L'apprendimento nella scuola italiana è mediocre? Cosa dicono i test internazionali

La maggior parte degli studenti italiani tornerà a scuola tra questa settimana e la prossima. E lo farà senza smartphone e con svariate novità in programma. Quanto alla fiducia nell’istituzione, secondo Eurispes, sarebbe vicina ai livelli più alti degli ultimi anni. Tutto bene dunque? Più o meno. Nel senso che alcuni nodi restano gli stessi da tempo: dai posti vacanti, agli insegnanti precari fino a edifici non sempre idonei . Su tutto quanto, poi, aleggia il grande interrogativo: ma quanto sono preparati gli studenti italiani? Perché la scuola ha tante funzioni educative ma le competenze di chi la frequenta restano comunque un punto fondamentale nella valutazione del sistema. Per provare a rispondere a questa domanda possiamo guardare ai test internazionali che misurano le abilità degli alunni di vari Paesi del mondo e permettono così di fare dei confronti sensati. Non avremo, diciamolo subito, un verdetto definitivo ma un buon punto di partenza per la discussione, quello forse sì. Lettura e comprensione Il primo posto dove guardare per tentare di valutare le competenze degli studenti tricolori rispetto ai loro coetanei del resto del globo è il programma PISA che periodicamente sottopone agli stessi test i quindicenni di oltre 70 Paesi e lo fa da abbastanza a lungo da permettere di apprezzare anche l’evoluzione nel tempo. Partiamo dalla comprensione del testo. Il responso che proviene da queste prove dice che gli allievi italiani si collocano in una zona media. Lontani dai migliori ma anche dai peggiori. Non eccellono, e questo lo sapevamo. Ma non sono neanche pessimi come molti, immaginiamo, sospettano. L’Italia procede lungo una via mediana, senza infamia e senza lode verrebbe da dire, il classico bicchiere riempito a metà che qualcuno vede mezzo pieno e qualcun altro mezzo vuoto. Significativo, a questo proposito, il confronto con i maggiori Paesi europei, quelli più simili per sviluppo economico e popolazione. Nella lettura gli studenti del Belpaese risultano abbastanza costanti nel tempo e nell’ultima rilevazione fanno meglio dei coetanei di Germania, Francia e Spagna. Gli ottimisti direbbero che non ci possiamo lamentare. I pessimisti che questo risultato potrebbe essere stato influenzato dal periodo pandemico. Mentre l’Italia è rimasta più o meno allo stesso livello, tedeschi e transalpini sono calati maggiormente. Non si tratterebbe - secondo questa interpretazione negativa - di un miglioramento nostro quanto di un peggioramento di altri. Questione di punti di vista. Matematica Analogo ma solo fino ad un certo punto il discorso sulla matematica. Anche in questo caso i migliori risultati sono appannaggio dei Paesi asiatici e le competenze dei quindicenni dello Stivale non spiccano né in positivo né in negativo. C’è però una differenza rispetto alla comprensione del testo. In campo matematico il risultato del 2022 risulta inferiore a quello degli altri grandi Paesi europei: ragazzi e ragazze che abitano tra le Alpi e la Sicilia fanno peggio dei pari età di Francia, Germania e pure Spagna. Tuttavia, noterebbe l’ottimista, le differenze sono limitate e i punteggi generali grossomodo in linea. Difficile dargli torto. E che la situazione italiana sia grossomodo questa lo confermano anche altri test internazionali. Le prove Timms, per esempio, che misurano le competenze in matematica degli studenti di quarta elementare e terza media, restituiscono una fotografia molto simile: Italia sempre nella terra di mezzo . Gender gap matematico A guardare i dati più in profondità qualcosa in cui l’Italia spicca rispetto agli altri Paesi c’è. E in questo caso non è necessario discutere per capire se si tratta di un risultato positivo o negativo. Stiamo parlando della differenza delle prestazioni in matematica tra maschi e femmine. Perché se è vero che quasi ovunque i ragazzi ottengono punteggi superiori alle ragazze, dalle nostre parti il divario che separa i generi è grande, molto grande. Anzi, il più grande: 21 punti di differenza rispetto ad una media Ocse di 9. Nessuno, tra i 38 Paesi Ocse presenti nel grafico fa peggio. È difficile immaginare che ci sia qualcosa nel Dna delle ragazzine italiane che le differenzia da quelle del resto del mondo. O che ci sia qualche elemento nel clima o nel cibo che influisce negativamente sulle prestazioni in matematica delle femmine del Belpaese. Si tratta dunque, di un problema culturale ed educativo. Allora forse la scuola, intesa come sistema , qualche domanda in merito dovrebbe farsela. Effetto Covid e divario Nord-Sud Certo, i risultati dei test internazionali non dicono tutto e non vanno presi come l'ultima e definitiva parola sull’efficienza di un sistema. Anche se restano - come detto - un buon punto di partenza per valutazioni che altrimenti rischiano di essere determinate soprattutto dalle impressioni personali. Senza dimenticare che gli studenti italiani stanno ancora pagando le conseguenze dell’interruzione del normale svolgimento delle lezioni imposto dalla pandemia. Gli ultimi risultati dei test Invalsi mostrano infatti che tre anni dopo alunni e alunne non hanno ancora raggiunto i livelli di prestazione pre-Covid. È il segno, come sottolinea lo stesso rapporto Invalsi 2024, della “fatica del sistema a trovare soluzioni efficaci nel medio-lungo termine per poter tornare a valori pre-pandemici”. La stessa fatica, anzi forse qualcosa di più, il sistema la soffre nel ridurre le disparità territoriali, soprattutto quelle tra il nord e il sud del Paese. Per quanto riguarda le quinte superiori, per esempio, gli studenti che raggiungono almeno il livello minimo previsto in Italiano sono il 66% sia nel nord est che nel nord ovest dell’Italia. Al sud questa percentuale scende al 45,2%. Si tratta di una differenza di oltre 20 punti percentuali. È inferiore a quella del 2023 ma resta una divario tale da fare pensare all’esistenza, ormai, di due Paesi differenti quando si parla di educazione . E anche per questo, forse, i test internazionali non raccontano tutta la storia.

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