Dai femminicidi al branco, dove nasce la banalità del male. Intervista a Raffaele Morelli

C’è da sempre grande attenzione sui casi di cronaca nera. Il racconto degli omicidi evoca la paura che il male si diffonda a intorno a noi e che possa appartenerci. Ma questi fenomeni stimolano tante domande. Le abbiamo rivolte a Raffaele Morelli, psichiatra e direttore di Riza Psicosomatica. L’11 novembre 2022 Giulia Cecchettin è stata uccisa a 22 anni dal suo ex Filippo Turetta. C’è stato un grande dibattito su questo femminicidio e grande attenzione a tutte le dinamiche del rapporto di coppia dei due ragazzi. Le domande più frequenti sono state: i genitori di Filippo avrebbero potuto accorgersi dell’ossessione del figlio e intervenire in qualche modo? Quali segnali avrebbero dovuto allertare parenti e amici di Giulia? Sia Giulia che Filippo erano due ragazzi molto infantili. Giulia, da quando aveva perso la mamma, non aveva più un supporto che la avrebbe aiutata a difendersi dall’aggressore perché una mamma avrebbe visto cosa stava accadendo e sarebbe intervenuta. I rapporti non possono nascere nel conflitto, e lui la tormentava con migliaia di messaggi. Filippo Turetta aveva una personalità aggressiva, narcisistica, ossessiva e violenta. Filippo Turetta ha una mente criminale con la quale dovrà fare i conti. La violenza è stata distruttiva, le tante coltellate volevano cancellare il rifiuto. Nessun atteggiamento come questo nasce dal nulla. Evidentemente aveva già manifestato atteggiamenti aggressivi e compulsivi. Lui ha un disturbo di personalità che di fronte a ogni rifiuto fa scattare la violenza. Per parlarci chiaro, il suo modo di fare si potrebbe ripetere. Togliamoci dalla mente che sia un bravo ragazzo a cui è partito un input momentaneo. Con tutti i messaggi che mandava invadeva quotidianamente il territorio di Giulia. Giulia purtroppo non è stata in grado di allontanarlo. E nessuno la ha messa in guardia dal non andare a un incontro con lui. Il 27 maggio 2023 Alessandro Impagnatiello ha ucciso la compagna Giulia Tramontano incinta di 7 mesi del figlio Thiago. Impagnatiello la ha avvelenata per mesi. Come può un uomo uccidere la donna che porta in grembo il figlio? Si è parlato di narcisismo patologico. Di cosa si tratta? Si tratta di un atteggiamento onnipotente di chi vuole cancellare una persona dalla sua vita. Per cancellare sia lei che il figlio, ha messo in atto un progetto di distruzione con un atteggiamento freddo, gelido, premeditato. È stato uno dei delitti più gravi degli ultimi anni. Alessandro Impagnatiello è una persona finta, rappresenta la banalità del male. Pensava di potere fare tutto quello che voleva e di farla franca con un gelo interiore. A differenza di Filippo Turetta, che aveva un tormento interiore con la paura di essere abbandonato, Alessandro Impagnatiello ha una totale assenza di coinvolgimento. Ha trattato Giulia come un oggetto, ha recitato il dolore senza alcun rispetto per la vita. È l’atteggiamento narcisistico di chi pensa “esisto solo io, quindi posso fare quello che voglio”. Solo questo spiega come lui possa avere pensato di farla franca, avvelenando con il veleno per i topi pensava di uccidere la sua compagna e il figlio che portava in grembo senza lasciare traccia. Quando è stato messo con le spalle al muro ha solo velocizzato il suo proposito omicida. Alessandro Impagnatiello è il male che avanza con un piano di azione onnipotente, freddo e lucido. Lui non scappa come è scappato Filippo, ma ha continuato a sentirsi forte. Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo per la morte della figlia di 18 mesi – lasciata morire di stenti in casa da sola per 6 giorni. Come è possibile che una donna con queste fragilità venga lasciata da sola dalla famiglia? Alessia Pifferi aveva una grande grande spinta a vivere. È una donna che non può essere madre. Non tutte possono esserlo. Come il cuculo che deposita le uova nel nido di un altro. Essere madre per lei era uccidere la sua femminilità. Accudire un figlio appena nato per ogni donna significa rinunciare alla femminilità per un periodo di tempo necessario. Quando nasce una vita, nella donna irrompe la madre che sente di perdere se stessa. Alessia Pifferi si è sentita incapace di essere madre e ha scelto di abbandonare la figlia in modo lucido e consapevole. Tutte le volte che doveva uscire e lasciava la piccola da sola, non lo viveva come un abbandono ma come una cosa necessaria per ritrovare la sua femminilità. L’errore grave è stato quello di non chiedere aiuto. Anche lei si sentiva onnipotente, pensava di potere gestire questa situazione negando la maternità in ogni modo. In un parco di Pescara a giugno un 16enne è stato attirato in una trappola da alcuni coetanei e ucciso a coltellate. Un omicidio legato al mondo dello spaccio e a un debito di droga. Non interveniamo abbastanza sulle droghe, questi ragazzi sono stati lasciati agire indisturbati. Io ho avuto in cura un ragazzo, i cui genitori andavano a lavorare al mattino e tornavano la sera, il ragazzo aveva 22 anni e la notte usciva e andava a farsi le canne, anche 8 ogni sera. I genitori non si sono mai accorti di nulla perché evidentemente non volevano vederla questa cosa. E così i genitori dei ragazzi di Pescara, non hanno voluto interrogarsi sui propri figli. Un branco solo maschile è deleterio perché esclude il femminile. Un branco così è aggressività e dominio allo stato brado. Nasce una idea di forza sbagliata che misura sui soldi e sulle droghe. Dobbiamo preoccuparci quando vediamo ragazzi chiusi e introversi che non si relazionano con persone dell’altro sesso.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Dai femminicidi al branco, dove nasce la banalità del male. Intervista a Raffaele Morelli