Arresti ultras a Milano: "Realtà assimilabili alla criminalità organizzata"

Quello delle tifoserie ultras è un universo a sé, da sempre. Vive di regole proprie, segue codici del tutto anomali e, molto spesso, incomprensibili per chi non ha mai fatto parte di quel mondo. Contrariamente a quello che si pensa, però, il bacino di tifosi radicali non è propriamente piccolo. Un documento del 2020 - il più recente a cui siamo riusciti a risalire - della direzione centrale anticrimine della polizia di stato quantifica in circa 40mila gli appartenenti a gruppi e gruppuscoli della galassia ultras in Italia. Questo ovviamente non significa nulla, dal punto di vista della potenzialità criminale, ma vuol dire solo che circa 40mila persone vivono il calcio e il tifo in maniera decisamente diversa dal padre di famiglia che porta i figli allo stadio. Per molti di loro tifare una squadra significa appartenenza, significa dedicare il tempo libero alla confezione di striscioni e bandiere, organizzare le trasferte e diverse altre cose del tutto lecite. Per molto tempo, però, le curve d’Italia sono state letteralmente dei porti franchi dove vigevano leggi diverse da quelle dello Stato. All’interno di una curva - in particolar modo se molto grande - la libertà era pressoché totale. I DASPO, ad esempio, sono stati introdotti solo nel 1989 e possono essere emessi anche a seguito di una semplice denuncia, non serve una condanna. Il cosiddetto “Decreto Salvini” del 2018 ha esteso l’operatività del provvedimento, e ora si può essere daspati per reati che nulla c’entrano con la frequentazione di uno stadio o di una manifestazione sportiva. Ma se la grande maggioranza dei tifosi frequenta i settori popolari solo ed esclusivamente per sostenere la squadra del cuore, questa assenza di regole ha permesso alla criminalità comune prima, e a quella organizzata poi, di infiltrarsi tra le fila dei tifosi e iniziare a strutturare business e complicità. Il documento del 2020, a cui accennavamo prima, parla di presenza di elementi legati alla criminalità organizzata e non in alcune aree del Paese; in particolare in alcuni contesti metropolitani e in altri caratterizzati da una forte incidenza mafiosa. Inoltre, all’interno di molte curve la criminalità comune si è avvicinata all’estremismo politico, mischiando interessi “commerciali” e fede politica in un intreccio difficile da sbrogliare e decifrare anche per gli stessi investigatori. Va detto, per chiarezza, che le infiltrazioni di carattere estremista sono ancora decisamente più forti di quelle legate a contesti criminali. Ma un numero elevato di persone significa tanti soldi che girano e, come è diventato piuttosto evidente in queste ore, anche un panino consumato davanti a un chiosco o a un furgone fuori dallo stadio diventa, moltiplicato migliaia di volte, una fonte importante di introiti. Così come il prezzo di un parcheggio o una maglietta targata “Curva sud”. Spesso le società sono ostaggio di questi gruppi e sono costrette, dietro ricatti di ogni genere, a chiudere gli occhi e - nei casi peggiori - a fornire biglietti per permettere di ampliare il giro d’affari. Abbiamo sentito Alfonso Iadevaia, il capo della Squadra mobile di Milano, che si è occupato direttamente dell’indagine milanese che ha portato agli arresti delle ultime ore. Questa operazione ha definitivamente disarticolato l’organizzazione trasversale alle tifoserie di Inter e Milan? O crede che ci sia già qualcuno pronto a raccogliere l’eredità degli arrestati? L’inchiesta è stata particolarmente incisiva, ha colpito i vertici di quella parte della curva che volevano lucrare sugli affari legati allo stadio, e in questo caso corrispondevano con i vertici delle curve. Non criminalizziamo le curve nella loro interezza, ma è chiaro che gli arresti sono numericamente importanti anche se i rischi non sono azzerati. La procura e la questura hanno affiancato dei DASPO, quindi misure amministrative, alle misure giudiziarie che potrebbero essere emanate già nei prossimi giorni proprio per cercare di colpire preventivamente soggetti ritenuti a rischio. Ma il passato, purtroppo, ci insegna che la presenza fisica nella curva non è necessaria per la conduzione di affari illeciti. I magistrati hanno aperto un focus con le due società e si lavorerà per individuare modelli organizzativi per cercare di prevenire fenomeni criminali. Le possibilità di ottenere biglietti, per esempio, creano appetiti illeciti. Lei si è occupato anche di criminalità organizzata. Al di là delle evidenze investigative, secondo lei le infiltrazioni di questo genere sono aumentate negli ultimi anni? E sono limitate alle grandi piazze? Quando analizziamo la criminalità organizzata al Nord ci troviamo di fronte a delocalizzazione di tipo economico, attraverso tutta una serie di escamotage e reati. Le mafie lucrano, come in questo caso, in maniera parassitaria attraverso le estorsioni. Il tessuto economico sociale del Nord rende questo sistema il meno fruttuoso, perché in genere gli scambi tra imprenditoria e criminalità sono diversi e più sofisticati. La forma parassitaria, in questo caso, ha potuto godere di un substrato sociale particolare che ha fatto della violenza un modus operandi e uno strumento di lucro. Il procuratore ha parlato di grande capacità omertosa di questi gruppi, dato che sembra confermato dalla lunghezza e dalla complessità dell’indagine. È così? Anche le modalità assomigliano sempre di più a quelle della criminalità organizzata? Sono gruppi chiusi e fidelizzati, dove le dinamiche interne sono tipiche e caratterizzate da grande discrezione. L’indagine ha richiesto alcuni degli strumenti investigativi che sono in genere utilizzati per la criminalità organizzata, ma c’è ancora da lavorare anche su alcuni dei recenti episodi di sangue. In questi casi le indagini scontano, appunto, l’omertà. La realtà di cui parliamo è assolutamente assimilabile a quella della criminalità organizzata. Può darci un’idea della geografia delle infiltrazioni criminali nelle curve, per quanto possibile? Le infiltrazioni tendono a essere speculari a quelle che sono le organizzazioni criminali che sul territorio di riferimento sono più “performanti”. La Lombardia è fortemente infiltrata dalla ‘ndrangheta, e che nelle curve milanesi ci siano ‘ndranghetisti non ci sorprende.