Università e lavoro, Professioni sanitarie: quali lauree offrono migliori prospettive?

Scegliere l’Università che fa al caso nostro non è facile. Ci sono molte variabili in gioco. Una tra le tante è - o dovrebbe essere - quella dell’accesso al mondo del lavoro con relative prospettive di guadagno. Soprattutto oggi che l’Università offre percorsi specializzati in numerose discipline consentendo l’ingresso al mercato anche solo dopo un percorso di studi triennale. È il caso, per esempio, delle cosiddette professioni sanitarie che sono sempre più spesso cercate proprio con l’obiettivo di lavorare subito o quasi. Secondo un rapporto di Almalaurea del 2021, oltre l’85% dei laureati triennali in questo ambito non si iscrive successivamente ad un corso biennale ma si lancia nell’attività lavorativa. Anche per questo, guardare un po’ più da vicino le opportunità offerte da simili lauree può essere interessante e magari, perché no, anche utile. Troverò lavoro? Per molti è - qualcuno dice: dovrebbe essere - una delle prime domande da farsi di fronte alla scelta di un’università. Il discorso vale ancora di più, per le ragioni che abbiamo appena accennato, per le cosiddette professioni sanitarie. Quali chance di trovare un impiego in tempi ragionevoli offrono? Una prima risposta al quesito arriva, di nuovo, dai dati raccolti da AlmaLaurea. Ed è incoraggiante. Oltre il 70% dei laureati nei vari sottogruppi in cui sono classificate queste discipline trova lavoro entro un anno dal conseguimento del diploma triennale. Vale per tutte le tipologie tranne per quelle racchiuse nell’etichetta “Servizio sociale” dove risulta occupata meno della metà dei laureati. Il discorso cambia però se si opta per altri due anni di studio e si consegue una laurea biennale. In questo caso la percentuale di occupati sale oltre il 90% per l’ambito riabilitativo , della prevenzione e dei tecnici sanitari . Restano più sotto le professioni legate ai servizi sociali dove però, come si vede, la laurea specialistica fa aumentare in modo consistente la chance di impiego rispetto alla sola triennale. Quanto guadagnerò? Trovare lavoro è certamente una buona cosa, non ci piove. Soprattutto se l’occupazione piace e dà soddisfazione. Ma anche i soldi hanno una loro importanza. E dunque sapere che salario ci si può ragionevolmente aspettare dalla strada che si desidera intraprendere non guasta. Di certo completa l’informazione che può condurre ad una scelta ragionata. Da questo punto di vista gli stipendi migliori del comparto delle professioni sanitarie si può dire che li offrano i corsi negli ambiti di infermieristica e di ostetricia e delle professioni sanitarie tecniche. Un anno dopo la triennale chi ha trovato lavoro in questi raggruppamenti può contare su uno stipendio netto medio superiore ai 1.600 euro mensili. Per tutti gli altri gruppi il compenso resta invece inferiore ai 1.500 euro mensili. I compensi migliorano, come è lecito supporre, con due anni di specialistica in più nel bagaglio accademico. Attenzione, però. Siccome stiamo parlando di medie, ci sono ovviamente delle differenze per quanto riguarda i salari tra le varie professioni all’interno dello stesso gruppo. Per esempio, secondo il rapporto di Almalaurea, ad un anno dalla laurea triennale chi ha scelto la strada dell’infermieristica guadagna un po’ di più di coloro che hanno intrapreso il percorso dell’ostetricia. Mentre l’igiene dentale è la via che - sempre ad un anno dalla triennale - consente i guadagni migliori tra tutte le professioni sanitarie. Non si possono lamentare neanche coloro che hanno studiato tecniche radiologiche e audioprotesiche. Nella parte bassa dei guadagni, invece, si collocano la dietistica, le tecniche audiometriche e l’ortottica . Maschi e femmine C’è poi un ulteriore tipo di differenze di cui è bene tenere conto. Non vale solo per le professioni sanitarie ma per il mercato del lavoro italiano in generale. Ed è il divario tra uomini e donne. Risultato: gli infermieri guadagnano mediamente più delle infermiere. I tecnici sanitari maschi più dei tecnici femmina, i fisioterapisti più delle loro colleghe. In certi casi, come si vede dal grafico, si tratta di pochi euro al mese, in altri la differenza supera i cento euro. Certo, dirà qualcuno, non sorprende, visto che si tratta di un fenomeno diffuso in tutti gli ambiti del mercato del lavoro italiano . E però, forse, proprio il fatto che non sorprenda è una parte del problema.