Giovani uccise, la psichiatra: "Quando il narcisismo è patologico non è mai amore"

Aveva 13 anni, Aurora Tila. La sua vita si è interrotta volando giù da un balcone del palazzo in cui viveva a Piacenza, per otto lunghi metri. Era in compagnia del suo ragazzo, 15 anni, che da subito ha sostenuto fosse precipitata da sola. Ma ieri la svolta: i carabinieri del nucleo investigativo di Piacenza, su disposizione della Procura per i minorenni di Bologna, lo hanno indagato per l'omicidio e portato in un carcere minorile. Il fermo è quello che da subito auspicava la famiglia della ragazza. "Era ossessionato da lei", aveva già detto in più occasioni la sorella di Aurora, che come il resto della famiglia non accetta in alcun modo che si sia trattato di un suicidio o una caduta accidentale. Al vaglio degli inquirenti, anche una ‘memoria’ che l’avvocata della famiglia ha presentato agli investigatori: testimonianze di amici, conversazioni via chat, messaggi e sfoghi, ma anche referti medici. Elementi messi in fila per sostenere l'azione di Procura e Carabinieri e fornire contenuti per inquadrare la relazione tra la 13enne e il fidanzato, che al di là della colpevolezza di lui che dovrà essere provata, era “tossica”. La ragazzina aveva anche riferito ai servizi sociali del comportamento del fidanzato e della sua difficoltà ad interrompere la relazione. La lista delle donne morte ammazzate per aver osato pretendere di essere libere di dire 'basta' è spaventosamente lunga. Ma questo caso fa ancora più impressione, perché la vittima aveva 13 anni, e la sua relazione era iniziata quando ne aveva solo 12. Ed era già intrappolata in un rapporto malato, all'interno del quale subiva violenza fisica e psicologica. Ma dove possiamo cercare risposte per spiegarci come un 15enne possa trasformarsi in un soggetto abusante? “Partirei da un’osservazione: quella che questi due giovanissimi e Filippo Turetta e Giulia Cecchettin ci sono quasi dieci anni di differenza, quasi una generazione. Stiamo anticipando i tempi in una maniera drammatica”, dice a Sky TG24 Insider Sarah Viola, psichiatra e specialista in Psicologia Medica. Sembra che l'età si stia drammaticamente abbassando. Come possiamo spiegarci questo tipo di controllo e oppressione da parte di un ragazzino di 15 anni? Dove ricercare cause che ci aiutino a capire? Penso che noi genitori e anche noi società stiamo “adultizzando” i nostri figli con una velocità spaventosa. Stiamo rubando loro l’infanzia in maniera completa e totale. Aurora e il suo ragazzo sono due poco più che bambini, due preadolescenti. La loro storia è iniziata un anno fa. E su questo non si può non fare una riflessione. Mi dica. A 12 anni io giocavo con le bambole, ma soprattutto sognavo. Avevo una fantasia sulla vita, non ne ero già scottata: non mi ero rivolta ai servizi sociali, le mie amiche non temevano per la mia incolumità, non avevo un cosiddetto fidanzato che alzava le mani su di me. Noi genitori non stiamo permettendo ai nostri figli di percorrere delle tappe che sono fisiologiche. Di fronte al cambiamento che stanno vivendo i nostri figli loro sono soli, noi non ci siamo. Mi occupo ogni giorno di minori e mi dispiace dire che la categoria dei genitori in questo momento è fortemente colpevole. Le madri e i padri devono esserci, non possiamo deresponsabilizzarci. Anche se comprendo che essere genitori oggi sia molto difficile: devi lavorare, non devi invecchiare, non devi morire, devi essere moderno, devi essere amico… Tornando ai protagonisti giovanissimi di questa vicenda e non solo, dove possiamo ricercare le cause che spingono un giovanissimo a controllare la sua "fidanzatina"? Si tratta di una fragilità patologica. La parola “narcisismo” è abusatissima, ma è la chiave di tutto. Il narcisista è un vigliacco, ma è anche un fragile: uno che ha talmente tanto paura di soffrire che pur di non soffrire ti uccide. E se perde la persona che crede di amare, sente di andare in frantumi. È il caso di Filippo Turetta, di cui abbiamo assistito in questi giorni al processo in aula? Sì. Sembrerà strano, ma io credo che a lui non interessi nemmeno se sarà condannato o meno all’ergastolo. La cosa che per lui era quella più importante per la sua vita, come narcisista patologico, l’ha fatta: uccidere la sua ragazza. L’importante per lui era che Giulia Cecchettin non si laureasse e non continuasse da sola nella sua vita. Perché era convinto di non poterlo reggere. Qui l’amore non c’entra, lo ribadiamo? Assolutamente. Questi non sono legami d’amore. Il narcisista patologico non si innamora, questo devono saperlo le ragazze. E non si innamora perché non ha proprio il know-how, non ne è capace. Un esempio: crederebbe mai che una persona paraplegica possa andare in bicicletta? Mai, non ne ha proprio la possibilità. Ecco, il narcisista è un paraplegico dei sentimenti, non si può innamorare. E per esistere ha bisogno di sentire che qualcun altro dà sostanza alla sua vita. Quando Turetta in aula afferma “ho ucciso Giulia perché si è rifiutata di portare avanti la mia vita” dice la verità, perché aveva messo la sua vita nelle mani di un’altra persona. Il narcisista è una figura drammatica. E pericolosa. Come si riconosce un narcisista? Intanto non è sempre brutto e cattivo, altrimenti riconoscerlo sarebbe facile. Ci sono due aspetti. Il primo è che il narcisista ti sa fare sentire speciale, l’unica, la sola. Poi però cinque minuti dopo gli dici che esci con la tua amica e lui ti picchia: basta una parola e un momento meraviglioso diventa un inferno. L’altro elemento è che il narcisista ti crea il vuoto attorno: ti isola per controllarti e per farti diventare più debole. In questo modo lui diventa l’unico interlocutore e rende l’altra persona dipendente. Ogni donna può diventare vittima di un soggetto narcisista? Non proprio: diciamo che perché succeda bisogna avere una tendenza, del tutto inconscia, alla dipendenza affettiva. Questo è l’altro lato della medaglia. La molla che scatta è: “Non posso lasciarlo, poverino, lui mi ama”. Ma come dicevo, questi soggetti non sono in grado di amare. E soprattutto le vittime sperano sempre che quel brutto episodio sia l’ultimo, che le cose cambieranno: le cose invece non cambiano. Cosa si può fare per evitare che crescano nuovi narcisisti? Bisogna necessariamente lavorare con le famiglie. Io opero nella zona di Bergamo, e sto cercando qualche imprenditore che mi possa aiutare ad aprire un rifugio dove le famiglie possano venire quando la tensione in casa sale troppo. E soprattutto dove tenere dei corsi base, di formazione, alla funzione genitoriale. Se da soli non ce la fanno, i padri e le madri hanno bisogno di guide. Per poi guidare a loro volta i propri figli e le proprie figlie. Pensa che i giovani oggi si sentano soli? Ne sono convinta. Immagini di trovarsi sola su un’imbarcazione, magari col mare in tempesta, e non vedere nessuno. Serve un comandante che intanto mi porti al sicuro. Poi del resto discutiamo. Quasi quotidianamente in seduta mi sento dire dai ragazzi: “Ma lei crede davvero che a mio padre importi qualcosa?” questo è drammatico, e rende l’idea del livello di solitudine che provano. Secondo la sua esperienza professionale, i ragazzi e le ragazze avrebbero voglia di comunicare, di affidarsi agli adulti? Sì: i ragazzi oggi stanno male, ma sono un terreno fertilissimo. Sono pronti a essere ascoltati, hanno curiosità, energie e soprattutto bisogno. Appena ti rivolgi a loro in maniera davvero interessata sono reattivi. Sarebbe necessaria l’educazione affettiva nelle scuole come materia obbligatoria? È importantissima, sì. Però non deve riguardare solo la salute sessuale, ma anche le relazioni e i sentimenti. I nostri ragazzi devono tornare a non avere paura. Spesso mi confessano che non si vogliono innamorare “perché poi si soffre”. Invece si deve imparare a soffrire, perché solo se soffri ti rendi conto di poter superare quella sofferenza. Non è vero che ti distruggi, ce la fai. Dobbiamo insegnare loro che si può stare nel dolore e venirne fuori.

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