Finché non capita a noi. La distanza che ci rende ottusi

All’interno del supermercato è cambiata la disposizione degli scaffali e di molti prodotti, così mi accade di girare a vuoto. Chiedo a una signora anziana se saprebbe dirmi dove sono finite le uova da galline allevate all’aperto. Reagisce quasi come se le avessi sparato. “Ma come fa a mangiare quella roba”, mi redarguisce, “quelle galline depongono dove capita, stia attento a ciò che mangia, le loro uova sono sporche e pericolose”. Le dico con un sorriso che mi piace pensarle libere di razzolare, ma lei replica che in fondo sono solo animali. Poi le domando come fa a sapere tutte quelle cose sulla salubrità delle uova. Si illumina, “me le racconta mio nipote, le legge su internet, vive attaccato al computer ed è informato su tutto. Non frequenta amici, ma è un ragazzo d’oro”. Le deformazioni dei contatti virtualizzati Cinque anni fa avevo cercato di spiegare in un libro cosa succede quando i nostri contatti con il mondo si virtualizzano, quali deformazioni produce questo nella percezione degli altri, quanto pesa sulla costruzione della personalità e del sentimento sociale, ma soprattutto quali pregiudizi possano prendere corpo dalla rarefazione del nostro ossigeno primordiale, ossia le relazioni sociali. Il modo in cui ci rapportiamo alla realtà che ci circonda diventa innaturale, spesso ricorda quello della nonna e del nipote che abbiamo appena conosciuto, fatto di giudizi infondati sulle vite altrui, senza nessuna concessione al dubbio. Il risultato, pericoloso e talvolta disumano, è che tutto si trasforma in un’arena governata da opinioni personali in libertà, popolata da certezze fittizie che spesso creano danni severi al prossimo, rovinata dall’illusione di sapere come stanno le cose. Eppure, queste persone non vacillano, almeno fino a quando il gioco non minaccia di travolgere loro stesse. Levigare i moralismi Un uomo sui cinquanta apprende che la figlia venticinquenne è lesbica. Lui, praticante con pochi dubbi, ricopre responsabilità importanti presso un’associazione cattolica, teme che quel “disonore” possa compromettere la sua posizione professionale, ma il coinvolgimento diretto smuove le fondamenta. “Da quando sono stato informato da mia figlia stessa della sua omosessualità e della scelta di sposare una donna, la mia visione delle cose si è capovolta. Penso che lei sia quella di sempre, principio che deve valere per tutti i figli omosessuali. Adesso mi vergogno della rigidità passata, quando diventavo sprezzante di fronte a casi del genere, ora che la persona coinvolta è la mia creatura, tutto mi appare giustificabile”. Il duro moralismo di un tempo, adesso che la carne della sua carne è stata toccata, cede il passo a una lettura compassionevole, capace di allargarsi anche agli estranei. Conversioni forzate Una donna, malata terminale, da sempre ideologicamente contraria a ogni forma di sospensione delle cure, a cominciare dall’alimentazione forzata, è esausta. “Il tempo non passa mai, tutto è stagnante, soprattutto la mia sofferenza fisica, insopportabile è priva di sbocchi, perché il mio destino è segnato. Vorrei che qualcuno mettesse fine a questo calvario. Senza prospettive è inutile insistere”. Non le pongo domande sulle precedenti granitiche convinzioni, è lei stessa a toccare l’argomento. “Lo sa bene come la pensavo fino poco tempo fa, ma ora mi sento meschina, mi domando perché quando stai bene non pensi mai a chi si trova in condizioni diverse. Prima di morire vorrei scusarmi con tutte le vittime delle mie parole insensate, spero un giorno possa farlo lei per me”. Lo faccio in questo momento. Potrei presentare un lungo elenco di queste conversioni per necessità, forzate, tardive, che scattano, e non sempre, solo quando veniamo toccati nella nostra carne. Eppure, se dobbiamo spingerci fino a questo punto per comprendere il male che subisce il prossimo a causa delle nostre ottusità, forse abbiamo perso la partita, perché non sempre ci resta il tempo di rifare il percorso daccapo e rimediare. Senza contare che è troppo facile arrivarci quando la realtà, inascoltata in precedenza, sfonda la porta, rendendo impossibile non vedere. Sofferenza vicina Non possiamo avere tutti un figlio nero per capire che il colore è solo colore. Tempo fa, il sindaco di una cittadina della Brianza era venuto ad ascoltarmi. Ero ospite di una manifestazione che si svolgeva nel suo comune. Sedeva in prima fila, dal taschino della giacca spuntava un fiero fazzoletto verde. Si parlava di adolescenti, lo percepivo estremamente coinvolto, anche durante il dibattito, quando aveva posto un paio di domande molto consapevoli. Finito il mio intervento si era avvicinato, mi aveva chiesto se avessi voglia di ascoltarlo. Lui e la moglie avevano adottato un ragazzo sudamericano, stava con loro da quindici anni. Un ragazzino “inquieto ma buono, l’altra sera è stato fermato per un controllo dai carabinieri, lui si è innervosito diventando molto scortese coi militari, così è stato portato in caserma, ma lui non è maleducato, solo timido e insicuro, si porta dietro i drammi del suo passato, dell’abbandono subito da bambino”. All’improvviso, mentre raccontava, era scoppiato a piangere, sinceramente commosso, domandandosi “perché nessuno capisce la sofferenza di questi ragazzi che vengono da lontano”. Appunto. Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, rappresenta una voce autorevole nel panorama della psicologia italiana. È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra questi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, fino ai recentissimi “Volere Bene. La mente e il cuore” e “Individualisti si cresce" . Nella sua produzione sono presenti il romanzo di formazione “La casa di Henriette” e la collana illustrata di psicologia “Crescere senza effetti collaterali” , quest’ultima tradotta in diversi paesi, ultimo dei quali la Cina. È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/