Pagare per pubblicare? Il costo nascosto della ricerca scientifica

Pubblicare un articolo scientifico su alcune delle principali riviste al mondo costa dai 500 ai 10mila euro e negli ultimi cinque anni i prezzi sono aumentati quasi del 26%, arricchendo le grandi case editrici a scapito della comunità scientifica e dei fondi che gli Stati investono nella ricerca. A rilevarlo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dello ScholCommLab, un laboratorio interdisciplinare della Simon Fraser University di Vancouver, che contiene una serie di dati utili per capire come funziona il mondo della ricerca e dove vanno a finire parte dei soldi che gli Stati investono in questo settore. Crescono le tariffe per pubblicare Lo studio realizzato dallo ScholCommLab prende in considerazioni alcune delle principali case editrici scientifiche al mondo: Elsevier, che pubblica tra le altre cose la prestigiosa rivista di medicina The Lancet, Springer Nature, che pubblica Nature, una delle riviste scientifiche più rinomate al mondo, e poi Wiley, Frontiers, MDPI e PLOS. Secondo il team di ricerca della Simon Fraser University di Vancouver, negli ultimi cinque anni il costo medio delle APC richieste dalle sei principali case editrici scientifiche al mondo è passato da 2.356 a 2.986 euro. Un aumento del 26% che ha fatto guadagnare nel 2023 un totale di 2.500 milioni di dollari alle società editoriali analizzate. In particolare, MDPI , Elsevier e Springer Nature sono state le tre case editrici che hanno generato i maggiori ricavi attraverso le tariffe di pubblicazione. Secondo uno studio della ricercatrice argentina Lilian Nassi-Calò, tuttavia, le tariffe imposte dalle case editrici non rispecchiano i loro effettivi costi di pubblicazione. Nassi-Calò ha calcolato infatti che la spesa media che dovrebbe affrontare una rivista per pubblicare mille articoli all’anno va dai 616 ai 379 euro, mentre in media le università ne spendono quasi 3.000 per vedere pubblicato un solo articolo di un loro ricercatore o ricercatrice. Ma perché pagare per pubblicare su queste riviste scientifiche è così importante? Perché pagare per pubblicare? Il mondo della ricerca scientifica si basa su un sistema complesso che coinvolge diversi attori e processi. Gli Stati finanziano la maggior parte della ricerca attraverso fondi pubblici, permettendo a ricercatori e ricercatrici di condurre studi e produrre articoli scientifici che documentano i risultati delle loro ricerche. Una volta completati, questi articoli vengono inviati a riviste scientifiche specializzate per la pubblicazione. Le riviste scientifiche sottopongono gli articoli a una revisione tra pari , attraverso la quale altri scienziati esperti nel campo valutano gratuitamente la qualità e la validità dello studio, suggerendo eventuali modifiche e correzioni. Terminata la revisione, l’autore o l’autrice della ricerca si trova di fronte a un bivio. Da un lato, può scegliere di pagare una tariffa alla rivista per pubblicare in modalità open access, rendendo il suo lavoro liberamente accessibile a tutti. Questa opzione aumenta notevolmente la visibilità dell'articolo, favorendo una maggiore diffusione nella comunità scientifica e potenzialmente incrementando il numero di letture e citazioni. Dall'altro lato, può optare invece - quando la rivista lo permette - di limitare l’accesso ai contenuti agli abbonati e alle abbonate alla pubblicazione, azzerando i costi ma, allo stesso tempo, limitando la diffusione della ricerca. Dal pay ro read al pay to publish Pubblicare in modalità open access o su riviste in abbonamento è quindi una scelta importante, dato che influenza significativamente l'impatto potenziale della ricerca nel panorama scientifico globale. Tuttavia, come sottolineano gli accademici Emilio Delgado López-Cozar e Alberto Martín-Martín, “il passaggio dal modello di pagamento per abbonamento al modello di pagamento per pubblicazione non solo consacra il business come unico scopo dell'attività editoriale, ma lo favorisce sistematicamente. In questo nuovo modello economico-finanziario, l'obiettivo principale dell'editoria scientifica diventa pubblicare di più, perché quanti più articoli vengono pubblicati, più APC vengono incassate e, di conseguenza, più entrate si ottengono. I profitti delle case editrici passano a dipendere dal loro volume produttivo e non dall’accuratezza con cui selezionano gli articoli”. Un modello di pubblicazione che gli stessi lavoratori e lavoratrici del settore editoriale stanno iniziando a respingere, come dimostra la decisione della redazione di NeuroImage, una rivista della casa editrice Elsevier, che l’anno scorso ha scelto di dimettersi al completo per protestare contro le condizioni “immorali” che impongono a ricercatori e ricercatrici. A giugno, i membri della redazione britannica della rivista Nature hanno indetto uno sciopero dopo che l'azienda ha registrato un aumento dei profitti del 25%, senza migliorare le condizioni lavorative dei dipendenti. Tuttavia, come ricorda il professore di scienze politiche Arash Abizadeh sul Guardian, fondatore della rivista senza scopo di lucro Open Library of Humanities, per ricercatori e ricercatrici "l'avanzamento di carriera dipende fortemente dalla pubblicazione su riviste con un riconosciuto prestigio e notorietà, e queste riviste sono spesso di proprietà di editori commerciali. Molti accademici - in particolare i ricercatori all'inizio della carriera che cercano di assicurarsi un impiego a lungo termine in un mercato del lavoro estremamente difficile - non possono permettersi di rischiare pubblicando su riviste nuove o meno conosciute”.

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