Nicholas Green, i genitori: "Dopo 30 anni, non smettiamo di invitare a donare gli organi"

Trenta anni fa un proiettile uccise Nicholas Green, un bambino americano di 7 anni in vacanza in Italia con la sua famiglia. I genitori Reginald e Maggie decisero di donare i suoi organi e questo gesto, oltre a salvare la vita di 8 persone in attesa di trapianto, ha contribuito a innescare la cultura della donazione nel nostro paese. Da allora in Italia i trapianti sono quadruplicati. In occasione dell’anniversario della sua morte, i genitori di Nicholas sono tornati in Italia per continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica. Li abbiamo incontrati all’ospedale Niguarda di Milano dove ogni anno vengono effettuati quasi 400 trapianti. Era il 29 settembre del 1994. Sono passati 30 anni da quel giorno. Reginald cosa ricorda di quella notte? Stavamo guidando lungo l'autostrada, da Salerno verso Reggio Calabria, quando una macchina ci ha affiancato e hanno iniziato a sparare. Era molto pericoloso. Io ho accelerato, loro hanno accelerato e alcuni colpi hanno raggiunto l’interno della macchina. Loro sono andati avanti e la macchina è sparita nella notte. Quando ci siamo fermati, la polizia è entrata nella macchina e Nicholas non si muoveva più. Maggie, chi era Nicholas? Nicholas aveva solo sette anni. Era uno studente brillante, era molto in gamba. Amava viaggiare con noi. Gli piaceva molto passeggiare in montagna, arrampicarsi, ma anche visitare l’Europa. È venuto in Italia diverse volte durante i nostri viaggi. Voglio raccontarvi una storia su Nicholas, interviene Reginald. Un giorno andammo a Verona, durante uno dei nostri viaggi, visitammo tante attrazioni, tra cui il castello, la casa di Giulietta e l’arena. Alla fine della giornata ho chiesto a Nicholas quale fosse la cosa che gli era piaciuta di più. Mi rispose: il pranzo da McDonald's. Il 1° ottobre l’Italia si sveglia con la notizia della morte di Nicholas. Reginald la scelta di donare gli organi è stata immediata? Non avevamo mai parlato di donazione di organi. Ma ci era chiaro che Nicholas non aveva più bisogno del suo corpo. Ma sapevamo anche molte persone avevano bisogno di quello che quel corpo poteva dare. Dopo 30 anni nella memoria collettiva resta il ricordo del cosiddetto “effetto Nicholas” e della vostra scelta. Eppure, c’è ancora il 30% di italiani che chi si oppone alla donazione. Come vanno convinti Maggie. C'è questo 30%, ma va bene, succede, avranno le loro ragioni. Ma io penso che ci sia un altro 30%, invece, che non ha mai affrontato questo argomento e non ha nessuna idea a riguardo. E sono quelle le persone da raggiungere, quelle che hanno una idea precisa, quelle che non sanno che regalo possa essere, che cambiamento possono fare. Molte persone, spiega Reginald, scelgono di donare ma poi non lo dicono. Ma se fai qualcosa il valore aggiunto è proprio questo: poter raccontare la propria esperienza e condividerla con chi si trova in situazioni terribili. Siete venuti in Italia decine di volte da allora. Reginald cosa vi porta qui? Vengo sempre in Italia, perché sento e penso che solo parlando con gli italiani, e ricordando quanto è accaduto, si possano salvare vite. Nicholas ha salvato la vita ad altre otto persone con i suoi organi. Non c'è ragione per non donare. Maggie per lei è doloroso tornare qui? Reginald mi ha sempre detto: questa è una cosa che abbiamo bisogno di fare, che dobbiamo fare. Anche se servisse a salvare una sola vita, lo dobbiamo fare, ne vale la pena.

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