A un anno dall'omicidio "Giogiò", la madre: "È morto per salvare un suo amico"

Il musicista Giovanbattista Cutolo è stato ucciso a Napoli la sera del 31 agosto di un anno fa. Aveva appena compiuto 24 anni. Giovanbattista frequentava l’ultimo anno del conservatorio di San Pietro a Majella, faceva parte della Nuova Orchestra Scarlatti. Suonava il corno e il pianoforte. Il suo sogno era quello di entrare nell’orchestra del teatro Ariston. Giogiò, il suo soprannome, era in una paninoteca in pieno centro, in piazza Municipio, dove festeggiava il compleanno di un amico. Il gruppo è stato preso di mira da una delle “paranze” dei Quartieri Spagnoli. Lui ha difeso un ragazzo che era a cena con lui. È stato colpito alle spalle e ucciso. Il suo assassino, allora minorenne, è stato condannato a 20 anni di carcere. Da quel giorno la mamma Daniela Di Maggio lotta perché la morte del figlio, sia un monito costante. Nella sua casa tutto parla di Giogiò. C’è il corno, che Daniela ha tatuato sulla spalla, la tazzina con cui beveva il caffè, la medaglia al valore civile, i disegni che raccontano chi era e tutto l’amore di cui si circondava. Nella casa di Daniela c’è l’impegno tutto di chi non vuole che venga dimenticata una morte tanto assurda quanto violenta. Daniela cosa ricorda della notte del 31 agosto di un anno fa? Ogni volta che Giogiò stava fuori casa io non dormivo mai fino a che non tornava. Quella maledetta notte ho dormito come un ghiro. Quando all’alba è arrivata la polizia ho pensato che avesse avuto un incidente con l’auto. Mi hanno detto che c’era stata una lite, che era stato ucciso, la mia vita è finita. Le mie cellule sono andate in frantumi. Mio figlio era parte di me. In lui c’era parte di me. È stato l’11 settembre. Ricordo solo la morte che mi invade. Quando sono andata in questura, gridavo che volevo sapere cosa era successo a mio figlio. Un poliziotto mi ha guardata negli occhi e mi ha detto “Se glielo diciamo lei impazzirà” e poi ho capito perché. Perché dalle telecamere si è visto tutto. Mio figlio – oggi medaglia d’oro al valore civile- per proteggere un amico del gruppo con cui era uscito, gli ha fatto da scudo e è stato colpito da tre pallottole di cui due alla schiena e l’ultima in petto. Lo ha trucidato. Lo ha trattato come un poligono e poi dopo è andato a giocare a poker. L’assassino di 16 anni è stato condannato a 20 anni. Lei ha visto in faccia sia lui che il padre il giorno della sentenza. Durante il processo io ero a un metro da lui ed ero il biglietto da visita di Giovanbattista Cutolo. In religioso silenzio ho guardato la completa anestesia emozionale di questo individuo, di questo pezzo di carne, che non ha dato nessun segno di pentimento. Aspettava solo che il giudice gli dicesse cosa lo aspettava. Il padre alla lettura della sentenza a 20 anni ha fatto il segno di pistola agli amici di mio figlio. Ha detto “farete la stessa fine”. C’è speranza? Io sono una riabilitatrice. Si riabilita quando c’è abilità ma quando non ci sono, non c’è nulla da fare. Questo ragazzo a 14 anni aveva già commesso un tentato omicidio e faceva truffe alle vecchiette, era in una paranza di rapinatori di rolex. Con un genitore come il suo, c’è solo da scontare la pena, ed empatizzare , capire cosa significa il dolore. Noi in questo momento di grande garantismo, se non facciamo scontare la pena, appena escono commettono gli stessi omicidi. Il killer di mio figlio aveva appena finito la messa alla prova, è uscito e ha ucciso mio figlio. Giogiò sognava il palco di Sanremo, di entrare nell’orchestra. Invece lo scorso anno ci è andata lei a nome suo. Da tre anni sostituiva il corno nell’orchestra. Il suo sogno era andare durante il festival a Sanremo. Un giorno gli dissi “tu ci andrai” ma mai avrei pensato che ci sarebbe andato in un video con me. Tutta l’Italia ha potuto vedere il suo talento. Perché Giogiò era un ragazzo che stava talmente avanti che quando gli altri lo raggiungevano, già stava oltre. Giovanbattista ha avuto una medaglia d’oro al valore civile. Che emozione è stata? Enorme. Il ministro Piantedosi quando ha consegnato in Prefettura la medaglia e ha letto le motivazioni è stato il momento più bello in una tragedia immane come quella che mi è successa. Chi era Giovanbattista? Lui accoglieva tutti. Per lui erano tutti uguali, tutti giusti e così quando a volte io gli chiedevo perché si accompagnava a persone diverse da lui, a volte con una spocchia da madre, mi rispondeva “mamma sono anime”. Questo era Giogiò.