Acqua persa e acqua assente. In Sicilia la siccità è un problema di programmazione

La parola d’ordine che la Sicilia ha dimostrato di non conoscere è una: programmazione. Se ci fosse stata, oggi, la regione non si troverebbe in questa situazione ovvero con una crisi idrica che rischia di metterla completamente in ginocchio. Acqua residuale inutilizzabile Gli invasi sono arrivati ad avere la capienza minima, un livello che non si era mai registrato in precedenza. Manca l’acqua per irrigare i campi e abbeverare gli animali. Gran parte degli invasi, inoltre, sono maltenuti e buona parte dell’acqua residuale rischia di essere inutilizzabile. Negli anni, infatti, nessuno dei gestori si è preoccupato di utilizzare le zattere necessarie per il filtraggio dell’acqua di fondo che in questo modo è inutilizzabile perché, a contatto con il fondale, è diventata melmosa. Dissalatori fermi In Sicilia ci sono tre dissalatori. Uno a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Uno a Gela, nel nisseno, e l’altro a Trapani. Nessuno, però, è in funzione. Realizzati anni fa dall’allora governatore Totò Cuffaro, sono stati dismessi su ordine di un altro presidente della regione, Rosario Crocetta. I costi di gestione erano troppo alti, è stata la giustificazione e gli impianti sono stati fermati. E come succede troppo spesso in Sicilia la parola fermo fa il paio con abbandono. Gli impianti adesso sono praticamente inutilizzabili. Per rimetterli in funzione ci vogliono milioni di euro e mesi di lavoro. Il presidente Renato Schifani ha fatto stanziare i fondi ma tutto è ancora fermo. Partita la caccia ai pozzi Adesso è partita la caccia ai pozzi. Ci sono trivelle in azione in quasi tutti i comuni siciliani alla ricerca di acqua che, una volta trovata, deve poi essere portata alle condutture. Ed è qui che si apre un altro inquietante scenario. Il 50 per cento dell’acqua immessa nella rete idrica si perde. I tubi sono vecchi e gli impianti, per la maggior parte, obsoleti. L’acqua preziosa come non mai, si disperde nel terreno. Milioni di litri sprecati. Soltanto a Palermo viene perso il 60 per cento dell’acqua immessa nella rete. E la rete cittadina è una delle più efficienti dell’intera regione. Un bacino per dissetare la regione Al capitolo della mancata programmazione possiamo aggiungere anche un paragrafo relativo ad un enorme bacino idrico scoperto sotto i monti iblei e mai tenuto in considerazione. Almeno fino a questo momento. Nel novembre del 2023 ricercatori dell’Ingv, dell’università di Malta e di Roma 3 hanno pubblicato uno studio importantissimo. Una falda acquifera, alla profondità di appena 800 metri, che contiene più di 17 miliardi di metri cubi d’acqua. Una quantità tale da poter soddisfare il fabbisogno idrico della regione per i prossimi anni. Ma nulla. L’acqua intanto inizia a scarseggiare negli invasi e, dopo che lo studio viene ripescato da tv e giornali, forse qualcosa si muove. Ma sempre in emergenza. “Questo bacino – dice il professor Lorenzo Lipparini, ricercatore dell’Ingv – è potenzialmente inesauribile. Abbiamo calcolato che, oltre ai miliardi di metri cubi già presenti, ci sono enormi fonti sotterranee che continuerebbero ad alimentarlo. Basterebbe scavare per 800 metri per trovare l’acqua che potrebbe essere tecnicamente fruibile in un mese. Poi – conclude – ci sono i tempi per la burocrazia e quelli relativi ai collegamenti alla rete e questo non dipende da noi ricercatori. Di certo però l’acqua, nel sottosuolo, c’è”. L'esempio di Acquedolci Ma in Sicilia c’è anche chi, la parola programmazione, la conosce. Come Alvaro Riolo, il sindaco del comune di Acquedolci piccolo centro in provincia di Messina. Nel 2017, durante un’altra crisi idrica, venne effettuato uno studio del sottosuolo e vennero individuate alcune fonti d’acqua. Senza perdere tempo e senza attendere finanziamenti, sono iniziati i lavori. Adesso, in piena emergenza idrica, sono stati collegati e a nessuno, in paese, manca l’acqua. Anzi, con le autobotti, Acquedolci è in grado di rifornire anche i comuni limitrofi che non hanno avuto la stessa intuizione e che adesso si trovano in difficoltà. Scaramucce politiche Un capitolo a parte merita la situazione di contadini ed allevatori. I primi vedono i loro campi morire un giorno dopo l’altro. I secondi fanno sapere che saranno costretti a far macellare i loro capi perché non possono permettersi di acquistare l’acqua dalle autobotti private. Dalla regione arrivano stanziamenti di denaro, ma non bastano. Il ministro Nello Musumeci, ex presidente della regione Sicilia, ha fatto sì che venisse dichiarato lo stato di emergenza per la siccità e ha bacchettato l’attuale governatore sulle tempistiche relative alla realizzazione delle opere necessarie per mitigare questa emergenza. Schifani, dal canto suo, lancia stoccate a chi lo ha preceduto e che, a suo dire, non ha fatto quanto avrebbe potuto. Ma le scaramucce della politica lasciano il tempo che trovano. Il problema è l’acqua che manca, quella che si disperde ed una programmazione che non esiste.