Sopravvissuto sul lavoro: la missione di Gabriele dalla carrozzina alle scuole

Occhi svegli, voce potente e profonda, idee chiare; formatore, padre, invalido. Gabriele Salvitti ha ed è tutte queste cose insieme, ma in realtà ha ed è molto più di questo: è un lavoratore, un testimone, un compagno e la lista potrebbe allungarsi quasi all’infinito, ma se dovessimo definirlo con una parola, una sola, sarebbe sopravvissuto. I dati Ma per raccontare la sua storia dobbiamo partire, come spesso capita, dai numeri. In Italia, lo scorso anno, i morti sul lavoro sono stati più di mille. In pratica tre vittime al giorno, leggermente in calo rispetto all’anno precedente, ma il dato che impressiona di più sono le seicentomila denunce di incidenti che sono arrivate agli uffici competenti. Se guardiamo alla popolazione attiva complessivamente nel 2023, ci accorgiamo che si tratta di una denuncia di infortunio ogni 36 lavoratori. Un fenomeno in regressione, certo, rispetto agli anni terribili del dopoguerra e del boom economico. Secondo l’Inail, nel 1963 le morti sul lavoro furono 4.644. Un numero terribile, più di quattro volte superiore a quello dello scorso anno. Nel frattempo sono intervenute leggi e sentenze che hanno stabilito dei requisiti minimi che dovrebbero garantire la sicurezza dei lavoratori. Ma le zone d’ombra, soprattutto quando il lavoro non è regolarmente denunciato, sono molte e molto estese. Basti pensare, ce ne siamo occupati nella prima puntata di Cose di oggi, al fenomeno del caporalato: almeno duecentomila persone che lavorano in condizioni drammatiche dal punto di vista igienico, sanitario, dei più elementari diritti e, ovviamente, della sicurezza. Il caso di Satnam Singh, il bracciante indiano di 31 anni morto dissanguato dopo che un attrezzo agricolo gli aveva amputato il braccio nel giugno scorso, è solo il più noto -e ultimo in ordine temporale- di una serie lunghissima. L'incidente La sera del 7 luglio del 2015, la vita di Gabriele cambia. Il camion dell’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti che sta guidando si ribalta su Via Cristoforo Colombo, a Roma. “Un concorso di colpe”, dice Gabriele, ed è senz’altro vero: colpa sua, colpa dell’azienda che non lo fa tornare indietro a scaricare un camion troppo pesante, colpa del comune di Roma che si occupa poco della manutenzione delle strade della città. Il camion era troppo carico e, complice forse un guasto meccanico, a un certo punto è diventato incontrollabile. Rumore. Buio. Quando si sveglia, Gabriele è paralizzato dalla vita in giù a causa della rottura di due vertebre. Quello che ancora non sa è che il suo camion è finito contro un’auto che procedeva in direzione opposta e ha ucciso il guidatore, un uomo che stava tornando da una festa di compleanno. La sua. Questa cosa, l’aver -seppur del tutto in volontariamente- provocato la morte di una terza persona getta Gabriele nello sconforto più nero. Le prime settimane sono durissime. Oltre che con la sua nuova condizione, deve fare i conti con gli enormi sensi di colpa che una morte terribile, ingiustificata e casuale gli ha provocato. Una serie di circostanze, però, oltre alla sua forza d’animo, gli permettono di iniziare un percorso nuovo e inaspettato, che lui ha trovato la determinazione di compiere in totale autonomia e grazie al sostegno delle sue due figlie. “Sono cresciute molto in fretta”, dice. In effetti, le prospettive di due bambine che hanno a che fare con un evento del genere cambiano repentinamente. La testimonianza Una volta fatti i conti con la nuova situazione, con la sua coscienza e con la propria famiglia, Gabriele riprende in mano il corso della sua vita e si dedica anima e corpo a un viaggio nuovo: quello nelle scuole, nelle aziende, in tutti i luoghi in cui la sua storia possa essere di insegnamento a qualcuno e possa salvare anche una sola vita, o un braccio, o una gamba. Lo fa grazie ad ANMIL, l’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi del Lavoro, nata nel 1943, che si occupa di rappresentare gli interessi di chi ha subito un infortunio grave sul lavoro. Solo dal 1° maggio 1999 ANMIL è entrata nel Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INAIL come unico rappresentante degli invalidi del lavoro. Significa che, prima di quella data, all’interno dell’INAIL , i lavoratori non erano rappresentati. Gabriele, oltre a continuare a lavorare per la sua azienda, usa permessi e ferie per la sua “missione”, ed è felice di farlo. Di fatto, testimoniare e raccontare la sua storia e spiegare come si possano prevenire tragedie come quella che lo ha colpito è ciò che gli ha restituito la voglia di lottare e di vivere. La sua casa è luminosa, vive circondato da qualche gatto e quando parla traspare una necessità di espiazione e di farsi carico di quello che è successo, forse, addirittura eccessiva. Non c’è -o comunque non si vede- disperazione per la sua condizione. C’è, nascosta nella sua voce ma non nei suoi racconti, quella per la persona che è morta. E c’è rimorso, come è normale e giusto che sia. Ma, soprattutto, c’è voglia di lottare. La storia di Gabriele Salvitti fa parte del podcast Cose di oggi. Puoi ascoltarlo su Spotify a questo link