Perché abbiamo paura delle relazioni? I consigli del sessuologo Livio Ricciardi

Perché facciamo così tanta fatica a trovare il o la partner ideale? Forse stiamo rincorrendo un modello antico, una “storia Disney” che andrebbe superata per abbracciare il naturale sconvolgimento che l’altro porta nella nostra vita. In occasione della Giornata internazionale del benessere sessuale, Livio Ricciardi, sessuologo e divulgatore sex positive, parla di “lavoro, rispetto e autodeterminazione sessuale” come chiave per una relazione positiva, che sia un progetto a lungo termine o la storia di una notte. Cos’è una relazione positiva? Al pari di “narcisismo”, “dipendenza affettiva”, “stile di attaccamento”, anche l’espressione “relazione positiva” viene dal mondo della psicologia, che sta diventando sempre più pop. È quel modello di relazione basato sulla comunicazione sincera e sull’impegno verso un rapporto funzionale. In questo tipo di rapporto, la relazionalità è solo una pulsione casuale nata da una interazione con l’altro, ma anche come un lavoro da fare insieme. Alla base troviamo la curiosità verso l’altro, l’intenzione di costruire una comunicazione, la ricerca di un incontro. Una caratteristica fondamentale poi è il rispetto reciproco, la matrice di tutto. Con “relazione positiva” intendiamo rapporti a lungo termine? Non solo, è importante abbracciare questa idea anche nei rapporti occasionali. Per esempio, anche qui il rispetto è la precondizione necessaria per un incontro che abbia alla base il consenso, l’ascolto dell’altro e la presenza attiva nell'atto sessuale. La generazione Z e le dinamiche degli ultimi anni contemplano questo tipo di relazioni. È fondamentale parlarne, fanno parte anche quelle della nostra vita sessuale, per alcune persone sono proprio la vita sessuale. Anche le relazioni nate online possono essere relazioni positive? Sì, anche se sarebbe meglio approcciarsi alle dating app e alle conoscenze online conoscendone le regole. Bisogna mettere in conto che ci si sta mettendo su una vetrina prevalentemente estetica, quindi, ricevere un rifiuto potrebbe pesare sull’immagine che abbiamo di noi stessi. Alla base c’è una dinamica quantitativa: in un determinato lasso di tempo si fanno tanti “match” e da lì si crea una gerarchia di persone che ci piacerebbe conoscere. Oppure può diventare una cosa promiscua. La chat è comunque un metodo comunicativo che può essere positivo perché è costante nel tempo, è reiterato, ma può anche essere meno profondo o ingannevole per quella tendenza a volere interpretare le intenzioni dell’altro, della serie: “Questo messaggio che vorrà dire?”, “cosa significherà il visualizzato?”. Il mondo online può essere un presupposto di conoscenza ma a un certo punto bisogna anche incontrarsi dal vivo. Una bio sulle dating app sicuramente non rivela chi siamo. Da dove si parte per instaurare una relazione positiva? Ci deve essere consapevolezza e volontà di costruzione, tenendo presente che le relazioni ci toccano nel profondo, spesso vanno a smuovere cose dentro di noi. Possiamo essere molto scossi dall’altro. È una cosa negativa? No, anzi, penso che le relazioni sentimentali siano il centro di quello che facciamo. Anche guardandola da un punto di vista ancestrale, siamo fatti per entrare in contatto con l’altro. Con le dovute eccezioni, quasi tutti cercano quel tipo di interazione. La relazione è un arricchimento. Otto Kernberg in “Relazioni d’amore” racconta quanto nello sviluppo intrapsichico, affettivo e sessuale di un individuo ci sia bisogno anche di affrontare il mondo affettivo, altrimenti si resta bloccati. Nel rapporto con l’altro cresciamo come individui ed è importante sottolinearlo per cercare di superare questa paura, che è molto diffusa ora, della relazione seria. Da cosa dipende la paura di impegnarsi? La relazione è una cosa potente e ci troviamo in un periodo in cui la garanzia che la storia seria vada a buon fine è più incerta. Il vecchio paradigma è cambiato e spesso non ce ne rendiamo conto. Sono accadute cose negli ultimi decenni che hanno sradicato concetti che sono andati avanti per secoli, forse millenni. Per esempio, è stato normalizzato, fortunatamente, il divorzio. Questo ha aperto alla possibilità, giustissima, di una rottura. Così salta la visione della vita imperniata su tappe fondamentali: nascere, crescere, diplomarsi o laurearsi, sposarsi e fare figli. Adesso nasci, cresci, ti laurei, forse dopo un po’ trovi lavoro e un partner su Tinder che poi fa ghosting oppure non è pronto a impegnarsi. È tutto molto più sfumato. Un’altra cosa che ha cambiato radicalmente tutto è la contraccezione. Sono chiaramente a favore, ma se vogliamo analizzare i grandi cambiamenti di questi anni non possiamo non menzionarla come un cambiamento nella selezione sessuale. Prima l’ipotesi di fare sesso con un individuo aveva un peso molto diverso. Ora si possono escludere tutta una serie di conseguenze a cui si andava incontro dopo un rapporto, soprattutto per quanto riguarda la riproduzione. Questi e altri fattori hanno portato a un nuovo status relazionale e affettivo che stiamo iniziando ad attraversare. Che consigli daresti a chi vuol provare a costruire una relazione positiva? Prima di tutto interroghiamoci su cosa vogliamo da quella storia, tenendo presente che la relazione è un lavoro, un impegno, una scelta. Diversi modelli ritengono che alla base ci siano tre punti fondamentali: attaccamento, accudimento e sessualità. L’attaccamento si sviluppa nei primi due anni. È il periodo in cui si scopre maggiormente il partner. Dopodiché, secondo alcuni studi, si sviluppano giudizi e pregiudizi che impediscono di continuare a conoscere l’altro. In realtà, la persona che abbiamo accanto è un mondo che in due anni non è detto che riusciremo a scoprire. Aiuterebbe iniziare a guardare tutto dalla prospettiva di una conoscenza che non finisce mai. Essere sempre curiosi verso l’altro fa superare la sensazione e il timore della monotonia di cui spesso ci si lamenta. E poi ci fa visualizzare la relazione come un profondo intersecarsi di due mondi. L’altra componente è l’accudimento, vale a dire la vicinanza al partner, il supporto, la capacità di essere presenti, che non va confuso con la cura, che invece è presa in carico, in una dinamica che può diventare anche presuntuosa quando si trasforma nella volontà di scolpire o aggiustare l’altra persona affinché si riceva indietro amore. Per evitare poi di finire in un rapporto poco sano, va tenuto presente che con il partner dovremmo sentirci al sicuro e occorre interrogare e interrogarsi su come raggiungere insieme questo obiettivo. Il sesso dice molto sul nostro sentirci o meno al sicuro. Quanto è importante e cos’è il benessere sessuale? Il benessere sessuale è un'interazione che restituisce emozioni o energie positive, non necessariamente misurate su aspetti pratici come l’orgasmo. A volte si responsabilizza eccessivamente l’altra persona del nostro benessere, ma dovremmo ricordare che siamo individui che si possono autodeterminare ed è un diritto-dovere che abbiamo quello di esprimere le nostre necessità all’altro. L’autodeterminazione sessuale come funziona? Parte molto da se stessi. Significa avere contezza del proprio corpo e del legame che questo ha con la mente. Bisogna chiedersi cosa cerchiamo dal sesso a livello di ruolo, di avvenimenti, di atti. Sapere chi si è e cosa si vuole, quale parte vogliamo escludere dal sesso: si va da atti pratici, all’esito che il sesso deve avere per noi. Per esempio, per qualcuno il sesso occasionale può essere funzionale e appagante; per qualcun altro può essere qualcosa di poco soddisfacente perché non gli restituisce ciò di cui in quel momento ha bisogno. È molto importante essere consapevoli per evitare di trovarsi in situazioni spiacevoli. Suggeriresti tre frasi da ripetersi nel percorso verso il benessere sessuale? “Ho un ruolo e posso autodeterminarmi nel sesso”, “Posso comunicare e costruire una sessualità soddisfacente”, “Devo avere rispetto di me stesso e dell’altro”.