. Credo che qui siamo ancora oltre come difficoltà, ma va affrontato perché ci sono migliaia di malati che soffrono. Se voi non la affrontate, cari politici, non è che quei malati non esistono più. È che non li guardate, soffrono in silenzio: è di una crudeltà incredibile questa cosa. Quindi faccio un appello alla politica nazionale, che faccia una legge però veramente fatta bene sul fine vita con tutti i criteri di salvaguardia necessari. Io che vivo in Umbria dove ci sono ora le elezioni regionali faccio un appello alle candidate, di centrosinistra e centrodestra, affinché chiunque vada al governo nella mia Regione si faccia carico di una legge regionale. Che si può fare senza scomodare la Costituzione ma semplicemente restando nell'alveo di ciò che è consentito, cioè dalla sentenza 242. Migliorare le tempistiche e le procedure di risposta per i malati che ne facciano richiesta, quindi evitare altri casi Laura Santi. Cioè il mio non deve essere un ”Brava Laura”, deve essere un esempio. La mia battaglia deve servire ad altri perché io alla fine, glielo dico, in un giorno brutto magari, in un futuro mi sarei anche organizzata per andare all’estero. Non è il mio, non è mio il problema, non è più mio. Prendete questo caso, ad esempio, e pensate che ci saranno altre persone che soffrono, stando tanto male, sono sole e fatevi carico di affrontare finalmente questo benedetto problema. Non è una questione di destra di sinistra, atei o cattolici. Questa è una questione di diritti umani, e di rispetto della sofferenza. Anzi io credo che qualsiasi politico, lo invito, avrebbe un boom di voti pazzeschi se si promosse una legge sul fine vita ben fatta.