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Uscire di scena, farsi da parte al tempo degli immortali

Cronaca

Domenico Barrilà

©Getty

Tempo e morte: un tema che mette l'uomo di fronte alla caducità anche quando lui si rifiuta di ascoltare. Un tema sempre più censurato, quello del distacco: il rifiuto della data di scadenza ci coglie dappertutto ma il modo in cui amministriamo i distacchi, qualsiasi tipo di distacco, parla della nostra vera natura intima, ci rivela al mondo

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Sogno meraviglioso di una donna che da qualche mese assiste il padre sessantenne, gravemente malato e oramai in una situazione di non ritorno.

Ce lo teniamo per il finale.

La morte, vera signora della vita, ci mette di fronte alla nostra caducità e noi la trattiamo con sufficienza, come i bambini quando non vogliono ascoltare e si tappano le orecchie. Il risultato è che nello sforzo di negarla ci ammaliamo, diventando benemeriti della mia categoria professionale. Molte delle patologie odierne, presunte o reali che siano, partono da una laboriosa relazione con l’idea del confine ultimo. Le patofobie, ossia le paure irrazionali delle malattie, arrivano in quanto percepite come annuncio remoto e sgradito del problema maggiore.
Presenza insopportabile, il pensiero della finitezza, soprattutto in un tempo in cui la finzione della seconda possibilità, cara alle religioni, cede al realismo. Le chiese -rispondo a quei prelati che pongono domande interessate- si sono svuotate anche perché il prodotto di punta, l’aldilà, non trova più mercato. Non si compra più sulla parola, ci si rifugia nella finzione dell’immortalità qui e adesso, spegnendo le antenne che captano segnali minacciosi, così molti malati arrivano tardi alla diagnosi, perché sordi al linguaggio dei sintomi, ancore di salvezza ignorate.

La stessa logica per la quale continuiamo a giocare a pallone, moltiplichiamo spettacoli di ogni genere, come se niente fosse, mentre le giovani generazioni di paesi vicini e lontani si annientano in guerre fratricide. Non se ne parla per non cadere nel panico, meglio ignorare i messaggi di finitezza, sebbene sia impossibile negare questo esito in un Pianeta dove tutto nasce, cresce e muore, ricordandoci tutti i giorni le regole del gioco. Non siamo luminose eccezioni.

I distacchi

Il rifiuto dalle data di scadenza si coglie dappertutto, anche nella politica, dove vige la persistenza di attori che faticano a leggere il calendario e pretendono di amministrare destini di generazioni di cui non conoscono neppure un atomo. Un giovane e celebre cantante sostiene di non conoscere ragazzi che votino o che vadano in chiesa. Gli immortali rispondono moltiplicando analisi sociologiche, costose ma utilissime a espellere le proprie responsabilità.

Il modo in cui amministriamo i distacchi, qualsiasi tipo di distacco, parla della nostra vera natura intima, ci rivela al mondo, per questo imparare a mettere in conto la finitezza ci rende adulti, regalandoci un senso di completezza impareggiabile, salvando le nuove generazioni, sempre più ai margini per volere degli stessi immortali, e le collettività, irrorate di energie originali ed evolute.

Il sogno

Da mesi, quella figlia che vede il padre spegnersi, con cui abbiamo aperto questa riflessione, cerca di fare i conti con un evento più grande di lei, separarsi dalle proprie radici con troppo anticipo, così ogni parte di sé l’accompagna nel cammino di adattamento, persino i sogni notturni, come quello, breve e sublime, che segue.

“Siamo al mare, papà sta facendo il bagno a una decina di metri dalla riva, mentre io controllo che tutto vada bene, ma presto mi accorgo che non riesce a stare a galla. Entro in acqua, gli metto le mani sotto la schiena e cerco di tenerlo in superficie, ma continua a fuggirmi, faccio fatica, perché lui tende ad abbandonarsi, perde i sensi in continuazione. Chiamo qualcuno ad aiutarmi. Mi sveglio angosciata”.

Tempo ed eventi

La morte, tuttavia, il distacco tra i distacchi, conta diversi parenti poveri, annunci di ultime stazioni. Qualcosa che finisce per sempre determina reazioni massicce, non accade solo con la morte. La terribile tragedia dei femminicidi, oltre a denunciare la sconfortante fragilità di noi maschi, mette in evidenza i costi dell’impreparazione di fronte a ciò che non si allinea con la nostra sete di possesso. Per questa e per altre ragioni non fare i conti con l’idea del distacco, della frattura, soprattutto quando ciò che si perde era entrato nel nostro Dna, a tanti provoca terribili regressioni, proprio come quelle presenti nel femminicidio o addirittura nell’infanticidio, vendetta contro chi ci rifiutò. Essere lasciati, enigma aspro.

Nella mia tesi laurea, più di quarant’anni orsono, mi occupai dell’invecchiamento e dei suoi effetti, come i lasciti del pensionamento, non solo nei lavoratori. L’imprenditore ultraottantenne è invitato dai figli a farsi da parte, se continua a imporre la sua presenza, loro non cresceranno mai. Situazione frequente nel mondo dell’impresa, causa di conflitti e rotture sul piano parentale, talvolta di rovine su quello imprenditoriale. Mi parla della tristezza per la nuova realtà a cui non si era mai voluto preparare. Non posso offrirgli consolazione, siamo quasi sulla stessa barca, dobbiamo prepararci a “scendere”, con gratitudine.

Magari rimettendo ordine nel rapporto tra il tempo e gli eventi.

Gli immortali

Tema sempre più censurato, quello del “distacco”, in tutte le sue forme, non solo le estreme. Indigesto per chi fu una celebrità -dei media, dello spettacolo, dello sport- li vediamo boccheggiare ancora giovani, in cerca di coccole purchessia sui mezzi di informazione, stritolando relazioni e figli, messi in piazza in cambio di un titolo, un’intervista. Ci sono quelli “scaduti”, incattiviti e propensi a trascinare dietro i filistei e non fanno eccezione le ex starlette, presenti sui giornali sportivi in bikini (non si capisce perché sui giornali sportivi) anche in inverno, col solito stucchevole lancio, “i social impazziscono”. Magari fossero i social a impazzire.

Lo spazio che separa una buona uscita di scena da una caricatura è proprio esile. Quel padre morente sta scavando solchi fecondi nei sentimenti della figlia, proprio per la dignità con cui si “consegna”. Non si diverte, talvolta piange sommessamente, quando pensa di essere non visto.

Una decina di anni fa, un giovane geologo, legatissimo al padre, mi racconto che il giorno prima che se ne andasse era rannicchiato nel suo letto, oramai pelle e ossa. “Lo guardavo nel buio, non percepivo quasi più il suo respiro, eppure mi sentivo ancora protetto, mi stava educando ancora”. Non è un elogio della morte, ma della maturità che gli adulti veri sanno esprimere di fronte a momenti estremi, anche quando, a differenza di Abramo, non sono ancora sazi di giorni.

Ci pensino gli immortali.

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/