Madri segrete, ogni anno in Italia 300 parti anonimi

Cronaca
Emanuela Ambrosino

Emanuela Ambrosino

Abbiamo intervistato Arianna Malenza, presidente associazione Calicantus Famiglie Adottive per capire quale è la situazione del fenomeno nel nostro Paese

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La legge 184 del 1983, all’art 28, prevede che una persona che è stata riconosciuta alla nascita da un genitore biologico ma poi dichiarata adottabile possa, compiuti i 25 anni d’età, accedere al fascicolo contenente le informazioni sui genitori biologici. La legge 184 non prevede lo stesso invece per le persone non riconosciute alla nascita e nate da donna che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del DPR 396/2000. In questo caso la legge, fino al 2013, poneva a “100 anni” l’età per accedere al fascicolo. Nel comma 2 si prevede che una donna possa lasciare il bambino alla nascita in modalità segreta e che nell’atto di nascita viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”.

 

Madri segrete, cosa dice la legge in Italia

Con sentenza della Corte europea dei diritti umani (ricorso 33783/09 Godelli vs. Italia del 25/09/2012) e poi con la sentenza n. 278 del 2013 della Corte costituzionale è stata dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge 184 del 1983 , proprio nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza- la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca dell'anonimato. Questo perché, si legge nella sentenza, i due diritti, quello della donna di non voler essere nominata e quello del figlio di conoscere le sue origini biologiche, non sarebbero pari davanti alla Legge.

 

Abbiamo intervistato Arianna Malenza, presidente associazione Calicantus Famiglie Adottive per capire quale è la situazione in Italia.

Di che cifre parliamo?

In Italia le donne che partoriscono in anonimato sono passate da 400 a 300 circa l’anno ma questo significa che ci sono più parti “non protetti”, perché c’è poca informazione su questa possibilità. In realtà le donne che chiedono aiuto e vengono seguite da un servizio come Madre Segreta di supporto e sostegno psicologico durante la gravidanza a una scelta consapevole sono una minoranza. La maggior parte di chi arriva a non riconoscere il neonato è composta da donne che non hanno gli strumenti cognitivi per affrontare un percorso di consapevolezza. Queste donne, che nella maggior parte dei casi sono tossicodipendenti o soffrono di malattie psichiatriche, arrivano al parto senza essersi affidate a psicologi o assistenti sociali. Sono donne che rifiutano interventi e supporti ma che poi si trovano a dovere scegliere, nonostante tutti gli interventi dei servizi sociali che scendono in campo in questi casi.

Lei ha un figlio adottivo non riconosciuto alla nascita. Quale crede sia l’opzione migliore per lui?

Vorrei che un giorno mio figlio potesse avere la possibilità di aprire il suo fascicolo e di poter scegliere se conoscere la propria storia di origine. Questo accade già in Italia nonostante non ci sia una legge ad hoc, ma prevede una indagine nel caso non ci siano gli estremi nei documenti ufficiali, e il diritto dell’anonimato della donna prevale sul diritto alla ricerca delle origini di un adulto non riconosciuto.

In quanti chiedono negli ultimi anni di accedere alla apertura del proprio fascicolo?

Quasi nessuno lo richiede. A sollevare il caso era stata una donna di oltre 70 anni che aveva avuto un percorso di adozione molto diverso da quelli attuali. Oggi grazie a percorsi di accompagnamento le famiglie adottive riescono a affrontare il tema dell’abbandono e della successiva adozione in modo molto consapevole. Oggi si cerca di fare in modo che la conoscenza della propria storia sia parte integrante della storia identitaria del figlio adottato.

Ci può raccontare un caso che lei ha seguito?

Tanti anni fa due gemelli non riconosciuti alla nascita, quando avevano ormai oltre 30 anni, si sono rivolti al tribunale per richiedere di accedere al fascicolo non per motivi sanitari. Una volta che il tribunale ha rigettato l’istanza si sono rivolti ad un investigatore privato che ha rintracciato la madre biologica. Uno dei due fratelli la ha incontrata ma la donna viveva in una condizione di grave disagio psichico, aveva avuto altri figli e non ricordava nemmeno quella gravidanza. Per quest’uomo è stato un rifiuto nel rifiuto. Ma non solo. La donna, che si prostituiva, ha iniziato a ricattarlo economicamente. Purtroppo, spesso le origini sono molto diverse dall’idea romantica che si ci aspetta. Le fragilità che ci sono alla base di queste storie possono destabilizzare il futuro di chi è stato abbandonato. Serve una legge, oltre alle singole commissioni, che disciplini in modo chiaro e uniforme questi percorsi eventuali di ricerca delle origini e segua entrambe le parti per analizzare le opzioni percorribili.

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